martedì 7 agosto 2012

Il nuovo ambientalismo: dove gli uomini devono agire 'come dei' per salvare il pianeta

Per i neoverdi, scienza e business provvederanno mentre la natura è in grado di adattarsi. Si tratta di un messsaggio che sta guadagnando seguaci

di Paul Kingsnorth
The Guardian

Sellafield-nuclear-reproc-008

Centrale nucleare di Sellafield in Cumbria. Alcuni neoverdi promuovono l'energia nucleare, così come sostengono le colture GM e le megalopoli.
Fotografia: David Moir / Reuters

Una società che considera il progresso come la sua religione non vede di buon occhio la disperazione. Se ci si aspetta che voi crediate che tutto migliorerà, può essere difficile ammettere di credere altrimenti. Questo è doppiamente vero per gli attivisti politici. Se avete dedicato la vostra vita a lottare per una causa, probabilmente vi sentite in dovere di continuare a sostenerla, almeno in pubblico, ma comincerete a considerarla senza speranza.

La speranza sicuramente scarseggia nei circoli ambientali odierni. Con il fallimento di un altro summit globale per "proteggere il pianeta" - questa volta al Vertice sulla Terra Rio +20 - sembra sia stato raggiunto un punto di svolta. L'attivismo verde ha ottenuto molto in cinque decenni, ma non è stato in grado di evitare che la macchina industriale globale continuasse a distruggere la natura selvaggia sostituendola con la cultura umana. Non vi è alcuna prospettiva di cambiamento nel prossimo futuro, e stiamo raggiungendo il punto in cui molti insigni verdi , dopo aver negato questa realtà per così tanto tempo, cominciano ad ammetterlo in pubblico.

Che succederà ora? Una risposta incredibilmente alla moda viene offerta da una coalizione, che potremmo chiamare "neo-ambientalisti". La somiglianza tra questo gruppo e i neoliberisti degli anni '70 è intrigante. Come i neoliberisti, i neo-ambientalisti stanno cercando di sfondare le linee di una vecchia ortodossia, che è visibilmente esausta e confusa. Come i neoliberisti, parlano il linguaggio del denaro e del potere. Come i neoliberisti, si raggruppano intorno a qualche importante Think tank: prima, l'Institute of Economic Affairs, il Cato Institute e l'Adam Smith Institute, ora, il Breakthrough Institute, la Long Now Foundation e il Copenhagen Consensus. Come i neoliberisti, pensano di avere soluzioni radicali.

Il neo-ambientalismo è una sfida  progressista, accomodante con le imprese, postmoderna, al dilemma ambientale. Respinge il pensiero verde tradizionale, con la sua enfasi sui limiti e la trasformazione dei valori sociali, come ingenuo. Le nuove tecnologie, il capitalismo globale e lo sviluppo in stile occidentale non sono il problema ma la soluzione. Il futuro consiste nell'abbracciare con entusiasmo le biotecnologie, la biologia sintetica, l'energia nucleare, le nanotecnologie, la geo-ingegneria e qualsiasi altra cosa nuova e complessa che infastidisce Greenpeace.

Secondo i neoverdi, la crescita non ha limiti. Noi siamo, secondo le parole del loro leader spirituale, Stewart Brand, "come dèi", e dobbiamo accettare la nostra responsabilità di gestire razionalmente il pianeta attraverso le potenti tecnologie consigliate dalla scienza. La natura selvaggia non esiste, la "natura" è un costrutto umano, e tutto ciò che conta può essere misurato dalla scienza e dal prezzo dei mercati. Solo i "romantici" pensano diversamente.

Il neo-ambientalismo sta cominciando a fare proseliti in certi ambienti. Brand tiene conferenze in tutto il mondo sostenendo le megalopoli e le colture geneticamente modificate; lo scrittore britannico Mark Lynas frequenta trasmissioni televisive per promuovere l'energia nucleare e attaccare i suoi ex amici verdi come "Luddisti", lo scrittore statunitense Emma Marris sostiene nel suo libro Rambunctious Garden che non c'è nessuna vera e propria natura selvaggia da proteggere; lo scienziato Peter Kareiva, che lavora per il gruppo ambientalista più grande del mondo, il Nature Conservancy, sostiene che la conservazione dovrebbe mirare a proteggere la natura selvaggia, non per se stessa, ma se e perché avvantaggia gli esseri umani. La Terra, dicono i neoverdi, appartiene ora all'homo sapiens. Il valore della natura si misura da ciò che possiamo farne.

Questo puo' scioccare i verdi della vecchia guardia - questo è il punto - ma non è un messaggio nuovo. E' semplicemente l'ultima variante del vecchio tecno-ottimismo di Wells che ci ha promesso il paradiso per oltre un secolo. I neo-ambientalisti al momento sono in aumento non perché le loro idee sono nuove, ma perché offrono una visione del mondo accomodante con le imprese che, a differenza del noioso vecchio messaggio verde, è progettato per far sentire la gente a proprio agio con i loro viaggi aerei e i loro iPads. Scienza e imprese provvederanno.  La natura si adatterà. L'ottimismo è di nuovo consentito. A dire il vero, è quasi obbligatorio.

Ma forse il movimento verde se l'è cercata. Da qualche tempo, l'ambientalismo tradizionale ha dimostrato un'ossessione a senso unico per il cambiamento climatico e le soluzioni tecnologiche ad esso, a scapito di altre preoccupazioni. Il suo linguaggio e la sua attenzione sono diventati sempre più tecnocratici e scientisti. Direi che la maggior parte delle persone ha un amore per la natura in qualche modo, ma pochi amano discutere se l'energia nucleare sia meglio del gas. Qualunque campagna per proteggere la natura selvaggia evitando di riconoscere il nostro rapporto intuitivo, emozionale con essa sarà esposta al tipo di spietato assalto ideologico che sta ricevendo dai neoverdi.

Una campagna globale per un  "ambiente" astratto non sembra funzionare. Quello che funziona è impegnarsi con una natura a misura d'uomo. Forse la migliore risposta a coloro che credono che il mondo sia un foglio di lavoro gigante è un impegno con il suo disordine, la complessità di tutti i giorni. Una sorta di ambientalismo vernacolare; non un impegno con "l'ambiente", ma con gli ambienti come li viviamo nella realtà vissuta. Forse è il momento di tornare alle origini.

Così potremmo imparare ciò che cresce spontaneamente nel nostro territorio e se possiamo mangiarlo . Potremmo costruire una banca di abilità pratiche, dall'orticoltura alla gestione del territorio. Potremmo uscire la sera e piantare semi in aiuole vuote vicino a dove viviamo. Si potrebbe lavorare a progetti di ingegneria su piccola scala, dalle tecnologie di depurazione delle acque ai micro-pannelli solari. Potremmo lavorare per salvare le api o le farfalle o le marcite o i boschi o i campi da gioco che conosciamo e con i quali siamo in relazione. Noi possiamo camminare sulle colline, o sulla riva del canale, o sul suolo locale improduttivo, per conoscere il nostro posto e come funziona.

Sento già la controreplica: "Nulla di tutto questo salverà il mondo!" E' vero. Ma abbiamo avuto quattro decenni di tentativi per "salvare il mondo", e abbiamo fallito completamente. Questo sarebbe un buon momento per fare un passo indietro, per sporcarsi le mani e bagnarsi i piedi, sentire l'odore della pioggia quando arriva e avere un'idea di dove siamo su questa Terra e quello che, alla radice di tutto, possiamo ancora utilmente fare.

"Tutte le grandi civiltà", scrisse il poeta irlandese Patrick Kavanagh, "sono costruite sul campanilismo." Se l'alternativa sta cercando di agire come Dio, allora io sto con i poeti.

Fonte: The Guardian 1 Agosto 2012
Traduzione: Anna Moffa per ilupidieinstein.blogspot.it

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e quindi non saranno visibili immediatamente