sabato 30 marzo 2013

Onu. Trattato sulle armi e uso politico dei “diritti umani”

armi
Iran, Siria e Corea del Nord hanno bloccato il nuovo documento, che consente ai Paesi esportatori eccessiva discrezionalità

di Ferdinando Calda
Rinascita

Finalmente sembra essere giunta in dirittura d’arrivo la travagliata approvazione all’Onu di un trattato internazionale per regolamentare il commercio delle armi. Tuttavia, dopo oltre sette anni di discussioni, il testo appare confezionato su misura per non intaccare gli interessi economici dei grandi esportatori (primi fra tutti gli Stati Uniti, ma anche Russia e Cina) e, soprattutto, per favorire alcune politiche internazionali di Washington. Anche per questo motivo giovedì sera – al termine di dieci giorni di negoziati all’Assemblea generale delle Nazioni Unite – Iran, Siria e Nord Corea hanno espresso il loro parere contrario alla bozza del Trattato sul commercio delle armi, bloccando così il raggiungimento di un accordo unanime e l’approvazione “per consenso”. Una coalizione di Paesi ha già annunciato che la prossima settimana porterà il testo davanti all’Assemblea generale – nonostante la delegazione di Mosca abbia già detto di non voler sostenere un trattato che non tiene conto della voce della minoranza – dove dovrebbe ottenere la maggioranza dei due terzi dei 193 membri per la sua approvazione.

Il trattato definisce per la prima volta gli standard internazionali per la compravendita di armi, vincolandoli al rispetto dei diritti umani da parte degli Stati importatori. In particolare – oltre a vietare la vendita in caso di violazione di un embargo, atti di genocidio, crimini contro l’umanità – il testo prevede che, per approvare o meno l’esportazione, siano i Paesi esportatori a valutare di volta in volta se le armi vendute potrebbero essere usate per violare i diritti umani o utilizzate da terroristi o membri della criminalità organizzata.

Un’ampia discrezionalità che, insieme alle molte lacune sulla tipologia di armamenti compresi nel Trattato, è stata criticata sia dalle associazioni per il controllo delle armi sia dagli iraniani. Da Teheran, infatti, hanno più volte denunciato la strumentalizzazione per fini politici dei diritti umani da parte di Usa e alleati.

Parlamento Europeo 8-9 Aprile -Conferenza: Oltre le teorie di modificazione climatica- la società civile contro la geoingegneria

No Geoingegneria
PRESS RELEASE, 30 MARZO, 2013

atYourService

Il Parlamento Europeo ospiterà nei giorni 8 e 9 Aprile una conferenza intitolata:
“Oltre le teorie di modificazione climatica- la società civile contro la geoingegneria”

(Rue Wiertz , 60 Altiero Spinelli, ASP 1G3 dalle 9 alle 10,30. A seguire si terrà una conferenza stampa aperta ai corrispondenti accreditati. La sera prima, alle 18:30 vi sarà, nella stessa aula, la proiezione del documentario “Why in the World they are Spraying” del regista Michael Murphy. )

La conferenza è promossa da organizzazioni internazionali della società civile, raccolte attorno a “Skyguards”, in collaborazione con Alternativa-Laboratorio politico, e patrocinata dai gruppi parlamentari The Greens/European free Alliance e Alliance of Liberals and Democrats for Europe.

Il punto di partenza è riprendere il lavoro che fu impostato nel 1998 e che condusse all’approvazione – da parte della Commissione Affari Esteri, Sicurezza e Politiche di Difesa del Parlamento Europeo – il 14 Gennaio 1999, di una risoluzione in materia di ambiente e sicurezza a firma della relatrice Maj Britt Theorin.

Quella risoluzione è rimasta lettera morta sebbene già allora essa avesse richiesto di sottoporre a accurata verifica gli esperimenti militari in corso nell’atmosfera; sebbene avesse posto il problema della tutale della salute delle popolazioni e dell’ambiente; sebbene avesse evidenziato la necessità di dare ai cittadini gli strumenti essenziali per conoscere scopi, dimensioni e significato degli esperimenti che si compivano sulle loro teste.

Da allora nessuna trasparenza è stata adottata. Ciò sebbene sia ormai evidente che l’atmosfera terrestre è divenuta sede di esperimenti che attentano alla salute pubblica con irrorazioni clandestine di aerosol di cui non si conoscono né composizione, né scopi; sebbene ricerche militari sempre più sofisticate si effettuino senza tenere nel minimo conto i più elementari principi di precauzione; sebbene nuovi sistemi di armamenti siano ormai centrati sull’uso militare della ionosfera e degli strati più alti della atmosfera (vedi il famigerato progetto HAARP).

martedì 26 marzo 2013

Dijsselbloem, il tecnocrate "troppo intelligente"

di  Claudio Conti
Contropiano

Dijsselbloem

Le borse ieri sono crollate dopo aver aperto trionfanti, sull'onda del “salvataggio” di Cipro. Ovvero delle sue banche, seppur svuotate dei conti correnti più ricchi (quasi sempre intitolati a russi evasori fiscali) e smembrate (con ondate di licenziamenti in arrivo).

Poi improvvisamente il vento è girato e hanno cominciato a scendere precipitosamente, a velocità direttamente proporzionale allo stato di salute delle ecconomie e dei conti pubblici nazionali.

Come mai?

Gran parte del merito – quasi tutto – va al nuovo presidente dell'Eurogruppo, Jeroem Dijsselbloem, giovane, rampante, strafottente, fotogenico, pieno di sè quanto (probabilmente) di specchi nella sua casa. Il giovane, nell'illustrare i risultati e le misure del “salvataggio” delle banche cipriote, ci ha tenuto a spiegare che questa ristrutturazione dolorosa rappresenta “un modello per risolvere i problemi delle banche di altri paesi europei”. Non pago – o non consapevole - del panico che stava scatenando, ha proseguito la sua dotta dissertazione buttando lì anche la metodologia seguita. «Quello che abbiamo fatto la scorsa notte è buttare indietro il rischio. Se ci sono rischi in una banca la nostra prima questione é: ok, cosa farete voi della banca per risolvere questo? Cosa potete fare per ricapitalizzarvi da soli? Se la banca non può farlo, allora parleremo con gli azionisti e gli obbligazionisti e chiederemo loro di contribuire a ricapitalizzare la banca e, se necessario, ci rivolgeremo ai titolari di depositi non assicurati».

Difficile definire “parlare” una comunicazione da Bruxelles che dice “i vostri soldi da questo momento sono nostri”; ma non stiamo qui a discutere di semantica.

Il problema vero è “il modello per le banche europee in difficoltà”. Se questa procedura, invece di essere un improbabile “caso unico”, diventa la “cura normale” in caso di crisi bancaria, allora non c'è più alcuna banca europea dove i soldi possono stare al sicuro. O meglio: le banche dei paesi Piigs sono sicuramente a rischio immediato, quelle dei paesi forti sono per il momento più sicure (a lungo andare si vedrà).

sabato 23 marzo 2013

Una cassaforte e un fucile, oppure una banca pubblica? La battaglia di Cipro

Voci dall'estero

Ellen Brown su Seeking alpha punta all'aspetto più cruciale della battaglia di Cipro: il tentativo di far passare i depositanti come dei creditori che devono sostenere le perdite, mentre i veri creditori la fanno franca.

cassaforte

"Se questi problemi diventano davvero gravi ... i piccoli risparmiatori porteranno via i loro soldi dalle banche e si procureranno una cassaforte e un fucile" - Martin Hutchinson a proposito del tentativo di incursione sui depositi bancari a Cipro della UE.

La confisca dei depositi è in preparazione da tempo. I depositanti degli Stati Uniti potrebbero essere i prossimi ...

Martedì scorso, 19 marzo, il Parlamento di Cipro ha respinto all'unanimità la proposta di un prelievo sui depositi bancari posta come condizione per un piano di salvataggio europeo. Reuters l'ha definita "una scioccante battuta d'arresto per il gruppo dei 17 paesi della moneta unica", ma potrebbe essere una splendida vittoria per la democrazia. Come ha detto Reuters, citando un pensionato di 65 anni, "La voce del popolo è stata ascoltata."

L'Unione europea ha avvertito che non avrebbe versato i €10 miliardi di prestiti del salvataggio, e la Banca Centrale Europea (BCE) ha minacciato di porre fine all'emergency lending assistance per le banche cipriote in difficoltà, a meno che i depositanti - compresi i piccoli risparmiatori – non condividano il costo del salvataggio.

La mossa del Parlamento Cipriota è audace, ma la battaglia non è ancora finita. Ora l'UE ha dato tempo a Cipro fino a lunedi per trovare i miliardi di euro necessari per aggiudicarsi un piano di salvataggio internazionale - o affrontare il minacciato collasso del suo sistema finanziario e la probabile uscita dalla zona dell'euro.

Lo schema di confisca pianificato da tempo

L'accordo sostenuto dalla "troika" - UE, BCE e FMI – è stato presentato come un evento unico, concepito come una misura di emergenza apposita per  questo caso estremo. Ma il piano di confisca è in gestazione da molto tempo, e non si limita a Cipro.

In un articolo del settembre 2011 pubblicato nel Bollettino della Reserve Bank della Nuova Zelanda dal titolo A Primer on Open Bank Resolution”, Kevin Hoskin e Ian Woolford hanno discusso di un piano molto simile di haircut, che, hanno detto, era nelle ipotesi già dalla crisi finanziaria asiatica del 1997. L'articolo fa riferimento alle raccomandazioni formulate nel 2010 e 2011 dal Comitato di Basilea della Banca dei Regolamenti Internazionali, la banca centrale delle "banche centrali" con sede in Svizzera.

L'obiettivo del piano, chiamato Open Bank Resolution (OBR) è quello di affrontare i fallimenti bancari quando sono così costosi che i governi non sono più disponibili a tirare fuori dai guai gli istituti finanziari. Gli autori hanno scritto che gli obiettivi primari dell'OBR sono i seguenti:

garantire che, per quanto possibile, le eventuali perdite siano in definitiva sostenute dagli azionisti della banca e dai suoi creditori ...

venerdì 22 marzo 2013

Orlov a Cipro: Putin può invertire 300 anni di errori russi nel Mediterraneo

Bollettino Aurora
John Helmer, Mosca 20 marzo 2013

Cyprus bank

Gli Stati Uniti, la Germania, la Turchia e gli alleati della NATO pensano di avere quasi tutte le munizioni necessarie per produrre un cambio di regime in Siria, come avevano fatto in Libia. Ma  non sembrano avere i 5miliardi di euro richiesti per compiere il trucco a Cipro, dopo che il regime  è stato modificato dai ciprioti stessi, che avevano votato il partito al potere un mese fa. La mossa per raccogliere questo denaro dai depositanti russi e dalle altre banche di Cipro, appariva una scommessa sicura a Bruxelles, perché i russi apparentemente più influenti, come il Primo Viceprimo Ministro Igor Shuvalov e il ministro delle Finanze Anton Siluanov, avevano segnalato la loro volontà di andare avanti. Ma Shuvalov e Siluanov sono impiegati, non contano politicamente. Il russo che conta oggi, si vede presentare dall’alleanza occidentale la possibilità di effettuare un potente cambiamento strategico nel Mediterraneo, a un costo minimo e con poco rischio. E’ una lezione sul maggiore valore del denaro sulle armi, nella grande strategia. E’ anche un cambiamento che le potenze occidentali e l’impero ottomano hanno contrastato per tre secoli. Ci sono riusciti con l’imperatrice Caterina II e la flotta del conte Aleksej Orlov nel 1770, che vinse la battaglia di Chesme*, tradendo poi la rivolta di Daskalogiannis (Ioannis Vlachos) contro i Turchi a Creta e, in ultima analisi, perdendo la guerra nel Mediterraneo. Gli alleati ci riuscirono con Stalin tra il 1945 e il 1949 perché le sue priorità erano più a nord. Nel 1974 la NATO incoraggiò e sostenne l’occupazione turca della parte settentrionale di Cipro, perché il Politburo di Leonid Breznev [1] non era in grado di risolvere le proprie differenze interne, per paura di offendere la Turchia, compiendo errori di valutazione d’intelligence uno dopo l’altro.

Il modo in cui viene raccontata questa vicenda della storia greca, gli elleni la ricordano, e ricordano abbastanza spesso, che nei momenti più atroci, le promesse di aiuto russo contro gli infedeli non si materializzarono. C’è anche una parola russa per questo tradimento greco. L’incapacità di arrivare in tempo a Creta per evitare le sanguinose rappresaglie turche del 1770, è conosciuto in greco con il nome di Orlov. Vediamo quanto di meglio Putin potrebbe fare: i neo-ottomani gli hanno presentato l’opportunità di contrattaccare e vincere. Ma quali sono i concreti interessi russi ora in gioco, e sono grandi abbastanza per puntare su una grande strategia che sparigli il quadro?

I media russi sono stati insolitamente lenti nel valutare le notizie da Cipro, e il Cremlino è stato insolitamente silenzioso. Quest’ultimo aspetto spiega il primo [2]. Il primo ministro Dmitrij Medvedev non ha permesso di far passare respiro sul tema, fino da quando Putin ha espresso [3] la sua condanna, l’unico capo di governo o di Stato a farlo in tutto il mondo. Dopo l’incontro con il Consiglio della Vnesheconombank (VEB) Medvedev ha detto: “Sembra che si confisca il denaro altrui. Non so a chi sia venuta questa idea, ma si tratta di questo, come sembra. Purtroppo, conoscevamo questa pratica durante l’epoca sovietica, quando il denaro veniva scambiato con un coefficiente e non totalmente restituito alle persone. Ma Cipro è un Paese con un’economia di mercato e si suppone che sia membro dell’Unione europea. Naturalmente, dovremo trarre alcune conclusioni da ciò, perché abbiamo le nostre relazioni con Cipro e continueremo le consultazioni.  Ma dovremo apportare alcune modifiche alla nostra posizione, anche nella consapevolezza che, in generale, sarebbe meglio tenere i soldi nelle banche russe.

mercoledì 20 marzo 2013

Cipro boccia il prelievo sui depositi e chiede aiuti alla Russia

Il Parlamento rifiuta il piano di aiuti Ue e chiede a Mosca di intervenire, pena il default. Gli interessi in gioco sono molto più grandi di quello che si pensa

Investire Oggi

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Salvataggio di Cipro con ricatto? No grazie. Senza andare tanto per il sottile, il Parlamento cipriota ha bocciato la proposta vessatoria di Berlino sul prelievo forzoso dei conti correnti bancari elaborato dai ministri delle finanze dell’eurogruppo e dai tecnici del Fmi in cambio di aiuti per oltre 10 miliardi di euro. Uno schiaffo al rigore tedesco, alla politica del bastone e la carota della Merkel o un gioco di tattica e strategia politica per costringere la Russia a pagare dazio per aver sfruttato un paradiso fiscale all’interno della Ue? (Cipro verso un prelievo forzoso più leggero, la paura resta).

Già, perché il prelievo forzoso andrebbe a colpire soprattutto i depositi degli oligarchi russi (e non solo) che da sempre depositano capitali di dubbia provenienza nelle banche di Cipro (Cipro il falso problema, Europa e diritti cancellati le verità dei fatti).

Interessi russi a Cipro: una zona offshore nel cuore del Mediterraneo

Ma se questo è lo stato dell’arte, la situazione finanziaria dell’isola è sull’orlo del baratro con le banche che hanno bisogno di essere ricapitalizzate e il Tesoro che rischia la bancarotta con un debito/pil al 145%. In ballo c’è soprattutto un titolo di stato da 1,5 miliardi di euro, in mano soprattutto a banche tedesche e francesi, che dovrà essere rimborsato il 3 giugno e non può essere ristrutturato come avvenuto per la Grecia (essendo stato emesso sotto la legislazione inglese) e per il quale il Tesoro cipriota non ha soldi sufficienti da metter sul piatto. Bruxelles vorrebbe che a rifinanziare il debito fosse anche la Russia che dovrebbe intervenire per salvaguardare i depositi dei propri concittadini sottratti dalle casse di Mosca. Ma la Russia, d’altro canto, ritiene di non dover contribuire poiché anche le banche europee hanno tratto enormi vantaggi dalla posizione offshore di Cipro. Insomma, un braccio di ferro fra Berlino e Mosca che rischia di acuirsi se presto non si troverà una soluzione per Cipro che, a questo punto, potrebbe anche dire addio all’euro. Sacrificio che, sul piano economico, costerebbe all’Europa lo 0,2% del Pil, ma sul piano geopolitico e strategico avrebbe risvolti ben più pesanti.

lunedì 18 marzo 2013

Dopo che i bankster avranno rubato soldi dai conti bancari a Cipro inizieranno a farlo OVUNQUE

“I bankster hanno inviato un messaggio molto chiaro. Alla resa dei conti, verranno a cercare i VOSTRI soldi.”

di Michael Snyder
The Economic Collapse

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Cipro è un beta test. I banchieri stanno cercando di commettere una rapina in banca in pieno giorno, e sono ansiosi di vedere se il resto del mondo permetterà loro di farla franca. Cipro è stato probabilmente scelto perché è molto piccolo (quindi nessuno se ne cura troppo) e perché c'è un sacco di denaro straniero  (ad esempio russo) parcheggiato lì. Il FMI e l'UE avrebbero potuto salvare facilmente Cipro senza alcun problema di sorta, ma hanno deciso volutamente di non farlo. Invece, hanno deciso che questo sarebbe stato un grande momento di testare l'idea di un'"imposta sul patrimonio". Al governo di Cipro sono state date due opzioni da parte del Fondo monetario internazionale e dell'Unione europea - avrebbe potuto confiscare denaro dai conti bancari privati ​​o  lasciare la zona euro. Ovviamente questo è stato presentato come una proposta "prendere o lasciare", e molti usano la parola "ricatto"  per descrivere quanto è successo.

Purtroppo, questa decisione creerà un precedente molto inquietante per il futuro e che avrà effetti a catena che vanno ben oltre Cipro. Dopo che i bankster avranno rubato denaro dai conti bancari a Cipro inizieranno a farlo ovunque. Se questa "rapina in banca" riuscirà, sarà solo una questione di tempo prima che i correntisti di nazioni come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo siano invitati ad applicare anch'essi dei "tagli". E cosa succederà un giorno, quando il sistema finanziario degli Stati Uniti crollerà? I conti bancari negli Stati Uniti saranno colpiti con una tassa "una tantum" sulla ricchezza? E' molto spaventoso pensare a questo.

Cipro è un paese molto piccolo, quindi non è la quantità di denaro in gioco ad essere un grande affare. Piuttosto, il motivo per cui tutto questo è così preoccupante è che questa "imposta patrimoniale" sconvolge la fiducia nel sistema bancario europeo. Mai prima d'ora i bankster erano andati a cercare direttamente i conti bancari.

Se tutto andrà secondo i piani, ogni conto bancario a Cipro sarà colpito con una "tassa una tantum" questa settimana. I conti con meno di 100.000 euro saranno colpiti con una tassa del 6,75%, e i conti con più di 100.000 euro saranno colpiti con una tassa del 9,9%.

Come vi sentireste se qualcosa del genere succedesse nel paese in cui vivete?

Come vi sentireste se i bankster improvvisamente vi chiedessero di consegnare il 10 per cento di tutti i soldi che avete in banca?

E perché qualcuno dovrebbe voler mettere ancora soldi in banca in nazioni come la Grecia, l'Italia, la Spagna o il Portogallo, dopo tutto questo?

Il tradimento, destino degli italiani

di Ida Magli
ItalianiLiberi

italia tradita

Tragico destino degli Italiani essere sempre traditi da coloro che dovrebbero difenderli! Tragico destino degli Italiani essere sempre traditi da coloro in cui avevano riposto l’ingenua fiducia di essere finalmente salvati da questo stesso terribile destino! Sono trascorsi soltanto pochi giorni da quando avevamo esultato per l’arrivo in Parlamento dei giovani, ingenui, entusiasti seguaci del movimento a Cinque Stelle ed ecco che alla prima votazione anch’essi ci hanno tradito.

  È uno degli innumerevoli giorni fatali della nostra storia, il Sabato 16 marzo 2013, che segniamo con amaro dolore nel diario di questi interminabili anni di crisi, da quando siamo sballottati fra il potere illegittimo dei banchieri e l’altrettanto illegittimo e vigliacco consenso dei parlamentari. Il tradimento è stato ratificato in un attimo. In Senato si vota per la Presidenza il candidato del Partito Democratico, un magistrato, consueto e più che mai grave stravolgimento di quella che in Italia non riesce in nessun modo ad essere una democrazia. La sua vittoria è dovuta esclusivamente all’apporto dei voti di una parte dei Grillini. Si è spenta così, con un colpo solo, qualsiasi speranza di un cambiamento nella storia politica dell’Italia, l’unico cambiamento che ci eravamo ingenuamente illusi di riuscire ad ottenere tramite le nuove, giovani forze del movimento di Grillo. L’illusione è durata soltanto due giorni. Mai è stata più breve, nella pur millenaria storia di illusioni e di tradimenti che perseguita gli Italiani.

domenica 17 marzo 2013

L’UE a Cipro: come ti metto le mani in tasca con la scusa del “debito”

vampiri

di Enrico Galoppini
European Phoenix

Chissà come sono contenti quest’oggi i ciprioti: hanno scoperto che per sanare il “debito pubblico”, il debito creato dall’adozione della moneta-debito euro, dovranno sopportare un prelievo forzoso sui loro depositi bancari.

Per quelli che hanno fino a 100.000 euro, la gabella sarà del 6,75%, mentre per i ‘paperoni’ che posseggono cifre superiori, corrisponderà al 9,9%.

Facciamo un attimo due conti: se uno ha in banca 20.000 euro, dovrà donare, per la “salvezza delle banche e della patria”, la non indifferente cifra di 1.350 euro. Se ne ha 10.000, l’obolo versato nelle fauci dell’euro-dittatura sarà di 675 eurini sonanti, con 377,5 tintinnanti monetine da un euro che saluteranno un già misero deposito di 5.000.

Poco esaltante la situazione anche per uno con 120.000 euro in banca (bisogna fare lo sforzo di mettersi nei panni degli altri): dovrà sacrificare 8.100 euro (!) sull’altare del ‘dio moneta unica’, dove alcuni però si guardano bene dall’ “unirsi” appassionatamente, come la Gran Bretagna, che la sterlina se la tiene ben stretta mettendo comunque bocca alla grande nella gestione dell’euro.

Da tutto questo effluvio di danari dalle tasche dei ciprioti, dovrà uscire una cifra di 5,8 miliardi di euro, come hanno stabilito i “collaborazionisti” ministri delle Finanze dell’“eurozona”, andati a prendere ordini dalle centrali dell’usurocrazia di Bruxelles. Condizione, questa, per essere beneficiati della ‘manna’ da 10 miliardi di euro, gravata – ça va sans dire – da interessi, il che causerà un immediato aumento del “debito pubblico”, che è quello che vogliono appunto i padroni dei camerieri. Ecco che cosa sono i famosi “aiuti”, regolarmente preceduti da squilli di tromba dei soliti “media”.

La scodella di lenticchie a Cipro che non abbiamo voluto pagare. La pagheremo, cara

Gustavo Piga
Professor of Economics

cyprus

Facciamola breve.

Per ottenere 6 miliardi di euro dai depositanti ciprioti, tassa altamente regressiva (perché i cittadini più ricchi non detengono che una quota molto bassa della loro ricchezza in depositi bancari e perché tipicamente i più ricchi queste cose le vengono a sapere prima, in tempo per scappare) e altamente ingiusta (perché basata su contingenze del quotidiano e non di una effettiva e certa capacità di contribuire di colui che subisce l’imposta), l’Europa è riuscita nell’incredibile performance tafazziana di contemporaneamente:

a) perdere il supporto di una larga parte della popolazione cipriota sul progetto europeo;

b) aumentare la paura dei risparmiatori mondiali sugli investimenti nell’area euro, con tutti i connessi impatti sui rendimenti richiesti sulle attività in euro e sulla (accresciuta) probabilità di un effetto contagio sui depositi delle banche degli altri Paesi euro in caso di future notizie macroeconomiche negative appunto in quel Paese.

“Siamo in un nuovo mondo, una nuova era”, dice l’economista americano al New York Times. Preistorica direi.

Un’era preistorica, dove per 6 miliardi di euro, meno dell’1 per mille del PIL dell’area dell’euro, ma che costituisce 1/3 del PIL cipriota (che, ricordiamolo, ha una economia con un PIL pari all’1% di quello italiano), abbiamo deciso di correre gli immensi due rischi di cui sopra. Ci sarebbe costato una scodella di lenticchie ad ognuno di noi, venire incontro ai ciprioti nel momento di difficoltà.

Ripetiamolo. Per un piatto di lenticchie che non abbiamo voluto mettere a disposizione dei cittadini ciprioti (manco fosse colpa loro la cattiva sorveglianza del sistema bancario locale e dei suoi eccessi, e che le autorità europee non c’entrassero per nulla) ci ritroviamo con un rischio interno ed esterno molto più grande di prima.

E’ un’Europa dove la solidarietà, anche quando c’è, non appare mai per quello che dovrebbe essere: convinta, trasparente, equa, proporzionale.

Complimenti ai nostri leader europei: siamo un passo più vicini al baratro, per non aver voluto pagare un piatto di lenticchie.

Fonte: Gustavo Piga 17 Marzo 2013

sabato 16 marzo 2013

Anche Slovenia e Bulgaria sono vittime della strategia dell'UE della "terra bruciata"…e in Bulgaria si danno fuoco

bulgaria15 marzo 2013 (MoviSol) - La lealtà nei confronti della folle politica dell'Unione Europea ha fatto cadere altri due governi. Il 20 febbraio si è dimesso il governo bulgaro del Premier Boiko Borisov a seguito di tre settimane di proteste di massa contro la sua politica di austerità, mentre una settimana dopo il Parlamento sloveno ha costretto alle dimissioni il primo ministro conservatore Janez Jansa accusato di corruzione.

Dilaga lo scontento in Slovenia, la cui appartenenza all'Eurozona è stata premiata con una crisi bancaria, una disoccupazione del 12% ed un'economia che cade nella recessione più rapidamente dell'Eurozona. Girano voci che il paese sarà presto costretto a chiedere aiuti per poter pagare 2 miliardi di Euro di debiti nei prossimi mesi. Alenka Bratusek, leader del Partito Socialista che è stata incaricata di formare un nuovo governo, ha dichiarato di essere contraria all'austerità e che "non ci sarà uno scenario greco in Slovenia". Se il suo tentativo fallirà si andrà ad elezioni anticipate.

In Bulgaria, il paese più povero dell'UE, il salario medio è di 250 Euro e la pensione media è di 130 Euro, il che fa proclamare ai funzionari UE che il paese ora è "competitivo". Le manifestazioni di piazza sono state scatenate dagli aumenti delle bollette della luce, ed hanno condotto alle dimissioni del Premier Borisov, con le nuove elezioni previste per il 12 maggio.

venerdì 15 marzo 2013

Qui è suicidio assistito di massa

europa suicidioNon sappiamo più come dirlo, non sappiamo più quali parole usare, ma lo ripeteremo fino alla noia

di Giuseppe Turrisi
Rinascita

L'euro è una truffa come lo è la comunità europea in questo stato di cose: ossia sotto la blindatura dei trattati Maastritch, Lisbona, Mes, Fiscal compact, Nato, WTO, ecc.

Non abbiamo più la sovranità di niente se non soltanto quella di decidere chi ci deve prendere per i fondelli per un altro turno (ed in parte nemmeno quella: leggasi porcellum).

Ora se uno è consapevole di essere vittima di una truffa cosa fa?

1) Aspetta perché non è ancora convinto della truffa?

2) Denuncia il truffatore e lo insegue?

3) Si lascia truffare perché in fondo si lasciano truffare tutti?

4) Fa di tutto per uscire dalla truffa e la fa conoscere agli altri?

Sono quattro ipotesi che potrebbero rappresentare uno scenario di gente normale. Già: ma cosa vuol dire normale, in un paese dove l'informazione è orribilmente manipolata?
Il popolo manipolato e stregato dalla politica asservita alla finanza internazionale non si muove. Meglio: è la maggioranza che non si muove.

Se diamo per buono il movimento di Grillo, almeno il 26% di quelli che sono andati a votare sembra si siano svegliati almeno per affermare che così, non si può più andare avanti. Non siamo convinti che siano consapevoli sulle fondamentali (multinazionali, moneta-debito, NWO) ma lo sono di certo sulla cattiva gestione dello Stato (sprechi, ruberie, nepotismo, corruzione, ecc).

In tv si susseguono le varie trasmissioni vomitevoli garanti delle “verità di regime” per continuare a drogare la popolazione.
Sull'euro (truffa) si continua a propagandare che sia la panacea di tutti i mali e guai ad uscire dall'euro! (Meno male che la lista Giannino ha fatto la fine che ha fatto e gli sta bene ad "imprese che resistono" che erano state avvertite per tempo). Se c'è una cosa che uccide le imprese è proprio questo neoliberismo (la ricetta che propagandava proprio il signor Giannino).

La democrazia sostituita dal "pilota automatico"

Draghi ai disorientati giornalisti che cercavano di condividere con lui la propria confusione: «Dovete considerare che gran parte delle misure italiane di consolidamento dei conti continueranno a procedere con il pilota automatico».

di  Dante Barontini
Contropiano

pilota automaticoMario Draghi dice quel che nessuno vuol sentire: "non contano i risultati elettorali, né in Italia né altrove; abbiamo creato un pilota automatico per imporre il consolidamento di bilancio". Chiunque vinca.

Quando la verità è agghiacciante, c'è sempre un tecnico che ha l'obbligo di dirla. Un po' come la “lettera scomparsa”, che sta davanti agli occhi di tutti. La questione del vero “programma di governo” che da Palazzo Chigi o altrove sarà calato su questo paese è stata “rivelata” ancora una volta da Mario Draghi, presidente della Bce, quella banca centrale politicamente irresponsabile (in senso tecnico, perché non ha nessun governo o parlamento continentali in grado di “condizionarla”) che ordina “riforme strutturali” ai singoli governi nazionali dimentica di avere – unica al mondo – uno statuto illogico che la obbliga a tener conto solo del tasso d'inflazione. La quale, perciò, non possiede strumenti ordinari di intervento sui mercati oltre il banale e ormai spuntato gioco sui tassi di interesse. E che, inoltre, quando ha reso iniziative “non convenzionali” (ovvero non previste dallo statuto) è stata duramente bacchettata dalla vera banca centrale europea: Bundesbank.

La lunga premessa serve solo a ricordare l'assetto squilibrato del pulpito da cui Mario Draghi ha parlato negli ultimi giorni per mostrare la “grande tranquillità” sua e dei mercati (spesso anche lui sembra confondere i due ambiti) davanti ai risultati imprevisti delle elezioni italiane.

In sintesi: «questa è la democrazia», specie in un sistema monetario con 17 paesi (18 da luglio, entra la Croazia) all'interno dei quali si vota più volte nell'arco di quattro o cinque anni. Ma la democrazia, per l'appunto, è quel regime politico in cui le elezioni determinano cambiamenti nelle figure di governo, mutamenti orientati da valori anche ideali o ideologici, e quindi mutamenti anche notevoli nell'ordine delle priorità. Potenzialmente un caos, insomma, tra popoli differenti, sistemi industriali disomogenei, culture e sistemi legislativi e fiscali anche molto diversi.

Come fa, dunque, Draghi a rimanere calmo e a presentare “i mercati” sulla sua stessa lunghezza d'onda?

Il costo umano dell’Unione Europea

Quando ci avranno tolto fino all'ultimo centesimo di euro, quando tutti i capitali altissimi, alti e medio-alti saranno stati messi in sicurezza all'estero, tutte le aziende piccole e medie avranno chiuso e tutti gli imprenditori che potranno permetterselo avranno dislocato all'estero le loro aziende, per produrre a bassissimo costo. Quando non ci saranno più neanche i pensionati ma solo poveri che non avranno più risorse per vivere. Quando i cittadini di tutti i paesi si saranno impoveriti al punto da non poter comprare più neanche uno spillo, a chi saranno vendute queste merci prodotte a basso costo, sulla pelle di milioni di persone?
A chi succhieranno il sangue i parassiti che sono dietro al grande pasticcio europeo?
(I lupi di Einstein)

L'Unione europea vuole più Austerità
di Peter Schwarz
World Socialist Web Site
Global Research

EUcentralbank1Il vertice di stasera a Bruxelles al quale hanno partecipato i 27 leader dell'Unione europea assomiglia a una fortezza assediata. Molti dei partecipanti stanno per lasciare l'incarico perché l'opposizione di massa alle misure di austerità dell'Unione europea ha ridotto la loro base elettorale.

L'Italia sarà rappresentata da Mario Monti, che ha ufficialmente rassegnato le dimissioni a dicembre e ha subito una grave sconfitta nelle recenti elezioni italiane. I primi ministri di Romania, Bulgaria e Slovenia sono stati espulsi dal proprio incarico dalle proteste di massa, come nel caso di Monti stanno guidando solo governi di transizione.

I governi di Portogallo, Spagna e Grecia stanno affrontando proteste di massa e scioperi quasi ogni giorno. Inoltre, il governo spagnolo di Mariano Rajoy è stato danneggiato da uno scandalo di corruzione. La popolarità del presidente francese François Hollande è scesa, da quando è stato eletto a maggio, dal 55 al 30 per cento, un record storico.

In queste condizioni, la Commissione europea, in stretta collaborazione con il governo tedesco, sta cercando di impegnare i leader riuniti a proseguire con le loro devastanti politiche di austerità. In caso contrario, temono il collasso della moneta unica e della stessa Unione Europea.

In una lettera ai partecipanti del vertice, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha scritto che il lavoro fatto finora per ripristinare la stabilità dell'economia europea non è stato sufficiente. "Pertanto, nel 2013 dobbiamo continuare a realizzare le riforme strutturali che permetteranno di rafforzare la competitività europea e di rafforzare ulteriormente la fiducia nell'economia europea. Si  può e si deve fare di più."

mercoledì 13 marzo 2013

I tedeschi non amano più l’euro

merkel-euro
Un articolo della Faz riflette il malumore di cittadini e imprese contro i Paesi “cicale” dell’area Sud e la nostalgia per il marco

di Filippo Ghira
Rinascita

La Germania si trova già immersa nella campagna elettorale che vedrà in autunno il rinnovo completo del Bundestag. E con l’occhio rivolto alle urne e il cuore attento al portafoglio, con la crisi economica in corso e la difficoltà di tirare avanti che penalizza anche una buona parte dei cittadini, politici e giornali si sono messi virtualmente a sparare contro quelli che vengono additati come coloro che succhiano il sangue dei tedeschi, gente seria e sobria, lavoratrice e risparmiatrice e che non ha grilli nella testa.

E i nemici sono i soliti. Tutti i Paesi dell’area Sud dell’Unione europea che nella loro incontinenza nelle spendere e spandere le risorse pubbliche, hanno creato un debito stratosferico che mette a rischio il sistema di moneta unica e la stessa sopravvivenza dell’Unione. E se sotto accusa restano Paesi come Spagna, Portogallo e Grecia (oltre all’Irlanda) che sono stati costretti a richiedere gli aiuti dell’Unione europea, ora sotto tiro è finito pure Cipro che a sua volta ha chiesto l’intervento dei fondi di stabilità.

L’attacco è stato lanciato dalla Faz, Frankfurter Allgemeine Zeitung, il più autorevole  quotidiano tedesco che ha accusato la Banca centrale europea di non voler pubblicare i dati sulla ricchezza dei cittadini dei singoli Stati membri per non fare emergere una verità spiacevole. E cioè, che Cipro può contare su una ricchezza media superiore a quella di Spagna, Portogallo e Grecia.

lunedì 11 marzo 2013

Nel caso abbiate bisogno di altre prove che è stupido tagliare la spesa pubblica in un'economia debole ...

Voci dall’estero

Su Business Insider  la risposta empirica al dilemma tra austerità e politiche espansive nel bel mezzo di una recessione - se per caso ce ne fosse ancora bisogno...

auaterity

Esistono due approcci di base sul modo di stabilizzare la nostra pessima economia.

Il primo approccio si chiama "austerità".

La logica di questo approccio si basa sulla teoria che la nostra economia è pessima perché il nostro governo spende più di quanto incassa e il deficit che ne risulta crea "incertezza". Una volta che questo deficit spending sarà ridotto, secondo questa teoria, l'incertezza sparirà, e la fiducia tornerà. E quindi la nostra economia sarà in grado di riprendersi sul serio.

Il secondo approccio è chiamato "stimolo".

La logica di questo approccio si basa sulla teoria che la nostra economia è pessima perché i consumatori sono disoccupati e al verde e hanno pochi soldi da spendere. Dato che i consumatori hanno pochi soldi da spendere, continua questa teoria, il governo dovrebbe assumersi il compito di spendere in deficit fino al calo della disoccupazione e fino a che i consumatori non abbiano più soldi da spendere. Questa spesa pubblica, in altre parole, manterrà attiva la circolazione del sangue finché il paziente non sarà guarito.

Cinque anni fa, gli economisti erano bloccati in una feroce discussione su quale approccio fosse il migliore". Austerità" o "Stimolo".

Per fortuna, ora la questione ha avuto una risposta.

L'approccio dello "stimolo" è il migliore.

È importante sottolineare che questo problema non ha avuto solo una risposta teorica.

E' stata una risposta empirica.

Il partito tedesco anti-euro è un brutto colpo per Angela Merkel

Investire Oggi

Dal Telegraph un'inchiesta sull'opposizione all'euro che sta crescendo anche in Germania, dove molti si rendono conto ormai che la situazione del ClubMed sta diventando intollerabile e che il conto ai tedeschi sarà presentato davvero..

merkel-europe_2500564b-300x187The Telegraph – Si diffonde in Germania la rivolta politica contro l’euro.

Un nuovo partito guidato da economisti, giuristi e Cristiano Democratici ribelli prenderà il via questa settimana, con la richiesta di uno scioglimento dell’Unione monetaria prima che faccia altri danni.

“La fine di questo euro” è la prima riga sulla pagina web di Alternative für Deutschland (AFD – Alernativa per la Germania NdR).  ”L’introduzione dell’euro si è dimostrata essere un errore fatale, che minaccia il welfare di tutti noi. I vecchi partiti sono finiti. Rifiutano ostinatamente di ammettere i propri errori“.

GERMANIA FUORI EURO – Essi propongono il ritiro della Germania dalla UEM e il ritorno al marco, o a una moneta separata con gli Olandesi, Austriaci, Finlandesi e altri paesi che la pensano come loro. I Francesi non sono tra questi. I confini corrono lungo l’antica linea di frontiera che divide i Latini dalle tribù Germaniche.

Il programma si basa sul lavoro di Hans Olaf Henkel, ex presidente della  Germany’s Industry Federation (BDI) ed eurofilo pentito – “il peggior errore della mia vita professionale,” mi ha detto.

L’appello per un’uscita tedesca è chiaro. E’ il modo meno traumatico per porre fine al disallineamento del 20-30% tra Nord e Sud, il cancro che sta divorando l’Europa. Il Club Med mantiene l’euro. Può godere di una immediata svalutazione, e sostenere i debiti contratti in euro. Lo spettro del default sovrano scompare.

domenica 10 marzo 2013

Questione di Libertà

Occorre fare fronte. Aggregare ogni limatura di uomini liberi, perché c’è un mostro da
distruggere: la cosiddetta “Unione europea”.

Fonte: Rinascita

Il presidente greco mette in guardia dall”esplosione sociale’, di chi?

Aurora Sito 9 marzo 2013
Darkernet
6 marzo 2013

greece

Il presidente greco ha rilasciato una dichiarazione (vedi sotto) secondo cui si aspetta presto una ‘esplosione sociale’. Questo si combina con la dichiarazione, pubblicata su un blog lo scorso novembre, dell’ex ambasciatore greco in Canada. Entrambi sono sinceramente preoccupati che non vi siano elementi rivoluzionari o contro-rivoluzionari all’opera, o le loro dichiarazioni sono insincere e il governo greco sta preparando un giro di vite sulla sicurezza. Maggiori informazioni di seguito…

Due settimane fa abbiamo riportato l’ex ambasciatore greco in Canada, Leonidas Chrysanthopoulos, sostenere che sei società di sicurezza private, mercenari, erano state assunte dal governo ellenico per sorvegliare la polizia e il personale a protezione del governo. Nel blog si indicava specificatamente la Blackwater (in seguito ribattezzata Xe, quindi Academi). L’articolo riceveva oltre 15.000 visitatori in 36 ore, di cui quasi 5000 solo da Facebook, così come 35 commenti da tutto lo spettro politico. E’ stato anche ri-bloggato più volte (nel complesso, si stima circa 30.000 visitatori in tre giorni).

Il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo, Academi ha rilasciato una dichiarazione (al New Statesman, che aveva anche pubblicato un articolo basato sulle indicazioni di Chrysanthopoulos) negare che fosse una delle sei società di sicurezza. Tuttavia, è interessante notare un altro articolo su come la Blackwater sia piuttosto esperta nel sfuggire alle accuse e nel coprire le proprie tracce, quindi, forse a questo punto non dobbiamo giungere ad una qualche conclusione in merito. Tuttavia, riteniamo che il governo greco abbia la responsabilità di chiarire: a) i nomi delle società di sicurezza private assunte e b) il loro ruolo preciso.

Tornando alla recente dichiarazione del presidente greco Karolos Papoulias ha detto che temeva che il saccheggio governativo dei contribuenti farà saltare in aria il Paese. “Saremo di fronte a una esplosione sociale, se aumenterà la pressione sulla società“, ha aggiunto. Questo è esattamente ciò che Chrysanthopoulos aveva detto, qualche mese prima. Abbiamo anche messo in guardia da una possibile ‘strategia della tensione’, in cui gruppi di estrema destra (come i terzaposizionisti in Italia e all’estero negli anni ’80), crearono il caos per incoraggiare la legge marziale, o almeno accresciute misure di sicurezza.

domenica 3 marzo 2013

Obiettivo Siria tra disinformazione mediatica e mistificazione: chi e perché vogliono la caduta di Assad?

“Se non si capisce che l'universalismo è la tara di fondo, che non è mai esistito né mai esisterà un «cosmopolita», cioè un «cittadino del mondo», che la «vera democrazia» esiste solo nella mente di Giove, che la democrazia è solo questa bieca democrazia reale, non si è capito nulla. La differenza non è più tra destra e sinistra, tra rossi e neri, e così via. La differenza è fra mondialisti e difensori del diritto dei popoli ad essere se stessi. Per distruggere le appartenenze al mondo reale – fatto di razze, stirpi, nazioni, popoli e Stati – tre sono le strategie dei Nemici degli uomini liberi.”

Federico Dal Cortivo per Europeanphoenix ha intervistato lo studioso Gianantonio Valli, collaboratore e redattore della rivista l’Uomo Libero.

turchiamericana

La Siria è sotto tiro da mesi oramai e dopo la liquidazione della Libia di Gheddafi, l’apparato bellico e mediatico degli Stati Uniti e dei suoi fidi alleati, ha iniziato a muoversi contro il legittimo presidente siriano Bashar al  Assad. Una guerra al momento fatta d’intelligence, gruppi ben armati di mercenari, operazioni sotto copertura, provocazioni, che hanno già causato migliaia di vittime tra la popolazione civile e tra le forze di sicurezza governative. I fatti riportati dai media embedded tutti allineati al mainstream imposto da Washington, ogni giorno ci dipingono una Siria nel caos, un presidente delegittimato, una forza di opposizione che gode del pieno consenso dei siriani e una popolazione in attesa di essere “liberata”. Ne abbiamo parlato con il dott. Giannantonio Valli che è stato di recente in visita a Damasco.

1) Dott. Valli innanzitutto una premessa, lei in una recente conferenza ha esordito parlando della totale disinformazione che c’è sull’argomento Siria. Giornali, riviste, canali televisivi tutti salvo rare e lodevoli eccezioni ci propinano ripetitivamente la solita immagine degli insorti liberatori e dei governativi oppressori, come giudica la libertà di stampa in Italia oggi e in Europa in generale?

Il paradigma storico-politico dal quale l'umanità viene conformata dal secondo conflitto mondiale o per dirla più semplicemente la cornice che inquadra la ricezione delle informazioni da parte dell'uomo comune, è stato forgiato da precise centrali di guerra psicologica. Tali centrali altro non sono che le dirette eredi della Psychological Warfare Branch angloamericana. La creazione dei più diversi immaginarii è quindi, da un lato, il risultato pressoché inconscio della conformazione dei cervelli dell'uomo democratico, dall'altro dell'incessante opera dei mezzi di comunicazione di massa. Questi ultimi rispondono, in ogni Paese dell'Occidente, per il 99 per cento ai potentati finanziari, padroni pure della quasi totalità delle forze politiche maggiori. La residua libertà, di stampa e più latamente di informazione, è dovuta a voci assolutamente coraggiose, che mettono in discussione non tanto questo e quel singolo fatto, ma le radici stesse, ideologiche e storiche, del mondo attuale. Tra queste mi piace ricordare, per la loro serietà, coerenza e irriducibilità al Sistema, il quotidiano Rinascita e la rivista l'Uomo libero, come pure i siti internetici olodogma e syrian free press network. Quest'ultimo è la maggiore e più obiettiva fonte di informazione sugli eventi siriani. Come ho detto in una recente intervista radiofonica al periodico online La voce del ribelle, tale sito, oltre ad un'infinità di notizie, smentite e rettifiche, diffonde sia filmati girati dai cosiddetti ribelli «siriani», sia filmati di provenienza governativa. Tra questi, anche i telegiornali siriani, la cui diffusione viene impedita da mesi, alla faccia del pluralismo vantato dalla cosiddetta Libera Stampa, dai canali satellitari non solo occidentali, ma in primo luogo delle petromonarchie saudita, emiratica e qatariota. Li si guardi. Ognuno giudichi poi da sé, con la propria testa, la propria sensibilità, la propria coscienza. Quanto alle mie convinzioni sugli eventi siriani, oltre che sulle citate testate, mi sono basato sull'analisi degli eventi dell'ultimo trentennio, su una quindicina di volumi, reperibili con qualche impegno per ogni volonteroso che non voglia farsi accecare dalla propaganda degli aggressori, ed infine sulle impressioni ricavate dal mio viaggio in Siria nel maggio 2012. Una settimana non permette certo di conoscere la realtà di un Paese nella sua complessità. Ma io, a differenza della quasi totalità dei giornalisti di regime, ci sono stato. A mie spese. Il mio cervello non lo paga nessuno.

2) Veniamo alla Siria, che da tempo faceva parte di quella lista di “Stati canaglia” stilata dal Dipartimento di Stato statunitense e quindi prima o poi sarebbe finita sotto il mirino di Washington, quali sono state a suo avviso le ragioni principali di quest’offensiva a tutto campo contro Damasco?

La Sua domanda mi permette di proseguire il discorso in tutta naturalezza. In effetti, come ho detto alla televisione siriana, non si può capire il problema Siria se non lo si inquadra in una più ampia visione ideologica e in una strategia economico-geopolitica. Ideologia e strategia non solo americane, ma più ampiamente mondialiste, vale a dire giudaiche. Avere bollato da decenni la Siria come «Stato canaglia» ha significato, per gli Occidentali (mi riferisco agli Stati Uniti, all'Inghilterra, alla Francia e ad Israele, eterno nemico con il quale mai Damasco ha sottoscritto un trattato di pace) tenere sotto scacco quel Paese fin dagli ultimi anni Settanta. In questa ottica, è comprensibile che la diffamazione di ogni atto del governo siriano sia stata e venga condotta col massimo della tenacia e della «buona coscienza» democratica. «Buona coscienza» che io riconosco non solo ai giornalisti della cosiddetta Libera Stampa, ma persino ai loro direttori e ai più «autorevoli» commentatori. Tra questi ultimi cito, persona tra le più velenose, l'ex ambasciatore Sergio Romano. Gran penna del Corriere della Sera, costui non perde occasione per pedissequare, con supponenza, la versione degli eventi siriani data dal foglio che lo nutre. Invero, oggi, la battaglia non la si vince tanto sul campo con le armi, quanto con la conquista dei cervelli dei sudditi democratici. Al contrario del nostro Solone, io ho potuto fare esperienza diretta, vedere coi miei occhi, toccare con le mie mani, come sia possibile manipolare le coscienze. Quella in atto è in primo luogo una guerra mediatica. Prima che sul campo, la guerra oggi si vince, ripeto, invadendo la mente degli individui. Sono quindi lieto – tristemente lieto – per avere assistito di persona alla creazione di realtà fittizie con immagini manipolate e le menzogne più sordide. In particolare, mi riferisco ai massacri compiuti nell'ultimo ventennio da Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Israele col massimo di buona coscienza e avallati dalla complicità, dalla viltà dei popoli del Libero Occidente. Prima però di trattare dell'aggressione alla Siria, mi permetta di rammentare sette altri casi di menzogna, altrettanto atroci.