Sul Telegraph ci si interroga sul perché il FMI, invece di inchiodare i leader UE alle loro responsabilità, continui a rassettare il ponte del Titanic mentre la nave affonda...
di Jeremy Warner - Sono stato a Washington questa settimana per la riunione di primavera del Fondo Monetario Internazionale. Vorrei poter dire che si è vista la luce in fondo al tunnel, ma la realtà oggettiva è che siamo ancora in una depressione profonda. Mi dispiace usare luoghi comuni, ma mi vengono alla mente due espressioni: giocherellare mentre Roma brucia, e risistemare le sedie sul ponte del Titanic.
In "Le conseguenze economiche della pace", l'economista britannico John Maynard Keynes ha scritto che la sua scelta in qualsiasi negoziato o arbitrato era "dire la verità violenta e spietata", ma nelle discussioni di questa settimana non c'è stata nessuna dimostrazione in questo senso. Invece di affrontare le cause alla base del disastro economico attuale - il fallimento dell'euro - il dibattito si è incentrato su questioni marginali di bilancio e monetarie, come il ritmo troppo veloce del consolidamento fiscale nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
Che il chief economist del FMI, Olivier Blanchard, e il suo direttore generale, Christine Lagarde, possano pensare che qualche allentamento dei cordoni della borsa fiscale nel Regno Unito siano misure adeguate e in grado di riportare alla crescita, quando in Europa è in corso una crisi così profonda, non è solo strano, è patetico. Ho già scritto sulle gravi carenze del FMI nell'affrontare la peggiore crisi economica dalla seconda guerra mondiale nell'edizione cartacea odierna del Daily Telegraph, ma c'è ancora molto da dire in proposito.
Invece di costringere i leader della zona euro ad affrontare la verità - che il loro progetto nella sua forma attuale sta facendo fallire non solo loro, ma l'intera economia mondiale - lo stesso FMI si affanna su questioni irrilevanti, come quella se nel Regno Unito ci sia lo spazio fiscale per un po' più di indebitamento al fine di alimentare la domanda. Peggio ancora, va avanti nel tentativo di sostenere ciò che chiaramente, nella sua forma attuale, rappresenta uno sforzo insostenibile.