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domenica 21 aprile 2013

Perché il FMI non può affrontare la verità sul fallimento dell'euro?

Voci dall’estero

Sul Telegraph ci si interroga sul perché  il  FMI, invece di inchiodare i leader UE alle loro responsabilità,  continui a rassettare il ponte del Titanic mentre la nave affonda...

imf

di Jeremy Warner - Sono stato a Washington questa settimana per la riunione di primavera del Fondo Monetario Internazionale. Vorrei poter dire che si è vista la luce in fondo al tunnel, ma la realtà oggettiva è che siamo ancora in una depressione profonda. Mi dispiace usare luoghi comuni, ma mi vengono alla mente due espressioni: giocherellare mentre Roma brucia, e risistemare le sedie sul ponte del Titanic.

In "Le conseguenze economiche della pace", l'economista britannico John Maynard Keynes ha scritto che la sua scelta in qualsiasi negoziato o arbitrato era "dire la verità violenta e spietata", ma nelle discussioni di questa settimana non c'è stata nessuna dimostrazione in questo senso. Invece di affrontare le cause alla base del disastro economico attuale - il fallimento dell'euro - il dibattito si è incentrato su questioni marginali di bilancio e monetarie, come il ritmo troppo veloce del consolidamento fiscale nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Che il chief economist del FMI, Olivier Blanchard, e il suo direttore generale, Christine Lagarde, possano pensare che qualche allentamento dei cordoni della borsa fiscale nel Regno Unito siano misure adeguate e in grado di riportare alla crescita, quando in Europa è in corso una crisi così profonda, non è solo strano, è patetico. Ho già scritto sulle gravi carenze del FMI nell'affrontare la peggiore crisi economica dalla seconda guerra mondiale nell'edizione cartacea odierna del Daily Telegraph, ma c'è ancora molto da dire in proposito.

Invece di costringere i leader della zona euro ad affrontare la verità - che il loro progetto nella sua forma attuale sta facendo fallire non solo loro, ma l'intera economia mondiale - lo stesso FMI si affanna su questioni irrilevanti, come quella se nel Regno Unito ci sia lo spazio fiscale per un po' più di indebitamento al fine di alimentare la domanda. Peggio ancora, va avanti nel tentativo di sostenere ciò che chiaramente, nella sua forma attuale, rappresenta uno sforzo insostenibile.

venerdì 19 aprile 2013

"Eurozona fallimento assoluto"

Intervento di Nigel Farage al Parlamento europeo - 17 Aprile 2013.

Tanto per non dimenticare quello che ci aspetta, dopo che sarà finito il teatrino della politica di questi giorni.

Fonte:  Luogocomune 19 Aprile 2013

domenica 14 aprile 2013

La conferenza dell'UE sulla modificazione del clima e la geoingegneria ribadisce le richieste di trasparenza e controllo democratico del 1999

di Christof Lehmann
nsnbc

Christof Lehmann (nsnbc) -Nei giorni 8 e 9 Aprile si è tenuta presso il Parlamento europeo una conferenza, dal titolo "Oltre le teorie della modificazione climatica- la società civile contro la geoingegneria". La conferenza ha rivalutato una risoluzione del 1999 e ha ribadito la mancanza sia di legislatori che di militari per salvaguardare la trasparenza e il controllo democratico su programmi riservati, che colpiscono intere popolazioni senza consenso, l'azione democratica, o l'accesso a dati e informazioni verificabili.

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I governi degli Stati membri dell'UE nascondono quello che è ovvio con una complicità silenziosa

La conferenza è iniziata l'8 aprile, con una proiezione ufficiale del documentario "Perché stanno spruzzando nel mondo?"del regista americano Michael Murphy.

La conferenza si è svolta sotto l'egida del gruppo parlamentare "Verdi/ Alleanza libera europea", che è un'alleanza di partiti verdi europei e partiti liberali.

Tra i relatori alla conferenza UE, i parlamentari Tatjana Ždanoka da Lativia, che è membro della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, Werner Schulz dalla Germania, che è membro della commissione per gli affari esteri, François Alfonsi, che è un membro della commissione per lo sviluppo regionale, il consigliere comunale Linda Leblanc, che è il segretario del Partito verde di Cipro, l'ex ambasciatore dell'Ucraina in Grecia e vice presidente del Partito dei Verdi di Ucraina, Valerie Tsybukh, Giulietto Chiesa, che è un ex parlamentare europeo e il presidente dell'Alleanza "Alternativa", Wayne Hall dalla Grecia, che è il coordinatore del sito web " Enouranois", Josefina Fraile dalla Spagna, che è un libero responsabile per la ricerca sull'ambiente della Piattaforma Internazionale contro la Modificazione del Clima " Skyguards", così come Claire Henrion dalla Francia, che è il presidente dell'associazione ACSEIPICA, e altri.

La conferenza si è tenuta grazie alla collaborazione tra le organizzazioni della società civile, riunite sotto la piattaforma internazionale "Skyguards", in collaborazione con l'alleanza "Alternative".

L'obiettivo principale della conferenza è stato quello di continuare il lavoro che era stato avviato nel 1998 dalla commissione del Parlamento europeo per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa, che ha portato all'adozione della "Risoluzione per l'ambiente, la sicurezza e la politica estera" il 14 gennaio 1999, con Theorin come relatore.

venerdì 12 aprile 2013

Nuova eugenetica: la troika sa bene quello che fa

L'austerità ci ammala e ci uccide
di  Sergio Cararo
Contropiano 

austerityDalle previsioni del Fmi alla prestigiosa rivista scientifica "The Lancet" giungono conferme inquietanti: vogliono che moriamo prima e adottano misure economiche per raggiungere tale obiettivo.

Qualcuno lo dice più brutalmente qualcuno meno, ma la sostanza coincide. L'Oulook pubblicato esattamente un anno fa dal Fondo Monetario Internazionale scriveva esplicitamente: "I rischi connessi a un aumento dell'aspettativa di vita sono molto alti: se entro il 2050 la vita media dovesse aumentare di tre anni più delle stime attuali, aumenterebbero del 50% i già elevati costi dei sistemi di welfare”. Gli anziani malati? “Se lo vogliono, dovremmo consentirgli di morire in fretta” ha dichiarato tre mesi fa Taro Aso, ministro delle Finanze del Giappone, costretto poi a scusarsi pubblicamente dopo la gaffe sui giapponesi che “peserebbero” in modo eccessivo sulle finanze del paese, a causa delle spese ingenti per le cure mediche.

Si tratta di due indicatori – inquietanti ma chiarissimi – sul come la ristrutturazione complessiva dell'economia capitalista preveda anche morti e feriti, tanti, come in una guerra.

Quando la crisi è determinata dalla sovrapproduzione – innanzitutto di capitali e poi di merci – la regola di monsieur le capital punta esplicitamente alla distruzione degli eccessi di capitale. Non si chiudono solo le fabbriche ma si elimina anche il “capitale umano” in eccesso. Si tengono e mantengono solo i settori di popolazione funzionali alla produzione. Sul resto gli Stati devono “de-responsabilizzarsi” per ridurre i costi. Il capitale umano in eccesso e non più produttivo o funzionale (anziani, poveri, esclusi strutturali dal mercato del lavoro , popolazioni marginali) possono e debbono essere abbandonati a se stessi. La morte perde così ogni fatalità per diventare un fattore di razionalizzazione dei costi e di “igiene sociale”.

In passato a fare il lavoro sporco ci avevano pensato le guerre. Distruzione di capitali in eccesso in quantità notevoli: città e fabbriche distrutte, ponti, strade, ferrovie da ricostruire, popolazione decimata dai bombardamenti e dagli stenti.

Nell'epoca delle armi nucleari praticare questo terreno appare un po' più difficile. I rischi e le incognite sono troppo elevati anche per le classi dominanti. Meglio procedere con una guerra di classe condotta dall'alto e perseguita attraverso misure economiche che, magari più lentamente, producano lo stesso effetto.

venerdì 22 marzo 2013

Orlov a Cipro: Putin può invertire 300 anni di errori russi nel Mediterraneo

Bollettino Aurora
John Helmer, Mosca 20 marzo 2013

Cyprus bank

Gli Stati Uniti, la Germania, la Turchia e gli alleati della NATO pensano di avere quasi tutte le munizioni necessarie per produrre un cambio di regime in Siria, come avevano fatto in Libia. Ma  non sembrano avere i 5miliardi di euro richiesti per compiere il trucco a Cipro, dopo che il regime  è stato modificato dai ciprioti stessi, che avevano votato il partito al potere un mese fa. La mossa per raccogliere questo denaro dai depositanti russi e dalle altre banche di Cipro, appariva una scommessa sicura a Bruxelles, perché i russi apparentemente più influenti, come il Primo Viceprimo Ministro Igor Shuvalov e il ministro delle Finanze Anton Siluanov, avevano segnalato la loro volontà di andare avanti. Ma Shuvalov e Siluanov sono impiegati, non contano politicamente. Il russo che conta oggi, si vede presentare dall’alleanza occidentale la possibilità di effettuare un potente cambiamento strategico nel Mediterraneo, a un costo minimo e con poco rischio. E’ una lezione sul maggiore valore del denaro sulle armi, nella grande strategia. E’ anche un cambiamento che le potenze occidentali e l’impero ottomano hanno contrastato per tre secoli. Ci sono riusciti con l’imperatrice Caterina II e la flotta del conte Aleksej Orlov nel 1770, che vinse la battaglia di Chesme*, tradendo poi la rivolta di Daskalogiannis (Ioannis Vlachos) contro i Turchi a Creta e, in ultima analisi, perdendo la guerra nel Mediterraneo. Gli alleati ci riuscirono con Stalin tra il 1945 e il 1949 perché le sue priorità erano più a nord. Nel 1974 la NATO incoraggiò e sostenne l’occupazione turca della parte settentrionale di Cipro, perché il Politburo di Leonid Breznev [1] non era in grado di risolvere le proprie differenze interne, per paura di offendere la Turchia, compiendo errori di valutazione d’intelligence uno dopo l’altro.

Il modo in cui viene raccontata questa vicenda della storia greca, gli elleni la ricordano, e ricordano abbastanza spesso, che nei momenti più atroci, le promesse di aiuto russo contro gli infedeli non si materializzarono. C’è anche una parola russa per questo tradimento greco. L’incapacità di arrivare in tempo a Creta per evitare le sanguinose rappresaglie turche del 1770, è conosciuto in greco con il nome di Orlov. Vediamo quanto di meglio Putin potrebbe fare: i neo-ottomani gli hanno presentato l’opportunità di contrattaccare e vincere. Ma quali sono i concreti interessi russi ora in gioco, e sono grandi abbastanza per puntare su una grande strategia che sparigli il quadro?

I media russi sono stati insolitamente lenti nel valutare le notizie da Cipro, e il Cremlino è stato insolitamente silenzioso. Quest’ultimo aspetto spiega il primo [2]. Il primo ministro Dmitrij Medvedev non ha permesso di far passare respiro sul tema, fino da quando Putin ha espresso [3] la sua condanna, l’unico capo di governo o di Stato a farlo in tutto il mondo. Dopo l’incontro con il Consiglio della Vnesheconombank (VEB) Medvedev ha detto: “Sembra che si confisca il denaro altrui. Non so a chi sia venuta questa idea, ma si tratta di questo, come sembra. Purtroppo, conoscevamo questa pratica durante l’epoca sovietica, quando il denaro veniva scambiato con un coefficiente e non totalmente restituito alle persone. Ma Cipro è un Paese con un’economia di mercato e si suppone che sia membro dell’Unione europea. Naturalmente, dovremo trarre alcune conclusioni da ciò, perché abbiamo le nostre relazioni con Cipro e continueremo le consultazioni.  Ma dovremo apportare alcune modifiche alla nostra posizione, anche nella consapevolezza che, in generale, sarebbe meglio tenere i soldi nelle banche russe.

domenica 17 marzo 2013

L’UE a Cipro: come ti metto le mani in tasca con la scusa del “debito”

vampiri

di Enrico Galoppini
European Phoenix

Chissà come sono contenti quest’oggi i ciprioti: hanno scoperto che per sanare il “debito pubblico”, il debito creato dall’adozione della moneta-debito euro, dovranno sopportare un prelievo forzoso sui loro depositi bancari.

Per quelli che hanno fino a 100.000 euro, la gabella sarà del 6,75%, mentre per i ‘paperoni’ che posseggono cifre superiori, corrisponderà al 9,9%.

Facciamo un attimo due conti: se uno ha in banca 20.000 euro, dovrà donare, per la “salvezza delle banche e della patria”, la non indifferente cifra di 1.350 euro. Se ne ha 10.000, l’obolo versato nelle fauci dell’euro-dittatura sarà di 675 eurini sonanti, con 377,5 tintinnanti monetine da un euro che saluteranno un già misero deposito di 5.000.

Poco esaltante la situazione anche per uno con 120.000 euro in banca (bisogna fare lo sforzo di mettersi nei panni degli altri): dovrà sacrificare 8.100 euro (!) sull’altare del ‘dio moneta unica’, dove alcuni però si guardano bene dall’ “unirsi” appassionatamente, come la Gran Bretagna, che la sterlina se la tiene ben stretta mettendo comunque bocca alla grande nella gestione dell’euro.

Da tutto questo effluvio di danari dalle tasche dei ciprioti, dovrà uscire una cifra di 5,8 miliardi di euro, come hanno stabilito i “collaborazionisti” ministri delle Finanze dell’“eurozona”, andati a prendere ordini dalle centrali dell’usurocrazia di Bruxelles. Condizione, questa, per essere beneficiati della ‘manna’ da 10 miliardi di euro, gravata – ça va sans dire – da interessi, il che causerà un immediato aumento del “debito pubblico”, che è quello che vogliono appunto i padroni dei camerieri. Ecco che cosa sono i famosi “aiuti”, regolarmente preceduti da squilli di tromba dei soliti “media”.

La scodella di lenticchie a Cipro che non abbiamo voluto pagare. La pagheremo, cara

Gustavo Piga
Professor of Economics

cyprus

Facciamola breve.

Per ottenere 6 miliardi di euro dai depositanti ciprioti, tassa altamente regressiva (perché i cittadini più ricchi non detengono che una quota molto bassa della loro ricchezza in depositi bancari e perché tipicamente i più ricchi queste cose le vengono a sapere prima, in tempo per scappare) e altamente ingiusta (perché basata su contingenze del quotidiano e non di una effettiva e certa capacità di contribuire di colui che subisce l’imposta), l’Europa è riuscita nell’incredibile performance tafazziana di contemporaneamente:

a) perdere il supporto di una larga parte della popolazione cipriota sul progetto europeo;

b) aumentare la paura dei risparmiatori mondiali sugli investimenti nell’area euro, con tutti i connessi impatti sui rendimenti richiesti sulle attività in euro e sulla (accresciuta) probabilità di un effetto contagio sui depositi delle banche degli altri Paesi euro in caso di future notizie macroeconomiche negative appunto in quel Paese.

“Siamo in un nuovo mondo, una nuova era”, dice l’economista americano al New York Times. Preistorica direi.

Un’era preistorica, dove per 6 miliardi di euro, meno dell’1 per mille del PIL dell’area dell’euro, ma che costituisce 1/3 del PIL cipriota (che, ricordiamolo, ha una economia con un PIL pari all’1% di quello italiano), abbiamo deciso di correre gli immensi due rischi di cui sopra. Ci sarebbe costato una scodella di lenticchie ad ognuno di noi, venire incontro ai ciprioti nel momento di difficoltà.

Ripetiamolo. Per un piatto di lenticchie che non abbiamo voluto mettere a disposizione dei cittadini ciprioti (manco fosse colpa loro la cattiva sorveglianza del sistema bancario locale e dei suoi eccessi, e che le autorità europee non c’entrassero per nulla) ci ritroviamo con un rischio interno ed esterno molto più grande di prima.

E’ un’Europa dove la solidarietà, anche quando c’è, non appare mai per quello che dovrebbe essere: convinta, trasparente, equa, proporzionale.

Complimenti ai nostri leader europei: siamo un passo più vicini al baratro, per non aver voluto pagare un piatto di lenticchie.

Fonte: Gustavo Piga 17 Marzo 2013

venerdì 15 marzo 2013

Qui è suicidio assistito di massa

europa suicidioNon sappiamo più come dirlo, non sappiamo più quali parole usare, ma lo ripeteremo fino alla noia

di Giuseppe Turrisi
Rinascita

L'euro è una truffa come lo è la comunità europea in questo stato di cose: ossia sotto la blindatura dei trattati Maastritch, Lisbona, Mes, Fiscal compact, Nato, WTO, ecc.

Non abbiamo più la sovranità di niente se non soltanto quella di decidere chi ci deve prendere per i fondelli per un altro turno (ed in parte nemmeno quella: leggasi porcellum).

Ora se uno è consapevole di essere vittima di una truffa cosa fa?

1) Aspetta perché non è ancora convinto della truffa?

2) Denuncia il truffatore e lo insegue?

3) Si lascia truffare perché in fondo si lasciano truffare tutti?

4) Fa di tutto per uscire dalla truffa e la fa conoscere agli altri?

Sono quattro ipotesi che potrebbero rappresentare uno scenario di gente normale. Già: ma cosa vuol dire normale, in un paese dove l'informazione è orribilmente manipolata?
Il popolo manipolato e stregato dalla politica asservita alla finanza internazionale non si muove. Meglio: è la maggioranza che non si muove.

Se diamo per buono il movimento di Grillo, almeno il 26% di quelli che sono andati a votare sembra si siano svegliati almeno per affermare che così, non si può più andare avanti. Non siamo convinti che siano consapevoli sulle fondamentali (multinazionali, moneta-debito, NWO) ma lo sono di certo sulla cattiva gestione dello Stato (sprechi, ruberie, nepotismo, corruzione, ecc).

In tv si susseguono le varie trasmissioni vomitevoli garanti delle “verità di regime” per continuare a drogare la popolazione.
Sull'euro (truffa) si continua a propagandare che sia la panacea di tutti i mali e guai ad uscire dall'euro! (Meno male che la lista Giannino ha fatto la fine che ha fatto e gli sta bene ad "imprese che resistono" che erano state avvertite per tempo). Se c'è una cosa che uccide le imprese è proprio questo neoliberismo (la ricetta che propagandava proprio il signor Giannino).

La democrazia sostituita dal "pilota automatico"

Draghi ai disorientati giornalisti che cercavano di condividere con lui la propria confusione: «Dovete considerare che gran parte delle misure italiane di consolidamento dei conti continueranno a procedere con il pilota automatico».

di  Dante Barontini
Contropiano

pilota automaticoMario Draghi dice quel che nessuno vuol sentire: "non contano i risultati elettorali, né in Italia né altrove; abbiamo creato un pilota automatico per imporre il consolidamento di bilancio". Chiunque vinca.

Quando la verità è agghiacciante, c'è sempre un tecnico che ha l'obbligo di dirla. Un po' come la “lettera scomparsa”, che sta davanti agli occhi di tutti. La questione del vero “programma di governo” che da Palazzo Chigi o altrove sarà calato su questo paese è stata “rivelata” ancora una volta da Mario Draghi, presidente della Bce, quella banca centrale politicamente irresponsabile (in senso tecnico, perché non ha nessun governo o parlamento continentali in grado di “condizionarla”) che ordina “riforme strutturali” ai singoli governi nazionali dimentica di avere – unica al mondo – uno statuto illogico che la obbliga a tener conto solo del tasso d'inflazione. La quale, perciò, non possiede strumenti ordinari di intervento sui mercati oltre il banale e ormai spuntato gioco sui tassi di interesse. E che, inoltre, quando ha reso iniziative “non convenzionali” (ovvero non previste dallo statuto) è stata duramente bacchettata dalla vera banca centrale europea: Bundesbank.

La lunga premessa serve solo a ricordare l'assetto squilibrato del pulpito da cui Mario Draghi ha parlato negli ultimi giorni per mostrare la “grande tranquillità” sua e dei mercati (spesso anche lui sembra confondere i due ambiti) davanti ai risultati imprevisti delle elezioni italiane.

In sintesi: «questa è la democrazia», specie in un sistema monetario con 17 paesi (18 da luglio, entra la Croazia) all'interno dei quali si vota più volte nell'arco di quattro o cinque anni. Ma la democrazia, per l'appunto, è quel regime politico in cui le elezioni determinano cambiamenti nelle figure di governo, mutamenti orientati da valori anche ideali o ideologici, e quindi mutamenti anche notevoli nell'ordine delle priorità. Potenzialmente un caos, insomma, tra popoli differenti, sistemi industriali disomogenei, culture e sistemi legislativi e fiscali anche molto diversi.

Come fa, dunque, Draghi a rimanere calmo e a presentare “i mercati” sulla sua stessa lunghezza d'onda?

mercoledì 13 marzo 2013

I tedeschi non amano più l’euro

merkel-euro
Un articolo della Faz riflette il malumore di cittadini e imprese contro i Paesi “cicale” dell’area Sud e la nostalgia per il marco

di Filippo Ghira
Rinascita

La Germania si trova già immersa nella campagna elettorale che vedrà in autunno il rinnovo completo del Bundestag. E con l’occhio rivolto alle urne e il cuore attento al portafoglio, con la crisi economica in corso e la difficoltà di tirare avanti che penalizza anche una buona parte dei cittadini, politici e giornali si sono messi virtualmente a sparare contro quelli che vengono additati come coloro che succhiano il sangue dei tedeschi, gente seria e sobria, lavoratrice e risparmiatrice e che non ha grilli nella testa.

E i nemici sono i soliti. Tutti i Paesi dell’area Sud dell’Unione europea che nella loro incontinenza nelle spendere e spandere le risorse pubbliche, hanno creato un debito stratosferico che mette a rischio il sistema di moneta unica e la stessa sopravvivenza dell’Unione. E se sotto accusa restano Paesi come Spagna, Portogallo e Grecia (oltre all’Irlanda) che sono stati costretti a richiedere gli aiuti dell’Unione europea, ora sotto tiro è finito pure Cipro che a sua volta ha chiesto l’intervento dei fondi di stabilità.

L’attacco è stato lanciato dalla Faz, Frankfurter Allgemeine Zeitung, il più autorevole  quotidiano tedesco che ha accusato la Banca centrale europea di non voler pubblicare i dati sulla ricchezza dei cittadini dei singoli Stati membri per non fare emergere una verità spiacevole. E cioè, che Cipro può contare su una ricchezza media superiore a quella di Spagna, Portogallo e Grecia.

lunedì 11 marzo 2013

Nel caso abbiate bisogno di altre prove che è stupido tagliare la spesa pubblica in un'economia debole ...

Voci dall’estero

Su Business Insider  la risposta empirica al dilemma tra austerità e politiche espansive nel bel mezzo di una recessione - se per caso ce ne fosse ancora bisogno...

auaterity

Esistono due approcci di base sul modo di stabilizzare la nostra pessima economia.

Il primo approccio si chiama "austerità".

La logica di questo approccio si basa sulla teoria che la nostra economia è pessima perché il nostro governo spende più di quanto incassa e il deficit che ne risulta crea "incertezza". Una volta che questo deficit spending sarà ridotto, secondo questa teoria, l'incertezza sparirà, e la fiducia tornerà. E quindi la nostra economia sarà in grado di riprendersi sul serio.

Il secondo approccio è chiamato "stimolo".

La logica di questo approccio si basa sulla teoria che la nostra economia è pessima perché i consumatori sono disoccupati e al verde e hanno pochi soldi da spendere. Dato che i consumatori hanno pochi soldi da spendere, continua questa teoria, il governo dovrebbe assumersi il compito di spendere in deficit fino al calo della disoccupazione e fino a che i consumatori non abbiano più soldi da spendere. Questa spesa pubblica, in altre parole, manterrà attiva la circolazione del sangue finché il paziente non sarà guarito.

Cinque anni fa, gli economisti erano bloccati in una feroce discussione su quale approccio fosse il migliore". Austerità" o "Stimolo".

Per fortuna, ora la questione ha avuto una risposta.

L'approccio dello "stimolo" è il migliore.

È importante sottolineare che questo problema non ha avuto solo una risposta teorica.

E' stata una risposta empirica.

giovedì 28 febbraio 2013

“Da tedesca vi dico: l’austerity distruggerà anche la Germania”

Leggi il resto su Linkiesta

Le elezioni italiane viste dalla Germania-Intervista a Ulrike Herrmann

Pubblicato su Youtube da Redazione Linkiesta in data 04 febbraio 2013

Urlike Herrmann, nata nel 1964 ad Amburgo, è una giornalista e scrittrice tedesca. Dal 2000 è caporedattrice economica al Die Tageszeitung (taz). Interviene spesso in programmi di approfondimento televisivo e ha pubblicato diversi saggi, tra cui "Urrà, dobbiamo pagare. L'auto-inganno della classe media" (West Publishing).

mercoledì 27 febbraio 2013

La vera perdente? L'Europa anti-nazionale

di Ida Magli (il Giornale)
Italiani Liberi

europa-vs-nazioniA queste elezioni è stato presente un Convitato di pietra, un convitato che ha subìto, in silenzio, una grave sconfitta: l’Europa. Nessuno ne ha parlato, ma il risultato della lista Monti lo grida a gran voce. Monti è il fiduciario dell’Ue, è stato mandato (o chiamato, come si preferisce dire) esplicitamente a mettere in riga l’Italia, in apparenza per la questione del bilancio, ma in realtà perché l’Europa è diventata, con la crisi dell’euro, sempre più dubbiosa sulla fattibilità dell’unificazione e teme che da un giorno all’altro qualcuno degli Stati in difficoltà possa abbandonarla. L’Italia è uno Stato cardine dell’Unione, tanto sul piano concreto quanto su quello simbolico: nessuna Europa unita è possibile senza l’Italia. Tutta l’area del Mediterraneo sarebbe messa in forse da un’eventuale uscita dell’Italia e sicuramente molti Stati a quel punto ne seguirebbero l’esempio.

Tutti discorsi ovvi, è chiaro, ma il problema è che nessuno, né politici né giornalisti, come sempre per quanto riguarda l’Europa, ha affrontato e affronta il discorso. Le analisi sui risultati delle elezioni mancano perciò di una riflessione determinante e in definitiva risultano false.

Sicuramente molti dei voti che Bersani si aspettava e che sono mancati all’appello, sono andati per quest’unico motivo al movimento di Grillo. L’appoggio incondizionato del Pd a Monti ha convinto i suoi elettori che il partito era schiacciato sull’Europa e che, di conseguenza, anche se fosse andato al governo, non sarebbe stato libero di prendere nessuna iniziativa. D’altra parte è chiaro che non si può rappresentare il partito dei lavoratori, degli operai, e affiancarsi alla grande finanza che governa l’Europa. Il partito che oggi si chiama Pd ha una lunga storia alle spalle durante la quale i suoi elettori sono stati sempre fedelissimi, e molti avevano sopportato perfino il terribile 2012 del governo Monti, con i suoi quarantacinque suicidi di piccoli imprenditori e le centinaia di migliaia di disoccupati messi in cassa integrazione o del tutto sul lastrico, ritenendo che si trattasse di stringere i denti in un momento di crisi. La creazione della lista Monti ha fatto capire a tutti (e non soltanto agli elettori del Pd) che erano stati ingannati, che il potere europeo si era installato definitivamente in Italia e che non avrebbe più lasciato la presa.

mercoledì 13 febbraio 2013

SOS GRECIA! E' davvero emergenza? LIVE

Live di Byoblu con Sergio di Cori Modigliani e Monia Benini  
Segue articolo di Monia Benini  sos-grecia

Cosa sta succedendo in Grecia?

Voci sempre più insistenti parlano di un Paese sprofondato nel baratro, volutamente dimenticato, silenziato perché la sua tragedia non interferisca con le elezioni in Germania e in Italia. E' vero?

Ne abbiamo parlato in una diretta fuori programma con Monia Benini, esperta conoscitrice della Grecia e a diretto contatto con i cittadini di Atene, e con Sergio Di Cori Modigliani, autore dell'articolo che ha lanciato l'allarme in rete, che è intervenuto nel corso del live.

Nel video in testa al post, la registrazione completa dell'evento live.

Fonte: Byoblu 12 Febbraio 2013

venerdì 1 febbraio 2013

Unione europea: la Nato bussa a quattrini

Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Rasmussen, nonostante la crisi che attanaglia il Vecchio Continente, chiede altri danari all’Unione europea per sostenere i costi della difesa comune e potenziarla
rasmussen

di Andrea Perrone
Rinascita

L’Alleanza Atlantica pretende altri soldi dall’Ue per sostenere i costi della difesa. Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen (nella foto) nella sua relazione annuale ha chiesto agli Stati membri Ue di spendere di più per la difesa nonostante la crisi economica e  non ha mancato di lanciare una chiara minaccia all’Unione europea sottolineando che altrimenti rischia di perdere la “solidarietà” degli Stati Uniti. “Se le attuali tendenze alla spesa per la difesa dovessero continuare, queste limiterebbero le capacità pratiche delle nazioni europee nella Nato di lavorare insieme con i loro alleati del Nord America. Ma si rischierebbe anche di indebolire il sostegno politico per la nostra alleanza con gli Stati Uniti”. Ma ha voluto precisare che nonostante tutto la Nato è ancora “la potenza militare più importante del mondo”. Tuttavia, ha proseguito Rasmussen, la situazione a livello mondiale desta preoccupazione. “Le sfide alla sicurezza del XXIesimo secolo – il terrorismo, la proliferazione, la pirateria, la guerra informatica, Paesi instabili – non se ne andrà come ci concentriamo, che fissa le nostre economie”, ha commentato il segretario.

A questo punto l’ex premier danese ha chiarito quali sono le vere preoccupazioni della Nato nei confronti dei suoi nemici. “L’ascesa delle potenze emergenti – ha chiosato il segretario generale – potrebbe creare un crescente divario tra la loro capacità di agire e di esercitare influenza sulla scena internazionale e la nostra capacità di farlo”. Sempre nel rapporto presentato da Rasmussen si afferma che gli Stati Uniti hanno contribuito nel 2012 con il 72 per cento della spesa per la difesa dei Paesi membri dell’Alleanza, rispetto al 68% del 2007. Francia, Germania, Italia e Regno Unito concorrevano per il resto della somma, ma di recente il contributo francese è sceso vertiginosamente.

“Tutto ciò ha il potenziale di minare la solidarietà dell’Alleanza e mette a rischio la capacità degli alleati europei di agire senza il coinvolgimento degli Stati Uniti”, è scritto nel rapporto. E aggiunge che il contributo della Nato, in proporzione alle spese militari mondiali sceso al 60 per cento nel 2011 dal 69 per cento del 2003, è quello di raggiungere il 56 per cento nel 2014.

La “preoccupazione” di potenziare le capacità di difesa dell’Unione europea non è nuova, ovvero per rassicurare l’impero a stelle e strisce che qualora vi sia una crisi in giro per il mondo l’Europa-colonia possa intervenire militarmente utilizzando le sue forze senza il bisogno di contare su quelle degli Usa, le cui casse sono ormai vuote per le spese sostenute nelle “guerre infinite” in ogni dove nel mondo. D’altronde già due anni fa, l’ex segretario alla Difesa Robert Gates in un discorso tenuto a Bruxelles aveva lanciato l’allarme sui conti della difesa Ue. La necessità di investire di più sulla creazione di un esercito comune europeo nasce dalla crisi economica che grava anche sugli Stati Uniti, ma in questo caso proprio sulla Nato, che possiede un debito di 400 miliardi di dollari. Gli Usa per questo stanno tentando di smarcarsi il più possibile dalle imprese che può compiere autonomamente l’Unione europea con la creazione di un comando generale unificato e un esercito comune in ambito Ue.

lunedì 28 gennaio 2013

L’Unione europea, una congerie di tecnocrati liberticidi

In un discorso tenuto all’Assemblea di Strasburgo, il presidente Martin Schulz condanna le ingiustizie sociali e il dominio di Bruxelles sui parlamenti nazionali e su tutti i popoli del Vecchio Continente

ue-shulz

di Andrea Perrone
Rinascita

Euroscetticismo, poteri forti e diseguaglianze sociali sono i frutti avvelenati che mettono a rischio il futuro dell’Unione europea per colpa delle ricette tecnocratiche e iperliberiste imposte da Bruxelles. A farsi portavoce di queste critiche è stato l’attuale presidente dell’Europarlamento, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz (nella foto), che ha ammesso come alcune delle preoccupazioni di Londra sul futuro dell’Ue sono valide e che non è più accettabile respingere in maniera critica assoluta coloro che sono critici nei confronti di questa Unione europea come se fossero semplicemente ed esclusivamente degli euroscettici.

In una conferenza stampa per celebrare il nuovo anno Schulz ha dichiarato senza timore di condividere alcuni “disagi” espressi dal  premier britannico David Cameron, delineati nel suo discorso tenuto all’inizio della settimana scorsa. “Questo disagio nei confronti dell’Ue come è ora, è una cosa che condivido. Penso che vi siano anche molte persone in Europa che hanno questo disagio”, ha sottolineato Schulz, ribadendo il concetto. “Ed è per questo che consiglio davvero di non etichettare tutti coloro che criticano l’Unione europea come euroscettici”, ha proseguito.

Ma oltre a questi segnali di crisi generale e strutturale dell’Ue, il presidente dell’Europarlamento è intervenuto sottolineando anche altri problemi legati alle disuguaglianze sociali. “L’Unione europea – ha dichiarato Schulz – non se la passa bene. Dobbiamo fare di meglio”. Per quanto riguarda i difetti – ma sarebbe meglio definirle piaghe – il presidente ha puntato il dito contro gli sviluppi economici che hanno portato a più “ingiustizia sociale” e a un deficit di democrazia che - a suo dire - non ha tanto a che fare con le istituzioni europee stesse, ma piuttosto con “un’opaca capacità decisionale dell’Ue”.
E questo perché, ha proseguito il presidente dell’Assemblea di Strasburgo, le istituzioni dell’Unione si riuniscono a porte chiuse. “Tutto quello che accade a porte chiuse è anonimo e lascia ampio spazio alle interpretazioni”, ha voluto precisare Schulz.

Insomma il politico socialdemocratico tedesco è stato piuttosto esplicito e chiaro nel sottolineare che le scelte decisionali europee sono prese all’insaputa dei popoli europei che invece subiscono passivamente il potere dei tecnocrati di Bruxelles, legati mani e piedi a lobby, multinazionali, banche e poteri forti dell’Occidente euro-atlantico, e a cui devono spesso la loro nomina quali commissari o presidenti alle più alte cariche nelle istituzioni europee.

lunedì 7 gennaio 2013

L’antieuropeismo necessario, l’antiamericanismo indispensabile

di Gianni Petrosillo
Conflitti e Strategie

no-to-eu

Essere antieuropeisti e, pertanto, decisamente recalcitranti alla concretizzazione di questa Unione, basata su trattati ed accordi sconvenienti per i popoli che ne fanno parte, da quelli economici a quelli politici (con commissioni che si occupano della grandezza dei piselli e teste di pisello che non arrivano a capo di nulla), non significa essere contro l’Europa. Quest’ultima esiste, non solo in quanto innegabile espressione geografica, piuttosto perché ha un passato millenario fatto di prossimità, di battaglie, di alleanze, di pacificazioni, di tradimenti, di rivalità, di porosità e di sbarramenti reciproci, estrinsecatesi in un campo culturale omogeneo ma non meno conflittuale, frutto di un destino secolare d’interdipendenze e dipendenze tra nazioni e popolazioni che si sono abbracciate e massacrate; dunque, essa c’è negli eventi, nelle cose e negli uomini a prescindere dai suoi recenti apparati artificiali troppo deboli, corrotti, insignificanti e distanti dalla realtà per poter contribuire a dispiegare una vera sovranità continentale.

Per questo, possiamo dire che l’Europa sussisteva più consapevolmente, con maggiore spinta e coerenza (di ciascuno Stato), prima che fosse perfezionata la sua scialba architettura istituzionale attuale la quale, appunto, rappresenta la negazione del “sogno” urgente dell’ edificazione di un insieme geopolitico eterogeneo eppure indipendente, orientato ad una politica di potenza sinergica tra partner “cugini” (di affratellamento parlano solo gli idioti che non hanno il senso della Storia), come risultato di un grande gioco di prospettive ed orizzonti di entità statali contigue, non sovrapponibili ma, tuttavia, concordi nel perseguire comuni (per quanto possibile) obiettivi internazionali e mondiali. Forse, la Grande Europa invocata da De Gaulle, oppure, anche qualcosa di meglio.

Qualche tempo fa in un articolo su l’Espresso, Lucio Caracciolo, ha scritto, con altre parole, che questa Europa non è se stessa perché il suo progetto, il piano che la informa e la modella, è estraneo alle sue genti e alla sua storia autentica.

venerdì 28 dicembre 2012

La Germania ‘esporta’ i suoi vecchi malati nelle case di cura dei paesi a basso costo

Investire Oggi

Il modello dello stato sociale europeo a pezzi: da giovani si sfruttano e da vecchi si delocalizzano

German-pensioners

Pensionati tedeschi a Berlino. accade Sempre di più che i tedeschi anziani siano “dislocati” in sistemazioni di lunga durata presso case di cura in Europa orientale e in Asia. Foto: Sean Gallup / Getty Images

The Guardian – I pensionati sono mandati nelle case di cura dell’Europa orientale e dell’Asia, respinti dall’austerità verso una ‘deportazione disumana’.

Un numero crescente di tedeschi anziani e malati sono mandati all’estero in centri di riabilitazione per cure a lungo termine a causa dell’aumento dei costi e del calo degli standard in Germania .

Questo movimento, che ha visto migliaia di tedeschi in pensione sistemati nelle strutture dell’est Europa e in Asia, è stata aspramente criticata dalle organizzazioni del welfare, che l’hanno definita una “deportazione disumana”.

Ma con un numero sempre maggiore di tedeschi che non possono permettersi i costi crescenti delle case di riposo, e una popolazione che invecchia, il numero di persone che ci si attende sarà inviato all’estero nei prossimi anni è solo destinato ad aumentare. Gli esperti la descrivono come una “bomba ad orologeria”. La crisi delle cure per i malati cronici in Germania – il settore della sanità soffre di mancanza di lavoratori e costi crescenti – per anni è stata mitigata dalla migrazione crescente degli europei dell’est in Germania per la cura degli anziani del paese.

giovedì 13 dicembre 2012

Monti è una creatura di Berlusconi

Byoblu

Fu proprio Silvio Berlusconi a nominare nel 1994 il commissario allora in erba, Mario Monti, professore della Bocconi, alla Commissione Europea. E per essere sicuro che facesse buona impressione, lo inviò dal Presidente della Commissione Jacques Santer per un colloquio di presentazione. Lo ha ricordato proprio ieri Monti, con uno di quegli aneddoti che la stampa trascura. C'è da immaginare che i due avessero avuto per anni un rapporto strettissimo, in considerazione di tutti i governi Berlusconi che si sono succeduti, che hanno sempre avuto "il nostro" come inamovibile, granitico commissario europeo.

martedì 11 dicembre 2012

Hanno le idee molto chiare

idee-chiare

di Valerio Valentini

Ci apprestiamo a vivere le prime elezioni politiche in stato di sub-democrazia, con i “Mercati” che indicano senza parlare, secondo logiche vagamente mafiose, il candidato vincente, e gli “Alleati” che dettano l’agenda del futuro capo del governo. Nel frattempo, è interessante cercare di capire quali sono i progetti futuri di chi vuole più Europa. Il 30 novembre scorso, come chi segue il blog già sa, la Commissione Europea ha pubblicato un dossier nel quale si propone un “Progetto per una solida e concreta unione economica e monetaria”. Si profila a grandi linee, cioè, l’Europa che sarà, o che almeno dovrebbe essere secondo i piani dei cervelloni di Bruxelles. La settimana scorsa vi ho descritto quelli che sono le prospettive a breve termine (non oltre i 18 mesi); oggi invece passiamo ai progetti a media gittata (fino a 5 anni).

Di fatto, nel pianificare gli sviluppi dell’UE nell’arco dei 5 anni i relatori del dossier si sono lasciati andare alla franchezza: tutto quello che nella sezione precedente era soltanto accennato e andava letto tra le righe, ora diventa esplicito. Tanto per essere chiari: si dovrà attuare un “ulteriore coordinamento in materia di bilancio” che “dovrà includere la possibilità di pretendere la revisione di un bilancio nazionale per adeguarlo alle direttive europee”. Se il governo di un Paese, quindi, anziché ricorrere all’austerity e spremere i propri cittadini, decidesse sciaguratamente di finanziare il welfare, sforando nei limiti di budget imposti da Bruxelles, ecco che la Troika di turno arriverebbe a bacchettarlo, facendo carta straccia del bilancio votato da un Parlamento eletto dai cittadini e pretendendo aggiustamenti e correzioni.