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martedì 26 marzo 2013

Dijsselbloem, il tecnocrate "troppo intelligente"

di  Claudio Conti
Contropiano

Dijsselbloem

Le borse ieri sono crollate dopo aver aperto trionfanti, sull'onda del “salvataggio” di Cipro. Ovvero delle sue banche, seppur svuotate dei conti correnti più ricchi (quasi sempre intitolati a russi evasori fiscali) e smembrate (con ondate di licenziamenti in arrivo).

Poi improvvisamente il vento è girato e hanno cominciato a scendere precipitosamente, a velocità direttamente proporzionale allo stato di salute delle ecconomie e dei conti pubblici nazionali.

Come mai?

Gran parte del merito – quasi tutto – va al nuovo presidente dell'Eurogruppo, Jeroem Dijsselbloem, giovane, rampante, strafottente, fotogenico, pieno di sè quanto (probabilmente) di specchi nella sua casa. Il giovane, nell'illustrare i risultati e le misure del “salvataggio” delle banche cipriote, ci ha tenuto a spiegare che questa ristrutturazione dolorosa rappresenta “un modello per risolvere i problemi delle banche di altri paesi europei”. Non pago – o non consapevole - del panico che stava scatenando, ha proseguito la sua dotta dissertazione buttando lì anche la metodologia seguita. «Quello che abbiamo fatto la scorsa notte è buttare indietro il rischio. Se ci sono rischi in una banca la nostra prima questione é: ok, cosa farete voi della banca per risolvere questo? Cosa potete fare per ricapitalizzarvi da soli? Se la banca non può farlo, allora parleremo con gli azionisti e gli obbligazionisti e chiederemo loro di contribuire a ricapitalizzare la banca e, se necessario, ci rivolgeremo ai titolari di depositi non assicurati».

Difficile definire “parlare” una comunicazione da Bruxelles che dice “i vostri soldi da questo momento sono nostri”; ma non stiamo qui a discutere di semantica.

Il problema vero è “il modello per le banche europee in difficoltà”. Se questa procedura, invece di essere un improbabile “caso unico”, diventa la “cura normale” in caso di crisi bancaria, allora non c'è più alcuna banca europea dove i soldi possono stare al sicuro. O meglio: le banche dei paesi Piigs sono sicuramente a rischio immediato, quelle dei paesi forti sono per il momento più sicure (a lungo andare si vedrà).

venerdì 15 marzo 2013

La democrazia sostituita dal "pilota automatico"

Draghi ai disorientati giornalisti che cercavano di condividere con lui la propria confusione: «Dovete considerare che gran parte delle misure italiane di consolidamento dei conti continueranno a procedere con il pilota automatico».

di  Dante Barontini
Contropiano

pilota automaticoMario Draghi dice quel che nessuno vuol sentire: "non contano i risultati elettorali, né in Italia né altrove; abbiamo creato un pilota automatico per imporre il consolidamento di bilancio". Chiunque vinca.

Quando la verità è agghiacciante, c'è sempre un tecnico che ha l'obbligo di dirla. Un po' come la “lettera scomparsa”, che sta davanti agli occhi di tutti. La questione del vero “programma di governo” che da Palazzo Chigi o altrove sarà calato su questo paese è stata “rivelata” ancora una volta da Mario Draghi, presidente della Bce, quella banca centrale politicamente irresponsabile (in senso tecnico, perché non ha nessun governo o parlamento continentali in grado di “condizionarla”) che ordina “riforme strutturali” ai singoli governi nazionali dimentica di avere – unica al mondo – uno statuto illogico che la obbliga a tener conto solo del tasso d'inflazione. La quale, perciò, non possiede strumenti ordinari di intervento sui mercati oltre il banale e ormai spuntato gioco sui tassi di interesse. E che, inoltre, quando ha reso iniziative “non convenzionali” (ovvero non previste dallo statuto) è stata duramente bacchettata dalla vera banca centrale europea: Bundesbank.

La lunga premessa serve solo a ricordare l'assetto squilibrato del pulpito da cui Mario Draghi ha parlato negli ultimi giorni per mostrare la “grande tranquillità” sua e dei mercati (spesso anche lui sembra confondere i due ambiti) davanti ai risultati imprevisti delle elezioni italiane.

In sintesi: «questa è la democrazia», specie in un sistema monetario con 17 paesi (18 da luglio, entra la Croazia) all'interno dei quali si vota più volte nell'arco di quattro o cinque anni. Ma la democrazia, per l'appunto, è quel regime politico in cui le elezioni determinano cambiamenti nelle figure di governo, mutamenti orientati da valori anche ideali o ideologici, e quindi mutamenti anche notevoli nell'ordine delle priorità. Potenzialmente un caos, insomma, tra popoli differenti, sistemi industriali disomogenei, culture e sistemi legislativi e fiscali anche molto diversi.

Come fa, dunque, Draghi a rimanere calmo e a presentare “i mercati” sulla sua stessa lunghezza d'onda?

martedì 11 dicembre 2012

L'uscita di Mario Monti è l'unico modo per salvare l'Italia

Voci dall’Estero

Anche
Evans Pritchard dal Telegraph prende le distanze dal coro: Mario Monti sarà pure un grande gentleman eropeo, ma è anche un sommo sacerdote del progetto UE  e un protagonista dell'adesione dell'Italia all'euro, la valuta sbagliata.

monti_euro
di Ambrose Evans Pritchard - L'Italia ha solo un grave problema economico. Ha la valuta sbagliata.

Il paese è più ricco della Germania in termini pro capite, con circa 9.000 miliardi di € di ricchezza privata. Ha il più grande avanzo primario nel blocco dei G7. Il suo debito pubblico e privato combinato è al 265pc del PIL, inferiore a quello di Francia, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti o Giappone.

Il paese si piazza in cima alla graduatoria dell'indice del Fondo Monetario Internazionale per "sostenibilità del debito a lungo termine" tra i principali paesi industrializzati, proprio perché ha riformato da tempo il sistema pensionistico sotto Silvio Berlusconi.

"Hanno un vivace settore delle esportazioni, e un avanzo primario. Se c'è un paese nell'UEM che potrebbe trarre beneficio dal lasciare l'euro e dal ripristino della competitività, è l'Italia, ovviamente", ha dichiarato Andrew Roberts di RBS.

"I numeri sono davanti a noi. Pensiamo che la storia del 2013 non è quella di paesi costretti a lasciare l'UEM, ma di paesi che scelgono di andarsene. "

Una studio di "teoria dei giochi" condotto da Bank of America ha concluso che l'Italia avrebbe da guadagnare più degli altri membri dell'UEM da un'uscita e dal ripristino di un controllo sovrano sulle leve di politica economica.

giovedì 26 luglio 2012

Il mercato non si autoregola mai, compete e basta

di Roberto Marchesi
Rinascita

mercatiAltro che “interesse dei consumatori”, altro che “libero”: è una gabbia per aumentare i profitti dei pochi

I mercati, per funzionare bene, devono essere lasciati assolutamente liberi di muoversi, perché è solo con una competizione completamente libera che i prezzi scendono e le popolazioni possono acquistare prodotti di ogni tipo a prezzi accessibili.”

Questa favola, ad uso della gente comune che non ha né tempo né voglia di occuparsi più a fondo dei segreti che muovono i mercati, viene usata quotidianamente in forma di bombardamento mediatico per far credere una verità che è vera solo in parte, quindi falsa.

E’ vero che una sana competizione nei mercati interviene a deprimere i prezzi, ma è ancor più vero che occorrono regole molto severe ad evitare che la competizione, lasciata troppo libera, si spinga a fare cose che non sono assolutamente nell’interesse della popolazione.

Un esempio (persino banale) è quello delle sofisticazioni sui generi alimentari. In un mercato completamente libero la competizione sul prezzo porta alcuni produttori senza scrupoli a immettere sul mercato generi alimentari che possono essere dannosi per la salute di chi li consuma. E’ vero che in questo caso molti organi di informazione provvedono a informare il consumatore sul pericolo presente, ma e’ vero anche che, finché tali prodotti hanno libertà di circolare, finiscono per essere comunque acquistati da qualcuno. E sono ovviamente le fasce più povere della popolazione che, per diverse ragioni, li acquistano diventandone le vittime. E’ per questa ragione che ogni paese evoluto ha istituito organismi di controllo e regole per contenere l’eccessiva libertà dei mercati quando questa va a scapito della salute.