di Zag(c)
Bella ciao
A Taranto si ripeterà il solito copione di sempre. La difesa ad oltranza dell’esistente, un pò di soldi che arriveranno dal cielo da regalare al politico di turno che li spargerà a pioggia accontentato prime gli uni , ( i soliti) e qualcosa anche agli altri ( per accontentarli) E la storia si ripeterà drammaticamente, sempre più in tragedia. E’ già successo altrove è già successo anche a Taranto in questi cinquant’anni di inquinamenti e disastri ambientali.
Ma al di là del contentino in danaro , la logica non cambia. E’ la conservazione dell’esistente , degli equilibri raggiunti, la mancanza di visione del futuro diverso dall’oggi. La mancanza di una progettualità di una programmazione di una politica industriale, di un cammino . Quando una produzione industriale raggiunge la sua maturità , diventa obsoleta , si continua a foraggiarla di finanziamenti a fondo perduto, pur di tenerla in piedi, pur di non affrontare la realtà. E’ successo per le industrie del carbone e dell’alluminio in Sardegna è successo e succede per l’industria automobilistica è successo e succede per l’industria siderurgica di Taranto.
La produzione dell’area a caldo di Taranto è tecnologicamente obsoleta. Il processo produttivo dell’altiforno( Taranto ne ha cinque di cui il quinto è il più grande d’Europa ) per la produzione della ghisa attraverso il passaggio dell’agglomerato per la pezzatura del calcare e della cokeria per la formazione dal carbon fossile in carbone coke è un processo degli anni ’70. Produzione altamente inquinante, un processo altamente costoso in termini energetici e un processo rigido in quanto la produzione non può mai smettere , si può ridurre , ma non più di tanto, deve andare. Tecnica produttiva datata anni ’70 fatta di megastrutture (Nota a margine), per la produzione di scala quando il mercato mondiale richiedeva grandi quantità di acciaio, anche di scarsa qualità.
Oggi questo tipo di impianti non sono più sul mercato. Infatti il gruppo Riva mantiene gli impianti a marcia ridotta e compra le bramme ( prodotto output del ciclo a caldo ed input del ciclo della laminazione) dall’estero . Compra pani di ghisa da trasformare in acciaio nell’acciaieria( Taranto ha due acciaierie con tre forni Martin Siemens ciascuno) saltando così il ciclo degli altiforni. Cosa fanno gli altri? Come si evoluto il processo produttivo per la produzione dell’acciaio? Saltando a piè pari i processi che va dall’agglomerazione del calcare e del trattamento del carbone fossile e del processo per la produzione di ghisa attraverso gli altiforni attraverso i processi Finex e Corex.
Questo processi produttivi non solo sono vantaggiosi dal punto di vista energetico, e quindi di costi, ma sono notevolmente al di sotto dei valori di inquinamento del processo tradizionale. Sono flessibili in funzione della domanda del mercato Cosa significa trasformare un impianto a caldo tradizionale con i nuovi impianti? Significa buttare giù tutto e ricostruire con un impegno finanziario di decina e decine di miliardi ed un tempo di qualche decina d’anni. Impensabile , sopratutto da parte di un privato e di questi temi. Riva a comprato l’Italsider per 3 mila miliardi di vecchie lire in tre trance. ( con l’accondiscendenza di Prodi preidente dell’IRI, e il beneplacido di Dini, cognato di Riva( si diceva) presidente del consiglio, nella stagione della più grande privatizzazione di sempre.
Qui si parla di decine di miliardi di Euro e su un mercato, quello dell’acciaio, che comunque rimane un mercato di nicchia e non certo innovativo e ad alto valore aggiunto E allora? Allora significa prendere atto della realtà. Fare i conti sia in termini politici che economici e fare un salto di fantasia realistica oltre che politica. Si fa a meno dell’area a caldo, cosa che di fatto già oggi la famiglia Riva fa. Si restituisce tutto il terreno attualmente accupato dagli impianti del ciclo a caldo alla città , si attua un piano di bonifica e di risanamento impegnando sia gli operai che attualmente sono impiegati in questo ciclo di lavorazione, riqualificandoli, sia tutte le forze giovani, laureati impegnati in scienze ambientali e ingegneristiche. Restituire quei terreni a verde pubblico, a parchi ecologici ad aziende e cooperative di allevamento del bestiame ( recuperando le migliaia di capi di ovini macellati perché inquinati di diossina) e coltivazione agroalimentari ( aziende fallite e chiuse a causa dell’inquinamento) Restituire il mare al suo naturale e millenario utilizzo. La coltivazione dei mitili Anche qua restituendo la natura alla sua millenaria e storica destinazione d’uso da parte di questa popolazione.
Chi Paga? Seconda la legge europea e secondo il buon senso popolare "Chi inquina Paga" Riva deve pagare almeno per il 60% delle spese per la bonifica nell’immediato e destinare il 5% del suo fatturato annuo per il progetto a lungo e medio termine. La restante parte lo Stato , corresponsabile di questo disastro ambientale . E se Riva non cista? Quella è la porta di casa e fuori! I suoi 3 mila miliardi sono stati in questi anni ben ripagati e remunerati, rifatti con lauti interessi. Ha rubato territorio ed inquinato. Ha sfruttato manodopera e giovani laureati a 800 euro al mesoe ricattando genitori e tutta una città. Se vuoi andare vai! Va dove ti porta il portafogli. e senza indennizzo
Chi controlla? Di sicuro fuori i partiti e i politicanti da questo gioco. Altrimenti la fine sarà quella di Cornigliano e di Bagnoli. Comitati di progettazione e di realizzazione, formate attraverso bandi di concorsi europei con la partecipazione dei lavoratori della fabbrica e della città attraverso presentazione di curriculum professionali che attestino la loro esperienza internazionale. La commissione aggiudicatrice dovrà anch’essa essere formata a livello internazionale attraverso un grande progetto di bonifica ecosostenibile , pubblico e trasparente. Revisione immediata dei mandati e la prestazione deve essere a titolo gratuito.
E’ possibile? E’ realistico? Con questo ceto politico , nel contesto dato assolutamente no! Persino le forze sociali e politiche che apparentemente sembrano avanzate non fanno che ripetere vecchi slogan del mantenimento dell’esistente e del mantenimento dei posti di lavoro. E’ una vecchia strada, un percorso già fatto. E ideologicamente succube alla logica capital assistenzialista e non ci fa fare nemmeno un passo avanti rispetto ad una logica ed un modo di produrre e di sviluppo diverso, altro. A Taranto non solo è il processo produttivo dell’area a caldo ad essere obsoleto, ma denuncia anche che è la logica politica di tutti, nessuno escluso, ad essere vecchio e stantio.
Nota a margine l’Ilva di Taranto si estende per due volte e mezza la città 15.000.000 di metri quadrati. Ha due centrali termoelettriche da 600 MW ciascuna ed una rete ferroviaria lunga 200 km, una rete stradale di 50 km e 190 km di nastri trasportatori.
Ogni anno sbarcano a Taranto circa 21 milioni di tonnellate di materiali (minerali, fossili, coke, ghisa in pani, bricchette e ferroleghe E dalla città ripartono più di 9 milioni di materiali, l’85% inviato via mare e il 15% via terra.
Dati della perizia della magistratura solo nel 2010 lo stabilimento siderurgico ha emesso dai propri camini oltre 4 mila tonnellate di polveri, 11 mila tonnellate di diossido di azoto e 11 mila e 300 tonnellate di anidride solforosa (oltre a: 7 tonnellate di acido cloridrico; 1 tonnellata e 300 chili di benzene; 338,5 chili di IPA; 52,5 grammi di benzo(a)pirene; 14,9 grammi di composti organici dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani (PCDD/F).
Il gruppo Riva afferma che dopo le opere di adeguamento lo stabilimento emette 2148 tonnellate di polveri; 8800 chili di IPA; 15 tonnellate e 400 chili di benzene; 130 tonnellate di acido solfidrico; 64 tonnellate di anidride solforosa e 467 tonnellate e 700 chili di Composti Organici Volatili.
I dati non possono essere verificabili, in quanto il gruppo Riva non ha mai consentito di poter effettuare rilevamenti sui camini direttamente ( E132 per esempio) e in maniera on-line e in continuo, ma solo dopo preavviso di una settimana e concordando luoghi e date del prelevamento. (come previsto dalla legge regionale sulla Diossina)
Fonte: Bella ciao 4 Agosto 2012
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