di Antonio Mazzeo
Borse in picchiata, tagli draconiani a istruzione, sanità, pensioni e stipendi, ma intanto crescono a dismisura e segretamente le spese per l’acquisto di nuovi sistemi di guerra da destinare alle nostre forze armate. Gli ultimi gioielli di morte vengono dagli Stati Uniti d’America: due velivoli senza pilota UAV Predator, nella versione B “MQ-9 Reaper” per il bombardamento teleguidato contro obiettivi terrestri.
A darne notizia non è il ministro della difesa italiano, come ci si aspetterebbe, ma il Dipartimento della difesa USA. “Il contratto, per un valore di 15 milioni di dollari, è stato sottoscritto dall’Aeronautica Militare italiana e prevede pure la fornitura di tre radar LYNX Block 30 e un motore di ricambio”, annuncia Washington.
L’acquisizione rientra all’interno del cosiddetto Foreign Military Sales (FMS), il programma per la vendita a paesi terzi di sistemi d’arma prodotti negli Stati Uniti con l’interposizione del Pentagono. In sostanza l’Aeronautica non potrà acquistare direttamente gli UAV dall’industria produttrice (la General Atomics Aeronautical Systems di San Diego, California) ma dovrà affidarsi agli intermediari della Defense Security Cooperation Agency.
Subito dopo la consegna, i due velivoli “MQ-9 Reaper” saranno trasferiti al 28° Gruppo Velivoli Teleguidati “Le Streghe” di Amendola (Foggia), l’unico reparto italiano dotato di velivoli senza pilota, il primo in Europa a fornirsi di sistemi UAV. Il gruppo ha già a disposizione sei “Predator” nella versione A “RQ-1B” (per le missioni d’intelligence, sorveglianza, riconoscimento degli obiettivi e per la lotta all’immigrazione “clandestina”) e due nella versione “MQ-9 Reaper”.
Si tratta di strumenti militari sofisticatissimi e particolarmente costosi. Per l’acquisto (nel 2004) dei primi cinque sistemi Predator, l’Italia ha speso 47,8 milioni di dollari; due anni più tardi è arrivato un secondo lotto di due velivoli e relativi mezzi di supporto per 16 milioni di dollari (un UAV era intanto precipitato in fase di addestramento). Dopo aver utilizzato i Predator in missioni di guerra in Iraq ed Afghanistan, l’Aeronautica militare ha chiesto di acquistare pure il modello “Reaper” che può essere armato con missili e bombe a guida laser.
Il 12 febbraio 2008, la Commissione difesa della Camera ha autorizzato la spesa sino a 80 milioni di euro per l’acquisizione di quattro Predator B e relativi sensori, sistemi di controllo a terra e supporti logistici, con termine il 2011. Per ottenere il consenso unanime al nuovo sistema d’attacco, l’allora sottosegretario ulivista Giovanni Lorenzo Forcieri assicurò che i “Reaper” avrebbero avuto il ruolo di meri ricognitori e che non sarebbero stati armati.
“L’opzione di dotare i Predator di armamenti potrà avvenire solo dopo un’eventuale autorizzazione del Parlamento”, spiegò Forcieri. Il contratto con la General Atomics Aeronautical Systems fu sottoscritto nel febbraio 2009 e i velivoli divennero operativi ad Amendola nell’estate 2010.
Glissando il dibattito alle Camere, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha autorizzato l’uso dei “Reaper” contro obiettivi in Libia a partire dello scorso 10 agosto, nell’ambito dell’operazione Unified Protector. Stando all’Aeronautica, i velivoli sono stati impegnati “senza armi” in “attività di ricognizione e sorveglianza durate all’incirca 12 ore ciascuna”. È forte il sospetto, tuttavia, che i Predator italiani siano stati impiegati anche in vere e proprie operazioni di strike.
Con una lunghezza di undici metri e un’apertura alare di venti, il “Reaper” assicura maggiori prestazioni dei Predator A in termini di raggio d’azione (3,200 miglia nautiche), altitudine di crociera (15.000 metri), autonomia di volo (tra le 24 e le 40 ore), velocità (440 Km/h) e carico trasportabile (quasi 1.800 kg). A differenza della prima versione per la “ricognizione”, il nuovo UAV può essere armato con missili “Hellfire”, bombe a guida laser Gbu-12 “Paveway II” e Gbu-38 “Jdam” (Joint direct attack munition) a guida Gps.
La postazione standard consiste in una stazione di controllo a terra che, grazie al data-link satellitare, può guidare il velivolo anche oltre la linea dell’orizzonte. Il Predator B può essere trasportato a bordo di un aereo C-130 ed essere reso operativo in meno di dodici ore.
Il 28° Gruppo Velivoli Teleguidati “Le Streghe” è alle dipendenze del 32° Stormo AMI “Armando Boetto” di Amendola, uno dei reparti più importanti dal punto di vista operativo e strategico delle forze armate italiane. Oltre al gruppo di controllo degli sistemi UAV, il 32° Stormo sovrintende alle attività del 13° Gruppo, dotato di cacciabombardieri AM-X, già impegnato a fine anni ’90 nelle operazioni di guerra in Bosnia e Kosovo, successivamente in Afghanistan e più recentemente in Libia. Gli AM-X di Amendola hanno funzioni di routine nell’interdizione e nel supporto aereo alle forze terrestri e navali e partecipano periodicamente a importanti esercitazioni militari in Canada, Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Egitto ed Israele.
Amendola è destinata a divenire entro un paio d’anni la prima base italiana per i nuovi cacciabombardieri Lockheed Martin F-35 (Joint Strike Fighter) che nelle intenzioni del ministero della Difesa sostituiranno prima gli AM-X e poi i Tornado.
L’Italia si è impegnata ad acquisire 131 velivoli per la folle spesa di 16 miliardi di euro. Sempre che i prototipi riescano a superare i test di volo e si risolvano i numerosi problemi tecnici e progettuali di quello che è ormai il programma più controverso e più costoso della storia dell’aviazione militare mondiale.
Fonte: AgoraVox 15 Novembre 2011
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