Il capo dello stato israeliano ieri sera ha chiesto al mondo di agire per fermare i presunti piani militari nucleari dell’Iran. Ha anche invitato il premier Netanyahu alla prudenza. In realtà ha confermato che l’attacco all’Iran si farà.
Gerusalemme, 05 novembre 2011, Nena News – In apparenza ieri sera è sceso in campo anche il presidente israeliano Shimon Peres per frenare il piano che il premier Netanyahu e il ministro della difesa Barak starebbero mettendo a punto per colpire nelle prossime settimane o mesi, con un raid aereo, le centrali atomiche iraniane. Ma l'intervista che ha concesso alla televisione commerciale Canale 2 è stata in realtà un altro tassello di un progetto mediatico di "avvertimento" al mondo.
Del tipo: «Agite o attaccheremo». «I servizi d’intelligence di vari Paesi stanno guardando i loro orologi e avvertono i loro leader che non rimane molto tempo. Non so se questi leader mondiali agiranno sulla base di questi avvertimenti», ha avvertito Peres. Poi però ha detto che l’Iran potrebbe essere a sei mesi dal diventare un paese dotato di armi nucleari e tocca ad Israele «avvertire il mondo del pericolo». Certo il capo di stato ha anche consigliato a Netanyahu, «di valutare le varie alternative, di agire con cervello, senza farsi trascinare dai nervi» ma l’impressione è che Peres abbia voluto più di tutto contribuire a creare il clima internazionale idoneo alla giustificazione dell’attacco. L’Iran respinge l’accusa, che viene da Tel Aviv e Washington, di voler produrre non solo energia elettrica ma anche ordigni nucleari nelle sue centrali. Tehran ricorda che Israele è l’unico Stato del Medio oriente che possiede segretamente bombe atomiche e minaccia, in caso di attacco israeliano, una reazione devastante.
Fare previsioni è arduo ma Israele potrebbe prendere una decisione definitiva, se attaccare o meno, già nei prossimi giorni quando l’Agenzia atomica internazionale (Aiea) pubblicherà il suo ultimo rapporto sui programmi nucleari iraniani. Secondo il sito del quotidiano Haaretz, l’Aiea dovrebbe riferire di aver accertato la presenza di siti sospetti in Iran, dove verrebbero o potrebbe essere effettuati esperimenti atomici.
I media israeliani nei giorni scorsi hanno ampiamente riferito dei preparativi di guerra. Netanyahu e Barak starebbero facendo tutto il possibile per raggiungere la maggioranza in seno al gabinetto di sicurezza (sette ministri), necessaria per dare il via libera al raid aereo. Tra i ministri che appoggiano Netanyahu c’è quello degli esteri e leader ultranazionalista Avigdor Lieberman che appena qualche giorno fa ha denunciato l’Iran come «il principale pericolo per la stabilità dell’ordine mondiale». «Il mondo – ha aggiunto Lieberman – deve prendere decisioni e far rispettare le sanzioni contro la banca centrale iraniana. La comunità internazionale deve interrompere gli acquisti di petrolio dall’Iran».
Non siamo ancora all’ultimatum ma poco ci manca. Il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che verrà reso noto l’8 novembre, sarà decisivo per le scelte di Israele. Almeno questo è quanto lasciano capire gli stessi leader politici israeliani. Quanto gli Stati Uniti in questa fase siano sulla stessa lunghezza d’onda di Netanyahu e Barak è difficile decifrarlo. Barack Obama però non ha mai escluso l’opzione dell’uso della forza contro Tehran e il segretario alla difesa Leon Panetta sull’argomento è molto meno prudente del suo predecessore Robert Gates. Washington però non vuole attacchi a sorpresa e Panetta, durante il suo recente viaggio in Medio Oriente, ha ottenuto dal governo Netanyahu ampie assicurazioni. Vuol dire che i due paesi attaccheranno insieme, magari con la collaborazione di qualche alleato arabo? L’ipotesi non è infondata.
Che la guerra si sia fatta più vicina lo dice anche la resistenza più debole che oppongono all’attacco i comandanti delle Forze Armate e dei servizi segreti, ossia coloro che, secondo quanto aveva riferito venerdì scorso su Yediot Ahronot uno dei giornalisti israeliani più noti, Nahum Barnea, più di altri si sono schierati con forza contro le intenzioni di Netanyahu. Ora cominciano a cedere sotto le pressioni del premier dopo aver sottolineato per mesi le conseguenze devastanti che avrebbe il raid contro le centrali iraniane, peraltro inutile perché servirebbe a rinviare di poco i programmi di Tehran.
In Iran, naturalmente, seguono con attenzione ciò che si discute in Israele e nella Repubblica islamica non manca chi lancia avvertimenti pesanti come macigni. Il capo di stato maggiore, generale Hassan Firouzabadi, ad inizio settimana ha minacciato di «far rimpiangere un simile errore» a Israele e messo in guardia anche Washington. «Se il regime sionista (Israele) ci attaccherà, saranno colpiti anche gli Stati Uniti», ha detto. L’Iran appare in grado di rispondere ad un blitz delle forze aeree israeliane con il lancio di decine, forse di centinaia di missili balistici verso il territorio dello Stato ebraico. Tehran inoltre potrebbe sferrare un’offensiva contro gli alleati arabi degli Stati Uniti mettendo a ferro e fuoco l’intero Medio oriente. Ha anche la possibilità di bloccare lo Stretto di Hormuz paralizzando il trasporto marittino del greggio con effetti devastanti per le economie occidentali. - Nena News
Fonte: Nena News
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