Pubblicato su Youtube da informarexresistere in data 26 Dicembre 2012
Il sapere è un'arma - http://www.informareXresistere.fr
martedì 22 gennaio 2013
Perché gli USA hanno bisogno delle primavere arabe prima della Terza Guerra Mondiale?
venerdì 4 novembre 2011
Guerra Globale: Mirare all'Iran: prepararsi per la Terza Guerra Mondiale
di Michel Chossudovsky
Global Research
Il dispiegamento militare delle forze USA-NATO si sta verificando in diverse regioni del mondo contemporaneamente.
La militarizzazione a livello globale è organizzata attraverso la struttura di comando unificata dei militari americani: l'intero pianeta è diviso in Comandi Combattenti geografici sotto il controllo del Pentagono. Secondo l'ex Comandante generale della NATO Wesley Clark, la road-map militare del Pentagono consiste in una sequenza di teatri di guerra: "Il piano per la campagna quinquennale[include] ... un totale di sette paesi, a partire dall'Iraq, poi Siria , Libano, Libia, Iran, Somalia e Sudan."
Il progetto militare globale del Pentagono è la conquista del mondo.
Una guerra contro l'Iran è nei piani del Pentagono dal 2004.
Il presunto programma di armi nucleari dell'Iran è il pretesto e la giustificazione. Teheran viene anche identificato come "Stato sponsor del terrorismo", con l'accusa di sostenere la rete di Al Qaeda.
Dopo i recenti sviluppi, ciò che si sta svolgendo è un piano integrato di attacco contro l'Iran guidato dagli Stati Uniti, con la partecipazione del Regno Unito e di Israele.
Mentre i media hanno presentato la pianificazione militare israeliana e britannica riguardante l'Iran come iniziative distinte, ciò che stiamo affrontando è uno sforzo militare integrato e coordinato guidato dagli Stati Uniti.
Ai primi di novembre, Israele ha confermato che si sta preparando a lanciare attacchi aerei contro gli impianti nucleari iraniani, senza tuttavia riconoscere che questo avverrebbe come parte di un'iniziativa guidata dagli Stati Uniti:
Secondo quanto riferito, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha recentemente cercato di ottenere il sostegno del governo per un attacco militare contro i siti nucleari della Repubblica islamica dell'Iran. In uno sforzo comune con il ministro della difesa Ehud Barak, Netanyahu è riuscito a strappare il supporto per un atto così sconsiderato agli scettici che si erano già opposti a lanciare un attacco contro l'Iran. Tra coloro che egli è riuscito a convincere c'è il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman.
Nel governo israeliano ci sono ancora alcuni che sono contrari a una tale mossa, inclusi il ministro dell'Interno Eli Yishai del partito ultra-ortodosso Shas, il ministro dell'Intelligence Dan Meridor, il ministro per gli Affari Strategici e confidente di Netanyahu Moshe Yaalon, il ministro delle Finanze, Yuval Steinitz, il capo dell'esercito Benny Gantz , il capo dell'agenzia di intelligence israeliana Tamir Pardo, il capo dell'intelligence militare Aviv Kochavi e il capo dell'Agenzia di Intelligence Nazionale di Israele Yoram Cohen.
Comunque, il sostegno espresso dal ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman è considerato un asso nella manica di Netanyahu, che gode anche del sostegno incondizionato di Washington.
In uno sfoggio di abilità militare e di evidente politica del rischio calcolato, Israele ha testato il lancio di un missile nucleare, Mercoledì, cosa che non può essere considerata una coincidenza vista la minaccia fatta da Netanyahu (Ismail Salami. Un Attacco di Israele contro l'Iran: suicidio militare, Global Research, 3 Novembre 2011)
Nel frattempo, anche il governo britannico ha dichiarato che parteciperà a un attacco guidato dagli Stati Uniti contro l'Iran:
Il Ministero della Difesa ritiene che gli Stati Uniti potrebbero decidere di mandare avanti i piani per attacchi missilistici mirati ad alcune strutture chiave iraniane. I funzionari britannici dicono che se Washington persisterà nella richiesta, riceverà l'aiuto militare del Regno Unito per qualsiasi missione, nonostante alcune profonde riserve all'interno della coalizione di governo.
In previsione di un potenziale attacco, gli strateghi militari britannici stanno esaminando dove sia meglio dispiegare le navi della Marina Reale e i sottomarini dotati di missili da crociera Tomahawk nei prossimi mesi, come parte di quella che sarebbe una campagna aerea e via mare.
Credono anche che gli Stati Uniti chiederebbero il permesso di lanciare attacchi da Diego Garcia, territorio britannico nell'Oceano Indiano, che gli americani hanno usato in precedenza per i conflitti in Medio Oriente. (The Guardian, 2 nov 2011 http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=27439)
La guerra contro la Siria
C'è una tabella di marcia militare caratterizzata da una sequenza di teatri di guerra USA-NATO.
Sulla scia della guerra in Libia, ci sono anche piani di guerra contro la Siria sotto la Responsabilità di Proteggere(R2P) della NATO. Questi piani sono integrati con quelli relativi all'Iran. La strada per Teheran passa per Damasco. Una guerra contro l'Iran promossa dagli USA e dalla NATO comporterebbe, come primo passo, una campagna di destabilizzazione ("cambio di regime"), comprese le operazioni segrete di intelligence a sostegno delle forze ribelli contro il governo siriano
Il mondo è ad un bivio pericoloso.
Se un'operazione militare USA-NATO fosse lanciata contro la Siria o l'Iran, la più ampia regione del Medio Oriente dell'Asia centrale, che si estende dal Nord Africa e dal Mediterraneo orientale fino al confine Afghano-Pakistano con la Cina, verrebbe risucchiato nel turbine di un'estesa guerra regionale .
Ci sono attualmente quattro distinti teatri di guerra: Afghanistan-Pakistan, Iraq, Palestina e Libia.
Un attacco alla Siria porterebbe all'integrazione di questi teatri di guerra, e alla fine ad una più ampia guerra in Medio Oriente-Asia Centrale.
A sua volta, una guerra contro la Siria evolverebbe verso una campagna militare USA-NATO diretta contro l'Iran, in cui la Turchia e Israele sarebbero direttamente coinvolti. Contribuirebbe anche alla destabilizzazione in corso nel Libano.
Centrale per l'accordo sulla guerra, è la campagna mediatica che assicura la sua legittimazione agli occhi dell'opinione pubblica. Prevale una dicotomia bene contro male. Gli autori della guerra sono presentati come vittime. L'opinione pubblica è fuorviata: "Dobbiamo lottare contro il male in tutte le sue forme per preservare lo stile di vita occidentale." Interrompere la "grande bugia", che sostiene la guerra come impegno umanitario, significa interrompere un progetto criminale di distruzione globale, in cui la ricerca del profitto è la forza principale. Quest'agenda militare spinta dal profitto distrugge i valori umani e trasforma le persone in zombie inconsapevoli.
Lo svolgimento di manifestazioni e proteste di massa contro la guerra non è sufficiente. Ciò che serve è lo sviluppo di una rete di base contro la guerra ampia e ben organizzata, in tutto il paese, a livello nazionale e internazionale, che sfidi le strutture del potere e dell'autorità. La gente deve mobilitarsi non solo contro l'agenda militare, ma anche l'autorità dello stato e dei suoi funzionari deve essere messa in discussione. Questa guerra può essere evitata se la gente affronterà i governi con forza, farà pressione sui suoi rappresentanti eletti, organizzando un passa parola a livello locale, in città, villaggi e comuni, informando i loro concittadini per discutere le implicazioni di una guerra nucleare, avviando un dibattito e una discussione all'interno delle forze armate.
L'obiettivo è quello di invertire con forza le sorti della guerra, sfidare i criminali di guerra con alte cariche e i potenti gruppi di lobby corporative che li sostengono.
Rompere l'inquisizione americana.
Minare la crociata militare USA-NATO-Israele .
Chiudere le fabbriche di armi e le basi militari.
I membri delle forze armate dovrebbero disobbedire agli ordini e rifiutarsi di partecipare ad una guerra criminale.
Portare a casa le truppe.
Fonte: Global Research 3 Novembre 2011
Traduzione: Anna Moffa per ilupidieinstein.blogspot.com
venerdì 11 marzo 2011
L'incubo ricorrente della Terza Guerra Mondiale
Come ho più volte esposto in questo blog, gli Stati Uniti e la NATO si stanno preparando certamente ad una grande guerra, visto il grande dispiegamento di armi nuove e convenzionali, in mare, terra e spazio. La NATO sta intessendo anche una grande rete di alleanze strategiche, in nome del Nuovo Concetto di Difesa Strategica e tutto questo, naturalmente, per proteggerci dal terrorismo internazionale.
I paesi della NATO ed altri paesi che, condividendo le stesse preoccupazioni, hanno stretto accordi, come ad esempio la Nuova Zelanda, vengono "gentilmente pattugliati" da aerei NATO.
Nel corso degli ultimi anni, non sono mancati gli allarmi, lanciati da importanti storici ed altri analisti anche se, nessuno può prevedere cosa accadrà, con certezza matematica. Ma adesso, anche un ex analista tecnico di Goldman Sachs, ha dichiarato a Fox News che ci sarà una Terza Guerra Mondiale, come avevano già affermato in precedenza, Gerald Celente e Marc Faber, personaggi non trascurabili. Certamente le loro previsioni non vanno sottovalutate. Speriamo solo che si sbaglino. Dakota Jones
L'ex analista di Goldman Sachs Charles Nenner si unisce a Marc Faber e Gerald Celente nel predire una grande guerra
Da washingtonsblog
Ho scritto nel 2009:
L'affermazione che l'America avrebbe lanciato altre guerre per aiutare l'economia è scandaloso, giusto?
Certamente.
Ma l'economista Marc Faber ha ripetutamente affermato che il governo americano inizierà nuove guerre in risposta alla crisi economica:
Faber è pazzo?
Forse. Ma il maggior previsore di tendenze, Gerald Celente, è daccordo.
Justin Raimondo di Antiwar scrive:
Come ha affermato l'altro giorno Gerald Celente, uno dei pochi previsori economici che ha predetto il crollo del 2008, "I governi sembrano essere incoraggiati dai loro fallimenti." Quello che recentemente il generale William E. Odom ha descritto come "il peggior disastro strategico nella storia militare americana" – l'invasione dell'Iraq – sarà seguita da un'operazione militare molto più grande, che graverà su di noi per molti anni a venire. Questa sembra certamente una prova a sostegno della tesi di Celente, e l'uomo che ha predetto il crollo del mercato azionario del 1987, la caduta dell'Unione Sovietica, l'esplosione dot-com, il rialzo del mercato dell'oro, la recessione del 2001, la bolla immobiliare, il "panico del 2008," e che ora sta parlando dell'inevitabile scoppio della bolla"salvataggio", ha altre cattive notizie:
"Data la tendenza dei governi a trasformare enormi fallimenti in mega-fallimenti, il corso classico che seguono, quando tutto il resto fallisce, è quello di portare la loro nazione in guerra."
Mentre la crisi economica si intensifica e il sistema delle banche centrali basato sul debito, da segni di non poter più ri-gonfiare la bolla con la creazione di attività dal nulla, una logica economica e politica per la guerra, è facile da trovare; perchè, se la dottrina keynesiana secondo cui la spesa pubblica è l'unico modo per noi di tirarci fuori da una depressione economica, è vera, le spese militari sicuramente sono il modo più rapido per iniettare "vita" in un sistema in fallimento. Questo non funziona, economicamente, dal momento che la crisi è solo mascherata dall'atmosfera di guerra dell'emergenza e "temporanea" privazione. Politicamente, tuttavia, è un salvavita per la nostra élite dominante, che si sforza di allontanare la colpa da se stessa verso qualche bersaglio "straniero".
È il trucco più vecchio del libro, e si sta svolgendo davanti ai nostri occhi, mentre gli Stati Uniti si preparano ad inviare ancora più truppe sul fronte afghano e minacciano l'Iran con draconiane sanzioni economiche, un passo o due dalla guerra aperta.
Una depressione economica incombente e la terribile prospettiva di un'altra grande guerra – lo scenario peggiore - sembra svolgersi, come un incubo ricorrente...
Celente ha identificato diverse bolle, la più recente è la "bolla del salvataggio," che si prevede possa scoppiare in qualsiasi momento, e dopo potrebbe seguire ancora un'altra bolla che Celente chiama "la madre di tutte le bolle," che imploderà con un clamoroso fragore che sarà sentito in tutto il mondo – la bolla dell'Impero.
La nostra attuale politica estera di egemonia globale e aggressione sfrenata semplicemente non è sostenibile, non quando siamo sul punto di diventare quello che siamo soliti chiamare un paese del Terzo Mondo, un paese che è in bancarotta e di fronte alla prospettiva di una radicale riduzione del tenore di vita. A meno che, naturalmente, l'atmosfera di "crisi" possa essere sostenuta pressocchè all'infinito.
George W. Bush aveva ripiegato sull'11/9, ma quella canzone diventa più vecchia ogni volta che la cantano. Il nostro nuovo presidente ha bisogno di trovare un equivalente, per distogliere la nostra attenzione da Goldman Sachs verso qualche nemico d'oltremare che, in qualche modo, deve essere ritenuto responsabile per la nostra situazione attuale.
Si dice che il New Deal dell'FDR non ci abbia tirati fuori della grande depressione, ma la Seconda Guerra Mondiale l'ha fatto. La verità è che, in tempo di guerra, quando le persone si apprestano al sacrificio per l'intera durata dell'"emergenza", i problemi economici restano anestetizzati da abbondanti dosi di battiti nazionalisti del petto e rettitudine morale. Le carenze e gli standards di vita in caduta erano mascherati da un sistema di razionamento, in tempo di guerra, e hanno notevolmente abbassato le aspettative. E proprio come la Seconda Guerra Mondiale ci ha abituati al saccheggio economico delle nostre élites ladrone, così la Terza Guerra Mondiale fornirà un sacco di copertura per l'acquisizione virtuale di tutta l'industria da parte del governo e per la demonizzazione di tutti i politici di opposizione come "terroristi".
Un impossibile scenario fantascientifico? Oppure una proiezione ragionevole delle tendenze attuali? Celente, il cui record di previsioni è impressionante, a dir poco, vede la guerra con l'Iran come l'equivalente della Terza Guerra Mondiale, con conseguenze economiche, sociali e politiche che manderanno in tilt ciò che resta del nostro impero. Questo è lo scoppio della bolla "iperpotenza", la presunzione che in qualche modo noi – l'ultima superpotenza rimasta in piedi – sfideremo la storia e il senso comune ed eviteremo la sorte di tutti gli imperi: declino e caduta.
Certamente spero che Faber e Celente si sbaglino. Ma sono entrambi ragazzi molto intelligenti che hanno azzeccato molte delle loro previsioni per decenni. Anche quando le loro previsioni sono state considerate estremamente controverse, al momento, molte di esse si sono rivelate giuste.
Ieri, l'ex analista tecnico della Goldman Sachs, Charles Nenner - che ha fatto alcune importanti ed accurate previsioni, e annovera tra i suoi clienti alcune grandi banche e alcuni principali hedge funds, agenzie di borsa e individui con un alto patrimono netto - ha detto a Fox News che ci sarà "una grande guerra a partire alla fine del 2012-2013", che porterà il Dow Jones a 5000.
Di conseguenza, dice Nenner:
Ho detto ai miei clienti e ai fondi pensione, alle grandi aziende e fondi speculativi di uscire, quasi totalmente fuori dal mercato.
Guarda il video
Come ho più volte documentato, alcuni influenti americani stanno facendo pressione per la guerra, per salvare l'economia americana - cosa che viene spesso chiamata "keynesianesimo militare". Ma, come molti economisti hanno dimostrato, la guerra in realtà è - contrariamente al mito comunemente accettato - un male per l'economia.
Naturalmente, qualcuno che non è gli Stati Uniti potrebbe iniziare una guerra.
Dato che le cattive politiche economiche portano a disordini a livello mondiale, è impossibile prevedere dove una scintilla potrebbe cadere e portare ad una più ampia conflagrazione.
Fonte: washingtonsblog 10 Marzo 2011
Traduzione: Dakota Jones
domenica 16 gennaio 2011
La logica della follia imperiale e il Cammino verso la III Guerra Mondiale
di Andrew Gavin Marshall
Global Research
Definire lo stratagemma Imperiale
Alla fine degli anni '90 Brzezinski disegnò il progetto imperiale dell'America del 21° secolo nel suo libro, "La Grande Scacchiera". Egli affermò senza mezzi termini che "è imperativo che non emerga alcuno sfidante eurasiatico, in grado di dominare l'Eurasia e, quindi, di sfidare l'America", e poi chiarì la natura imperiale della sua strategia:
Per dirla con una terminologia che richiama l'età più brutale di antichi imperi, i tre grandi imperativi della geostrategia imperiale sono evitare la collusione e mantenere la dipendenza dalla sicurezza tra i vassalli, per mantenere tributari docili e protetti, e impedire ai barbari di avvicinarsi [1].
Egli ha inoltre spiegato che le nazioni dell'Asia centrale (o "Balcani eurasiatici", come egli si riferisce ad essi):
sono importanti dal punto di vista della sicurezza e delle ambizioni storiche di almeno tre dei loro vicini più immediati e più potenti, cioè la Russia, la Turchia e l'Iran, con la Cina che segnala un crescente interesse politico nella regione. Ma i Balcani Eurasiatici sono infinitamente più importanti come potenziale premio economico: Un'enorme concentrazione di gas naturale e di riserve di petrolio si trova nella regione, oltre ad importanti minerali, compreso l'oro [2]
Brzezinski sottolinea "che l'interesse primario dell'America è contribuire ad assicurare che nessuna singola potenza arrivi a controllare questo spazio geopolitico e che la comunità globale abbia libero accesso finanziario ed economico ad esso." [3]
Obama come un fanatico imperialista
Obama non ha perso tempo nella rapida accelerazione delle avventure imperiali dell'America. Mentre il Pentagono ha smesso di utilizzare il termine "Guerra al Terrore" per adottare il termine "Operazioni d'emergenza oltremare". [4] Questa doveva essere la tipica strategia dell'amministrazione Obama: cambiare l'aspetto, non la sostanza. Il nome è stato cambiato, ma la "Guerra al Terrore" è rimasta, e non solo, ha subìto una rapida accelerazione ad un livello che non sarebbe stato possibile se fosse stata intrapresa dalla precedente amministrazione.
L'attuale espansione dell'imperialismo americano nel mondo ha subìto una rapida accelerazione da quando Obama è diventato presidente, e sembra intenzionato ad iniziare ed espandere guerre in tutto il mondo. Quando Obama è diventato presidente, l'America e i suoi alleati occidentali erano impegnati in una serie di guerre, occupazioni e destabilizzazioni segrete, in Afghanistan, Iraq, Somalia, Congo, e Obama si è insediato nel mezzo della brutale aggressione di Israele contro Gaza. Fin dall'inizio della sua presidenza, Obama ha subito giustificato il feroce attacco di Israele contro i palestinesi innocenti, ha rapidamente accelerato la guerra e l'occupazione dell'Afghanistan, ha ampliato la guerra in Pakistan, ha iniziato una nuova guerra nello Yemen, e ha sostenuto un colpo di stato militare in Honduras, che ha rimosso un governo democratico popolare in favore di una brutale dittatura. Obama ha ampliato le operazioni segrete speciali in tutto il Medio Oriente, Asia centrale e nel Corno d'Africa, e sta spianando la strada per una guerra contro l'Iran. [5] In realtà, l'amministrazione Obama ha ampliato le forze per Operazioni Speciali in 75 paesi in tutto il mondo (a fronte di una quota di 60 durante il regime di Bush). Tra i molti paesi che hanno visto l'espansione delle operazioni ci sono Yemen, Colombia, Filippine, Somalia, Pakistan, insieme a molti altri. [6] Inoltre, negli ultimi mesi, l'amministrazione Obama ha dato una dimostrazione di forza alla Corea del Nord, dando inizio potenzialmente ad una guerra contro la Penisola Coreana. Con la creazione dell'Africa Command del Pentagono (AFRICOM), la politica estera americana nel continente è diventata sempre più militarizzata.
Nessun continente è sicuro, a quanto sembra. L'America e le sue coorti della NATO stanno adottando una folle politica estera, accelerando drammaticamente l'imperialismo militare palese e quello segreto. Questa politica sembra dirigersi verso un eventuale confronto con le potenze orientali emergenti, in particolare la Cina, ma potenzialmente anche l'India e la Russia. Cina e America, in particolare, si stanno dirigendo verso una rotta di collisione imperiale: in Asia orientale, Asia meridionale, Asia centrale, Medio Oriente, Africa e America Latina. La competizione per l'accesso alle risorse ricorda il "Grande Gioco" del 19° secolo, nel quale l'Afghanistan era un campo di battaglia centrale.
Si potrebbe pensare che nel mezzo di una massiccia crisi economica globale, la peggiore che il mondo abbia mai visto, le principali nazioni avrebbero ridimensionato la loro sovraestensione imperiale e il militarismo, al fine di ridurre i loro debiti e preservare le loro economie. Tuttavia, vi è una "logica imperiale" dietro questa situazione, che deve essere collocata all'interno di un più ampio contesto geopolitico.
Concettualizzare l'ascesa della Cina
In primo luogo, dobbiamo affrontare adeguatamente la natura della crescita della Cina nel nuovo ordine mondiale. Quello a cui stiamo assistendo è una situazione storica eccezionale. Per la prima volta, la crescita di una "nuova" potenza non sta avvenendo in contrasto con le potenze egemoniche del tempo, ma entro l'ordine egemonico. In breve, la crescita della Cina non è stata un'ascesa contro l'America, ma piuttosto all'interno del nuovo ordine mondiale americano. Così, la Cina è cresciuta tanto quanto l'Occidente ha permesso che crescesse, ma questo non significa che la Cina non cercherà di servire i propri interessi, ora che ha raggiunto uno status globale e un potere significativi. La Cina è cresciuta integrandosi con il sistema economico dominato dall'Occidente, e in particolare con il sistema bancario occidentale e i sistemi delle banche centrali. Cina e America sono economicamente dipendenti l'una dall'altra, mentre l'America acquista i prodotti a basso costo della Cina, la Cina finanzia il debito dell'America. In effetti, la Cina sta finanziando anche l'avventurismo imperiale dell'America.
Così, ci troviamo di fronte ad una situazione unica: di dipendenza reciproca e di concorrenza. Mentre la Cina e l'America sono dipendenti l'una dall'altra, sono anche i più grandi concorrenti l'una dell'altra, particolarmente in termini di accesso e controllo delle risorse. Ad esempio, la Cina sostiene sia l'Iran che il Sudan. Queste due nazioni sono i principali obiettivi delle ambizioni imperiali dell'America, non a causa di preoccupazioni umanitarie o anti-terrorismo (anche se questa è la propaganda a cui aderisce più spesso), ma a causa delle ingenti e strategiche risorse di queste nazioni. Dato che non sono asservite all'Occidente e in particolare all'America, vengono considerate "nazioni nemiche", e da quì l'attenzione dei media nel demonizzare queste nazioni in modo che l'opinione pubblica appoggi le forze mlitari e qualunque altro mezzo per attuare il "cambio di regime." La Cina appoggia queste nazioni per avere accesso alle loro risorse, e per contrastare l'influenza americana.
Governance globale
Per aggiungere un altro elemento complesso a questa storia, dobbiamo inserire questo rapporto conflittuale nel contesto della crisi economica globale e nella risposta del mondo ad essa. Il G20 è il principale luogo di discussione per il "governo globale", in cui le nazioni del mondo stanno lavorando insieme per coordinare sempre più i loro approcci al governo su scala globale. La crisi economica ha fornito l'impulso per incoraggiare l'attuazione di progetti per costruire un sistema di governo economico globale: una banca centrale globale e una valuta globale. Così, mentre Cina e America stanno cercando di integrarsi ulteriormente a livello economico e a livello mondiale, sono anche in competizione per l'accesso e il controllo delle risorse.
La logica dietro tutto questo è che le due potenze vogliono essere in grado di negoziare il processo di costruzione di un sistema di governo globale, dal punto di vista più sicuro. Mentre è generalmente riconosciuto che il mondo sta assistendo "alla crescita dell'Oriente" in particolare di Cina e India, vediamo il centro del potere globale, spostarsi dall'Atlantico al Pacifico. Molti commentatori per anni hanno analizzato e discusso la questione, ma il fatto che l'Atlantico sia stato il centro del potere negli ultimi 500 anni significa che non sarà così facile spostarlo nel Pacifico. In realtà, le potenze occidentali non solo riconoscono l'ascesa dell'Oriente, ma anche che l'Oriente è risorto perché hanno consentito e aiutato questo processo. Le potenze occidentali hanno fatto questo non per qualche disegno benevolo, ma perché i poteri intellettuali organizzati dell'Occidente (cioè, i principali think tanks e interessi bancari) hanno cercato di creare un perfetto sistema di governo globale, in cui il potere non oscilla da nazione a nazione, o dall'Occidente all'Oriente, ma piuttosto il potere è centralizzato a livello globale. Questo è ovviamente un progetto a lungo termine e non (se mai) sarà realizzato per molti decenni ancora. Eppure, è attraverso la crisi - economica, politica e sociale - che questo processo di governance globale può essere rapidamente accelerato.
Vedi: "La crisi è un'opportunità": Gestire una depressione globale per creare un governo globale
Comprensione delle dinamiche Imperiali
C'è un'altro aspetto di questo complicato rapporto che deve essere affrontato, quello delle dinamiche interne tra l'élite politica, economica e militare delle nazioni dominanti. Per motivi di tempo, mi concentrerò sulle due principali nazioni: l'America e la Cina. L'apparato di sicurezza nazionale americana, vale a dire il Pentagono e i servizi di intelligence, hanno lavorato a lungo al servizio delle élite economiche e in stretta collaborazione con l'élite politica. Esiste una rete, che il presidente Eisenhower chiamava "complesso militare-industriale" in cui gli interessi di questi tre settori si sovrappongono e danno all'America il suo slancio imperiale.
E' all'interno dei grandi think tanks della nazione, in particolare il Council on Foreign Relations (CFR), che viene incoraggiata e gestita la coesione tra questi settori. I think tanks, il CFR soprattutto, sono i responsabili della politica dell'impero americano. I think tanks raccolgono le élites dei settori più potenti della società - militare, politico, corporativo, bancario, l'intelligence, il mondo accademico, i media, ecc - e discutono, dibattono e, infine, producono modelli di strategia e consigli per la politica estera americana. Le persone provenienti da questi gruppi di riflessione si muovono dentro e fuori dagli ambienti politici, creando una porta girevole tra i pianificatori della politica e quelli che la attuano. I think tanks, in questo contesto, sono essenzialmente i motori intellettuali dell'impero americano.
Eppure, non dobbiamo supporre che perché sono raggruppati, lavorino insieme, ed elaborino strategie comuni, che abbiano identici punti di vista o metodi; c'è ancora un notevole dibattito, dissenso e conflitto all'interno e tra i think tanks e i circoli della politica. Tuttavia, il dissenso all'interno di queste istituzioni è di natura particolare: si concentra sul dissenso rispetto ai metodi, piuttosto che agli obiettivi e alle finalità. Per elaborare, i membri (almeno i membri molto influenti) di think tanks come il Council on Foreign Relations non sono in disaccordo sui motivi dell'impero e sostengono l'egemonia americana, che viene considerata un dato di fatto, e spesso non viene neanche messa in discussione. Questo è l'ambiente in cui opera l'élite.
Quello che viene discusso e dibattuto sono i metodi utilizzati per raggiungere questo obiettivo, ed è qui che sorgono conflitti significativi tra le élites. Banchieri e corporazioni cercano di proteggere i loro interessi finanziari ed economici in tutto il mondo. Gli ufficiali militari si occupano di preservare ed espandere l'egemonia americana, e si concentrano essenzialmente sui potenziali rivali per la potenza militare americana, e tendono a favorire l'opzione militare in politica estera rispetto a quella diplomatica. I rappresentanti politici si devono preoccupare dell'influenza totale e dell'avanzamento della potenza americana - economicamente, militarmente, politicamente, ecc - e quindi devono pesare e bilanciare questi molteplici interessi e tradurli in una politica coerente. Spesso, pendono verso l'uso della forza militare, tuttavia, ci sono stati molti incidenti e problemi per i quali i leaders politici hanno prevalso nel perseguire obiettivi militari e diplomatici. Ci sono stati anche casi in cui i militari hanno tentato di prevalere su leaders politici rabbiosamente militaristi, come durante l'amministrazione Bush, con i neo-conservatori che spingevano per un confronto diretto con l'Iran, suscitando dirette e spesso pubbliche proteste e confutazioni da parte della struttura militare, come pure diverse dimissioni di generali di alto rango.
Queste differenze sono spesso rappresentate direttamente all'interno delle amministrazioni. Gli anni di Kennedy, per esempio, hanno visto un conflitto continuo tra i militari e gli ambienti di intelligence e la leadership civile di John Kennedy. Il suo breve periodo come presidente è stato caratterizzato da una lotta costante per impedire che i servizi militari e di intelligence d'America - in particolare il Joint Chiefs of Staff e la CIA - iniziassero guerre con Cuba, il Vietnam e l'Unione Sovietica. La crisi missilistica cubana si è risolta solo dopo che Robert Kennedy, fratello di JFK e il Procuratore Generale, hanno convinto i russi che Kennedy rischiava di essere rovesciato da un golpe militare, il che avrebbe portato ad una guerra nucleare, diretta contro l'URSS.
Vedi: Lo Stato di Sicurezza Nazionale e l'assassinio di JFK
Così, all'interno dei circoli politici chiave - e cioè think tanks e consigli presidenziali - c'è sempre un delicato equilibrio tra questi interessi diversi. Fondamentalmente, con la potenza americana, tutti restano fermi e sostengono gli interessi corporativi e bancari americani. La Diplomazia, in particolare, si occupa di sostenere gli interessi corporativi e finanziari americani all'estero. Come le comuncazioni diplomatiche di Wikileaks hanno rivelato in una serie di casi, i diplomatici intervengono in favore di e lavorano con vari interessi corporativi. I diplomatici statunitensi hanno agito come agenti di vendita presso governi stranieri per la promozione di aerei Boeing rispetto ai concorrenti europei, hanno fatto pressioni sul governo del Bangladesh per riaprire una miniera ampiamente contrastata dal paese gestita da una società britannica, hanno esercitato pressioni sul governo russo direttamente in favore degli interessi di Visa e Mastercard, impegnati nella condivisione delle informazioni con la Shell in Nigeria, e nella Repubblica centro-asiatico del Kyrgyzstan, i diplomatici degli Stati Uniti hanno lavorato con i maggiori interessi economici britannici e il principe britannico Andrew , che ha affermato che "il Regno Unito, l'Europa occidentale (e per estensione anche voi americani)" erano "di nuovo nel mezzo del Grande Gioco", e che, "questa volta puntiamo alla vittoria!"[7]
I militari, a loro volta, difendono gli interessi delle élites corporative e finanziarie, mentre i paesi che non si sottomettono all'egemonia economica americana vengono considerati nemici, e i militari vengono inviati in ultima analisi, ad attuare il "cambio di regime". Le preoccupazioni strategiche sono de facto preoccupazioni economiche. I militari si occupano di preservare ed espandere l'egemonia americana, e per farlo devono essere concentrati sulle minacce al dominio americano, così come di garantire luoghi strategici in tutto il mondo. Ad esempio, la guerra nello Yemen, un paese con molto poco da offrire dal punto di vista economico, ha molto a che fare con gli interessi strategico-economici. La "minaccia" nello Yemen non è raffigurata da al-Qaeda, anche se questo è ciò che viene più propagandato, ma piuttosto è il fatto che la dittatura a lungo sostenuto del presidente Saleh, che è stato al potere dal 1978, è minacciata da un movimento ribelle del nord e da un massiccio movimento secessionista nel sud, mentre il governo centrale controlla a mala pena un terzo del paese. In breve, lo Yemen è sull'orlo della rivoluzione, e così, il fedele alleato dell'America e despota locale, il presidente Saleh, è a rischio di essere usurpato. Così, l'America ha fortemente sovvenzionato i militari dello Yemen, e ha anche lanciato direttamente missili da crociera, ha inviato delle forze speciali e altre forme di assistenza per aiutare il dittatore dello Yemen a sopprimere, reprimere ed infine schiacciare i movimenti popolari per l'indipendenza e la libertà del popolo.
Ora, perché questo interesse strategico-economico in America, per un paese che ha ben poche risorse da offrire? La risposta è nella posizione geografica dello Yemen. Direttamente sotto l'Arabia Saudita, un governo rivoluzionario, che sarebbe molto antagonista nei confronti dello stato saudita braccio armato di fiducia dell'America, costituirebbe una minaccia per gli interessi americani in tutto il Medio Oriente. Probabilmente l'Iran cercherebbe di allearsi e di aiutare un tale governo, e questo permetterebbe all'Iran di espandere la propria influenza politica nella regione. È per questo che l'Arabia Saudita sta assumendo direttamente un'azione militare nello Yemen contro i ribelli nel nord, lungo il suo confine. L'élite saudita ha paura che sentimenti ribelli si diffondano nella stessa Arabia Saudita. Non stupisce quindi, che l'America abbia recentemente firmato con l'Arabia Saudita il più grande affare per le armi nella storia degli Stati Uniti, per un totale di 60 miliardi di dollari, nel tentativo di sostenere le operazioni nello Yemen ma principalmente per agire contro l'influenza iraniana nella regione. Inoltre, lo Yemen si trova sopra il Golfo di Aden, di fronte al Corno d'Africa (in particolare la Somalia), che collega il Mar Nero al Mar Arabico, che di per sé è una delle principali vie di trasporto del petrolio nel mondo. Il controllo strategico sulle nazioni che costeggiano il Golfo di Aden è di interesse primario per gli strateghi dell'impero americano, sia esso di natura militare, politica o economica.
Lo Yemen inoltre si trova proprio di fronte alle acque della Somalia, un altro paese devastato dalla macchina da guerra americana. Come hanno confermato alcune comunicazioni diplomatiche, nel 2006, "l'amministrazione Bush ha spinto l'Etiopia ad invadere la Somalia con un occhio alla frantumazione dell'Unione delle Corti islamiche", che è esattamente quello che è successo, e la Somalia è diventata uno "Stato abbandonato" impantanato da allora in una guerra civile. [8] La pirateria che è esplosa nelle acque al largo della Somalia è il risultato del massiccio sversamento di rifiuti tossici e della pesca invasiva da parte di compagnie di navigazione europee e americane e da altre principali compagnie di navigazione, e sono serviti come pretesto per la militarizzazione delle acque. In questo contesto, sarebbe inaccettabile da un punto di vista strategico consentire allo Yemen di sottrarsi all'influenza americana. Così, l'America è in guerra nello Yemen.
Vedi: Yemen: l'apparato segreto dell'impero americano
In Cina, invece, non esiste una coesione diretta tra i settori politico, economico e militare. I militari cinesi sono intensamente nazionalisti, e mentre l'élite politica è più cooperativa con gli interessi degli Stati Uniti e spesso lavora per realizzare interessi reciproci, i militari vedono l'America come una sfida diretta e antagonista (ovviamente, lo è). L'elite economica della Cina, in particolare la sua élite bancaria, è fortemente integrata con l'Occidente, tanto che è molto difficile separare le due cose. Non c'è una tale integrazione tra le istituzioni militari cinesi e americane, né esiste una dinamica all'interno della Cina, che riflette il sistema imperiale americano. Le divisioni tra gli ambienti militari, politici ed economici sono più marcate all'interno della Cina che in America. La leadership politica cinese si trova in una situazione molto difficile. Determinati a vedere l'avanzamento economico della Cina, devono lavorare con l'America e l'Occidente. Tuttavia, sulle principali questioni politiche (ad esempio con Taiwan), la leadership politica deve attenersi ad un approccio fortemente nazionalista, cosa che è contro gli interessi degli Stati Uniti, e favorevole agli interessi militari cinesi. L'aumento della superiorità militare è visto come un aspetto fondamentale e obiettivo del crescente predominio politico della Cina nel panorama mondiale. Come un alto generale cinese ha dichiarato nel 2005, "La Cina deve usare armi nucleari contro gli Stati Uniti, se i militari americani dovessero intervenire in un qualunque conflitto con Taiwan". Il generale ha citato "la logica di guerra" secondo la quale "una potenza più debole ha bisogno di usare il massimo sforzo per sconfiggere un rivale più forte. Il suo punto di vista suggerisce che gli elementi all'interno delle forze armate cinesi sono "determinati" a rispondere con estrema forza se l'America intervenisse in un potenziale conflitto con Taiwan, affermando che:" Noi cinesi ci prepariamo per la distruzione di tutte le città a est di Xian. Naturalmente gli americani dovranno essere preparati al fatto che centinaia di città saranno distrutte dai cinesi."[9]
La logica della cooperazione competitiva
L'esercito cinese deve essere pronto a tutelare i suoi interessi economici all'estero, se vuole avere il controllo sulla propria crescita economica e quindi mantenere il potere internazionale. Così, la spinta politica della Cina a sostenere e accrescere la sua influenza internazionale è molto contraddittorio. Da un lato, questo significa collaborare attivamente con l'America e l'Occidente (soprattutto in materia economica, come abbiamo visto con il G20, dove la Cina si sta impegnando nel dialogo e nell'attuazione degli accordi di governance globale), e, dall'altro, la Cina deve sfidare l'America e l'Occidente, al fine di garantire un proprio accesso e controllo delle risorse vitali necessarie per la propria crescita economica e politica. La Cina è in una situazione paradossale. Mentre lavora con l'Occidente per costruire l'apparato di un governo globale, la Cina non vuole imposizioni, e vuole invece una forte posizione negoziale negli accordi. Quindi, mentre è impegnata in discussioni e negoziati per la costruzione di un sistema di governance globale, la Cina deve anche cercare attivamente di aumentare il proprio controllo sulle principali risorse strategiche del mondo, al fine di rafforzare la propria posizione negoziale. Spesso succede che, quando le parti in conflitto vengono al tavolo dei negoziati, le operazioni a terra subiscono una rapida accelerazione, al fine di rafforzare la posizione negoziale della propria parte.
Questo è accaduto durante la Guerra Civile ruandese, quando durante tutto il Processo di Pace di Arusha, il Fronte Patriottico Ruandese (RPF), fortemente sostenuto dagli americani contro il governo del Ruanda (che era sostenuto da Francia e Belgio), ha accelerato rapidamente la sua campagna militare, prendendo così il sopravvento nel corso dei negoziati, cosa che ha funzionato a suo favore, traducendosi infine nel genocidio del Rwanda (innescato dall'assassinio del presidente ruandese da parte dell'RPF), e nell'usurpazione del potere da parte dell'RPF in Ruanda. Questo è anche il caso dei negoziati di "pace" tra Israele e Palestina, come ad esempio durante il processo di Oslo, quando Israele ha rapidamente accelerato l'espansione dei suoi insediamenti nei territori occupati, in sostanza, pulizia etnica di gran parte della popolazione palestinese della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Questo processo di espansione della pulizia etnica è ciò che i leaders politici e i media occidentali chiamano un "processo di pace." Così, quando i palestinesi reagiscono a questa pulizia etnica e all'espansione degli insediamenti (che è un processo intrinsecamente violento), o quando avviene un attentato suicida o un attacco con i mortai in reazione a questa espansione degli insediamenti, i leaders politici occidentali e i media danno la colpa ai palestinesi di aver rotto un periodo di "pace relativa" o "relativa calma." A quanto pare, viene considerata "pace relativa" se vengono uccisi solo i palestinesi. Quindi, Israele si assicura sempre che attraverso un processo di negoziazione, i suoi interessi siano soddisfatti sopra tutti gli altri.
Così vediamo questa logica con la Cina e l'America oggi. Anche se non direttamente in guerra l'una contro l'altra, esse sono l'una la più grande competizione dell'altra. Questa competizione è prevalente in Asia centrale, in cui l'America è alla ricerca di una posizione dominante su enormi riserve di gas naturale della regione, privando così la Cina di accesso e controllo di tali risorse strategiche vitali. E 'anche fortemente presente in Africa, dove la Cina ha rappresentato per i governi africani un'alternativa al ricorso alla Banca Mondiale e all'FMI per ottenere prestiti e assistenza in cambio di accesso alle risorse. In questo contesto, l'America ha stabilito il suo ultimo comando del Pentagono, l'Africa Command (AFRICOM) per unire diplomazia americana, società civile e politica militare in Africa sotto il comando del Pentagono. In Medio Oriente, l'America è in primo luogo dominante, spingendo così la Cina ad allearsi con l'Iran. In Sud America, la Cina si allea con i governi progressisti che in qualche modo sono sorti in opposizione all'egemonia americana militare ed economica nella regione.
Questa logica vale sia per l'America che per la Cina. Entrambe cercano di acquisire una posizione dominante mentre sono impegnate in discussioni e nella realizzazione di un apparato di governo globale. Questo porta le due potenze a ricercare la cooperazione e un mutuo vantaggio, ma, contemporaneamente, a competere a livello mondiale per il controllo delle risorse. Questo è amplificato dalla crisi economica globale, che ha rivelato la debolezza dell'economia globale, e in effetti del sistema monetario e bancario globale. L'economia mondiale è sull'orlo del collasso totale. Il prossimo decennio sarà segnato da una nuova Grande Depressione. Ciò fornisce un ulteriore impulso per entrambi questi poteri ad accelerare rapidamente il loro controllo sulle risorse e ad ampliare le loro avventure militari.
L'impero americano è in declino, ed è completamente fallito, ma la sua élite, che in realtà è più globale che nazionale, nella sua ideologia e nel suo orientamento, sta cercando di non far semplicemente sparire la potenza americana, per essere sostituita dalla potenza cinese, ma piuttosto di usare la potenza americana per costruire l'apparato di una nuova struttura globale del potere, in modo che l'impero americano semplicemente svanisca in una struttura globale. Si tratta di un delicato equilibrio per l'elite globale, e richiede l'integrazione della Cina e delle altre potenze dominanti all'interno di questo sistema. Esso implica anche, intrinsecamente, il dominio finale sul "Sud del mondo" (Africa, America Latina, e parti dell'Asia). Questo è un processo in corso del tutto nuovo. Gli imperi sono sorti e caduti durante tutta la storia umana. Questa volta, la caduta dell'impero americano si svolge nel contesto dell'ascesa di un genere completamente nuovo di potenza: globale per estensione, struttura e autorità. Questo sarà senza dubbio uno degli eventi che definiranno la geopolitica dei prossimi decenni.
Storicamente, i periodi di declino imperiale sono contrassegnati da una rapida accelerazione dei conflitti internazionali e delle guerre, poichè il potere in declino cerca di controllare, per quanto può e in maniera più veloce possibile (per questo vediamo l'espansione apparentemente folle dell'America con guerre, conflitti e militarizzazione ovunque nel mondo), mentre le potenze emergenti cercano di approfittare di questo declino, al fine di accelerare il crollo del potere in declino, e garantire la loro successiva posizione di potere dominante. Eppure, in questo panorama geopolitico del 21° secolo, siamo di fronte a questo contesto del tutto nuovo, dove il declino di un impero e l'ascesa di una nuova potenza sono in corso mentre entrambi cercano di integrarsi e costruire un sistema e una struttura di potere completamente nuovi, ma entrambi cercano di garantire per se stessi una posizione dominante all'interno di questa nuova struttura. Il potenziale di conflitto è enorme, il possibile risultato una guerra diretta tra America e Cina, o una moltitudine di guerre globali per procura tra di loro.
Questo nuovo secolo sarà davvero interessante. Le prospettive di una nuova guerra globale stanno aumentando ad ogni accelerazione dell'avventura militare. L'antagonista principale in questo teatro dell'assurdo sono senza dubbio, gli Stati Uniti. Se il mondo è diretto verso la terza guerra mondiale, è perché l'America ha reso una tale situazione inevitabile. Non si può escludere che per molte élites globali, un tale risultato possa essere desiderabile in sé e per sé. Dopo tutto, la prima guerra mondiale ha dato l'impulso per la formazione della Lega delle Nazioni, e la seconda guerra mondiale ha dato la spinta alle Nazioni Unite a "garantire la pace fra le nazioni." In un mondo in gran parte gestito da strateghi globali, sarebbe ingenuo non considerare che una nuova guerra mondiale potrebbe essere proprio l'evento di cui hanno bisogno per convincere i popoli del mondo ad accettare il loro desiderio di un sistema di governance globale; senza dubbio per assicurare la "Pace nel Mondo" Almeno, io sono sicuro che l'inganno avverrà sotto questa falsa apparenza.
Fonte: Global Research 14 Gennaio 2011
Traduzione: Dakota Jones
Note
[1] Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 40
[2] Ibid, page 124.
[3] Ibid, page 148.
[4] Scott Wilson and Al Kamen, 'Global War On Terror' Is Given New Name, The Washington Post: 25 March 2009: http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2009/03/24/AR2009032402818.html
[5] MARK MAZZETTI, U.S. Is Said to Expand Secret Actions in Mideast, The New York Times, 24 May 2010: http://www.nytimes.com/2010/05/25/world/25military.html?_r=1
[6] Karen DeYoung and Greg Jaffe, U.S. 'secret war' expands globally as Special Operations forces take larger role, The Washington Post, 4 June 2010: http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/06/03/AR2010060304965.html
[7] Eric Lipton, Diplomats Help Push Sales of Jetliners on the Global Market, The New York Times, 2 January 2011: http://www.nytimes.com/2011/01/03/business/03wikileaks-boeing.html?_r=2; Fariha Karim, WikiLeaks cables: US pushed for reopening of Bangladesh coal mine, The Guardian, 21 December 2010: http://www.guardian.co.uk/world/2010/dec/21/wikileaks-cables-us-bangladesh-coal-mine?INTCMP=SRCH; Luke Harding and Tom Parfitt, WikiLeaks cables: US 'lobbied Russia on behalf of Visa and MasterCard', The Guardian, 8 December 2010: http://www.guardian.co.uk/world/2010/dec/08/wikileaks-us-russia-visa-mastercard; David Smith, WikiLeaks cables: Shell's grip on Nigerian state revealed, The Guardian, 8 December 2010: http://www.guardian.co.uk/business/2010/dec/08/wikileaks-cables-shell-nigeria-spying; Borzou Daragahi and Alexandra Sandels, CENTRAL ASIA: WikiLeaks dispatches reveal a Great Game for the 21st century, Babylon & Beyond: LA Times Blog, 14 December 2010: http://latimesblogs.latimes.com/babylonbeyond/2010/12/great-game-wikileaks-turkmenistan-prince-edward-chevron-kazakhstan-kyrgyzstan-azerbaijan-turkmenista.html
[8] Rob Prince, WikiLeaks Reveals U.S. Twisted Ethiopia's Arm to Invade Somalia, Global Research, 26 December 2010: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22512
[9] JOSEPH KAHN, Chinese General Threatens Use of A-Bombs if U.S. Intrudes, The New York Times, 15 July 2005: http://www.nytimes.com/2005/07/15/international/asia/15china.html