da JeffConant
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Alla COP 16 in questa settimana, il tono è stato teso e difficile, sia all'interno dei negoziati nell'opulento Moon Palace a Cancun, che ai margini, dove si sono riuniti movimenti sociali, ONG e gruppi di popoli indigeni per alzare la voce in opposizione alle decisioni sempre più schiaccianti delle elites globali. Dopo l'irritante incontro dello scorso anno a Copenaghen, e con l'eco della disfatta del 2003 del WTO che ancora persiste, Cancun, all'inizio della settimana era un accampamento armato. Tra i veicoli corazzati che pattugliavano l'esterno e il complicato ed estenuante percorso per arrivare da qualche parte vicino al suo interno, è stato fatto un chiaro tentativo di emarginare la società civile, se non di neutralizzarla del tutto. Il titolo di un articolo del quotidiano messicano La Jornada la scorsa settimana ha riassunto lo stato d'animo con un gioco sul significato letterale del nome dato a questo paradiso artificiale dei Caraibi: Cancun è davvero un nido di serpenti.
Dopo un anno di dispute contenziose tra un oggetto inamovibile ed una forza inarrestabile - l'Accordo del popolo di Cochabamba ratificato da 35.000 persone lo scorso aprile, e l'accordo di Copenaghen, speronato da Stati Uniti, Cina, e un piccolo gruppo di colossi economici lo scorso dicembre - e con paesi di destra e sinistra che minacciano di abbandonare il Protocollo di Kyoto come topi da una nave che affonda, è più che chiaro che nessun accordo significativo verrà fuori a Cancun la prossima settimana. Ma, data la natura di un eventuale accordo che potrebbe essere raggiunto, la domanda pertinente potrebbe essere: e allora?
Entrando a Cancun, il ritornello da parte dei governi del Nord e dei media è stato che ci sono scarse aspettative per la COP 16. Dagli Stati Uniti, per esempio, l'amministrazione Obama invierà i segretari per l'energia e l'agricoltura, dando prova di mancanza di volontà di muoversi attraverso un alto livello diplomatico, anche se lo scandalo diplomatico delle comunicazioni pubblicate da Wikileaks mina qualunque restante traccia di fiducia possa essere stata presente nella comunità internazionale. In risposta alle dichiarate 'basse aspettative', Pablo Solone, ambasciatore della Bolivia alle Nazioni Unite ha sottolineato in un articolo del britannico Guardian, "mi chiedo di quali aspettative stanno parlando? La realtà è che parlare di 'basse aspettative' è una manovra di un piccolo gruppo di paesi industrializzati per nascondere i loro obblighi di agire."
Mentre gli Stati Uniti ed altre potenze sembrano fare 'non abbastanza' sui cambiamenti climatici, in realtà stanno facendo anche troppo - il blocco degli accordi, il bullismo verso le altre Parti, l'attuazione di politiche militariste anti-immigrazione al fine di reprimere ulteriormente chi è costretto a fuggire dal collasso ambientale e sociale nel Sud del mondo, e fingendosi disponibili per il clima attraverso false soluzioni, come i biocarburanti, gli alberi GE (Genetically Engineered), e politiche molto dubbie come il progetto REDD (Riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado).
REDD - una delle proposte politiche sul tavolo di Cancun - è indicativo della differenza tra Copenaghen e Cochabamba. Troppo complesso da spiegare quì in poche frasi, il progetto REDD propone di attribuire un prezzo alle foreste in base al valore della CO2 che catturano, al fine di conservare gli alberi, attribuendo ad essi più valore come alberi che non come legname. Un approccio fondamentalmente basato sul mercato per mitigare la crisi climatica, molte popolazioni indigene e gruppi di contadini, tra cui Via Campesina e la Rete Ambientale Indigena, vedono REDD come un cavallo di Troia che nasconde potenzialmente, nelle sue viscere bizantine, il più grande furto di terra di tutti i tempi. Infatti, molti dei delegati indigeni con i quali ho parlato lo vedono sia come una violazione del sacro, che come prossima fase del genocidio al quale hanno sopravvissuto per secoli.
Quando infatti, i negoziatori degli Stati Uniti, ieri hanno proposto che il termine "i popoli indigeni", fosse sostituito nel testo di negoziato con le parole "gruppi indigeni" - annullando con un tratto di penna, decenni di lavoro per ottenere diritti collettivi proprio per quelle persone più colpite e meno responsabili per la crisi climatica - è come se avessero offerto coperte contagiate dal vaiolo per negoziare.
Con il linguaggio dell'Accordo di Cochabamba messo interamente fuori uso dal testo negoziale, lasciando sul tavolo poco, tranne il fondamentalismo di mercato, con il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici che sta ora rivolgendo l'attenzione alla geoingegneria, nonostante la moratoria recentemente invocata a livello mondiale, con la politica torbida e gli accordi sottobanco in piedi per "l'impegno e il compromesso" richiesti dall'UNFCCC, e con i Federali armati che pattugliano le strade per intimidire e criminalizzare il dissenso, è francamente difficile capire come faremo ad arrampicarci per uscire dalla fossa dei serpenti.
Fonte: JeffConant 4 Dicembre 2010
Traduzione: Dakota Jones
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