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sabato 17 marzo 2012

I globalisti staccano la spina a Kony 2012 con una fretta spettacolare

La devastazione dell'Africa procederà ancora come previsto

di Tony Cartalucci
Land Destroyer Report

Durante la scorsa settimana, mentre Invisible Children e i suoi sponsor aziendali eseguivano un disperato controllo del danno, hanno iniziato ad emergere e diffondersi i legami tra la presunta "associazione benefica"e il Dipartimento di Stato americano, lo speculatore di Wall Street George Soros e il suo Open Society Institute, e una miriade di fondazioni finanziate dalle corporazioni, con la stessa rapidità con cui il loro documentario Kony 2012 è diventato famoso.

Soros_ICG_Samantha_Power_Angelina_Jolie_KONY
Foto: (
via Infowars) Una rappresentazione visiva dei veri sostenitori e ideatori di Invisible Children. Si libereranno volentieri del loro gruppo di facciata in nome dell'autoconservazione e ne usciranno in maniera pulita.

giovedì 15 marzo 2012

Oltre «Kony 2012». Cosa succede davvero in Uganda

di Daniele Scalea
Fonte: geopolitica-rivista.org

joseph_kony

Kony 2012 è il titolo di una campagna lanciata dall’organizzazione Invisible Children Inc., per ora incentrata sull’omonimo video, di cerca mezz’ora, che ha avuto una diffusione virale in Internet, portandosi in pochissimi giorni (è stato pubblicato solo il 5 marzo) a quasi 100 milioni di visualizzazioni. La campagna mira a sostenere l’arresto di Joseph Kony, guerrigliero ugandese accusato di “crimini contro l’umanità” dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja (ICC).

L’idea della campagna è quella di stimolare gli sforzi internazionali per l’arresto di Kony divulgando il caso il più possibile. Fin qui nulla d’originale. Interessante è che la Invisible Children Inc. cerchi di mobilitare dei volontari perché, da un lato, facciano lobbying su alcune decine di personaggi famosi (politici e personalità dello spettacolo) per convincerli ad essere testimonial della campagna, e dall’altra perché acquistino un kit completo di manifesti, braccialetti ed altro materiale propagandistico.

In tal senso, balza subito agli occhi una cosa. La storia di Kony è raccontata frettolosamente ed in maniera tranciante, come quella d’un uomo brutale, senza ideali né sostenitori, che rapisce bambini per farli combattere al suo servizio. La spiegazione del motivo per cui molta gente (che presumibilmente prima di vedere il video neppure avrebbe saputo collocare l’Uganda sulla mappa) dovrebbe mobilitarsi per la campagna occupa solo una parte relativamente breve del video. Gran parte di esso è invece dedicato a decantare le lodi del potenziale di Internet, della mobilitazione dal basso, e a mostrare immagini di giovani e fotogenici attivisti intenti a diffondere la causa e i suoi gadget, decorati da loghi e simboli graficamente molto curati. I messaggi e le immagini rievocano gli eventi e l’interpretazione – a mio giudizio forzata, come ho argomentato altrove – della “Primavera Araba” come rivolta del “popolo di Facebook e Twitter“. E quello delle cosiddette “rivolte colorate”, che la capillare e professionale rete di organizzazioni “non governative” statunitensi è stata in grado di orchestrare in diversi paesi nel corso degli ultimi anni (Serbia, Georgia, Ucraina).