La notizia è di poche ore fa. L’Italia potrebbe tornare nella categoria A dei “rating” di Standard & Poor’s. Quest’agenzia di “rating” (“valutazione”) statunitense precisa che dipenderà dal buon esito (o meno) delle riforme attualmente in atto del governo euroatlantico guidato da Monti. Quello delle agenzie di “rating” è uno dei canali in cui fattivamente si esplicano l’ingerenza sfacciata, il fattivo direzionamento, la complessiva dipendenza politica, quindi economica e finanziaria, che subisce e soffre (anche) il nostro paese.
I declassamenti e le promozioni di dette agenzie risultano infatti funzionali ad una prospettiva strategica di dominio, non riducibile a motivazioni esclusive di interesse speculativo.
Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali Stati, Enti territoriali e pubblici, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch. Il rating, che valuta l’entità del rischio di credito, si divide in due principali categorie: il rischio commerciale ed il rischio paese, ma non misura altri tipi di rischi quale quello di tasso o di cambio, ecc. La valutazione della capacità del debitore di far fronte al rimborso del proprio debito finanziario viene fornita ricorrendo ad una scala alfabetica, che va da un valore massimo ad uno minimo.