di Pietro Crippa
La Voce di NO MAS
A poco più di otto mesi dalla separazione, il Sudan e il Sud Sudan continuano a vivere in una situazione di tensione.
Con la secessione del Sud lo stato settentrionale si è ritrovato privato di tre quarti della sua produzione petrolifera, circa 350.000 barili al giorno, per un valore stimato in 3,2 miliardi di dollari. Il greggio sud-sudanese, tuttavia viaggia verso la costa attraverso i pipeline che si sviluppano nei territori del Sudan. Un accordo sui guadagni del petrolio è dunque essenziale per rendere possibile una pace tra il regime islamico di Khartoum e il Sud Sudan cristiano/animista.
Ma per far passare il petrolio dal suo territorio il Sudan pretende dal Sud Sudan una tassa superiore alle tariffe internazionali e molto di più del dollaro a barile che Juba è disposta a pagare. I sud-sudanesi, da parte loro, accusano i loro nemici settentrionali di aver recentemente “rubato” 815 milioni dollari di greggio. Per questo motivo, a gennaio il governo ha preso la drastica decisione di bloccare la produzione dell’oro nero, come ritorsione contro gli attacchi sudanesi alle sue frontiere. Il Sudan si è trovato così senza le entrare delle tasse di transito del petrolio. La produzione del greggio, fa sapere il Sud, riprenderà solo dopo che il maltolto verrà restituito anche se il Sudan ribatte di aver confiscato il greggio come “pagamenti in natura” per le tasse di transito non pagate.
Distribuzione delle basi petrolifere sul territorio sudanese
Un accordo del tutto aleatorio ad Addis Abeba (10 Febbraio) ha per ora evitato solo che scoppiasse una vera guerra tra i due Stati.
La situazione resta, infatti, quanto mai precaria, in particolar modo per il Sud che non può permettersi di interrompere la produzione di ciò che gli fornisce il 98% delle fonti di ricchezza economica del Paese.
Il Ministero delle Finanze ha sottolineato, tuttavia, che non ci saranno perdite di posti di lavoro e il governo continuerà ad assicurare gli stipendi: “Le misure di austerity sono state rapide e con tagli profondi, ma senza alcun licenziamento di funzionari pubblici o personale delle forze organizzate e dell’esercito – ha detto il ministro delle Finanze Kosti Manibe – sarà mantenuta la busta paga di tutti”.
A Nord, dopo che il nuovo Paese ha chiuso la sua produzione di petrolio, il presidente del Sudan Omar al-Bashir ha dichiarato come la guerra sia ormai più vicina di quanto fosse prima. Ogni Paese accusa l’altro di sostenere i gruppi ribelli e continuano a esserci scontri lungo il nuovo confine.
di Pietro Crippa
fonti: bbc.co.uk; greenreport.it
Fonte: La Voce di NO MAS 21 Febbraio 2012
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