Uno studio realizzato per conto della Commissione Ue rivela il divario economico crescente tra gli Stati membri, provocato dalle misure di vera e propria macelleria sociale richieste dalla troika
di Andrea Perrone
Rinascita
La Commissione europea lancia l’allarme: I popoli europei sono sempre più poveri e cresce il divario economico tra gli Stati membri dell’Ue. La crisi economica, che ha evidenziato come la distruzione dei diritti sociali di milioni di persone, sta contribuendo ad una povertà crescente e ad un divario tra gli Stati membri, come hanno confermato i Soloni europei.
I più colpiti sono i giovani, le donne e le madri disoccupate dei singoli Stati membri prevalentemente situati a est e a sud dell’Unione. “La maggior parte dei sistemi assistenziali ha perso la capacità di proteggere i redditi delle famiglie dagli effetti della crisi”, ha commentato il commissario Ue all’Occupazione Laszlo Andor ai giornalisti presenti a Bruxelles. Una verità inoppugnabile provocata dalle scelte della stessa Commissione Ue e dai diktat della Bce, che insieme al Fondo monetario internazionale hanno imposto misure da vera e propria macelleria sociale ai Paesi in crisi in cambio di prestiti a tassi d’usura. Ma questo il commissario europeo non ha avuto il coraggio di denunciare, preferendo rimanere nel vago, piuttosto ha chiesto l’adozione di misure contro la disoccupazione e a favore dei non abbienti, il cui numero è ormai in crescita esponenziale.
Andor, che ha presentato l’analisi annuale alla Commissione sugli sviluppi sociali e del lavoro del 2012, ha chiosato che il miglioramento della progettazione dei sistemi di welfare degli Stati membri “può aumentare la capacità di resistenza agli shock economici e facilitare l’uscita più veloce dalla crisi”. Il rapporto di ben 496 pagina di analisi ha appurato, tra l’altro, che gli Stati membri, con la spesa maggiore a favore del welfare non sono quelli con il più alto debito pubblico.
Lo studio dice che una forte protezione sociale, come l’assistenza per i bambini delle donne single e ben ponderati standard di lavoro che consentono di accedere alle prestazioni in momenti di difficoltà, può contribuire a ridurre un diagramma che sta raggiungendo picchi sempre più elevati, tanto elevati che non si vedevano da circa un ventennio. Quasi 19 milioni di persone sono ora ufficialmente senza lavoro nella zona euro, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat). “Tutti i progressi compiuti in termini di disoccupazione sono svaniti con la crisi economica”, ha sottolineato il rapporto del commissario. Poco prima della crisi che ha colpito nel 2008, il tasso medio dei senza lavoro nell’Ue era al 7,1 per cento. Attualmente i disoccupati di lunga durata raggiungono il 42,5 per cento della popolazione in età lavorativa e, molto probabilmente la spirale tende verso l’alto, a causa dei licenziamenti in aumento e dalla mancanza di competenze adeguate.
I Paesi con il più basso livello di disoccupazione di lunga durata sono ancora quelli, come Danimarca e Lussemburgo, che forniscono servizi riguardanti la formazione dei senza lavoro e la consulenza del lavoro. Ma questi programmi sono in gran parte assenti nei Paesi Baltici e in Grecia, dove la parola lavoro è molto vaga ed estremamente scarso. Quelli che saranno abbastanza fortunati da trovare un lavoro sono più propensi a sbarcare il lunario con contratti part-time. Mentre sempre più persone perdono il lavoro, in particolare negli Stati membri dell’Unione a sud e ad est del Vecchio Continente, dove il rischio povertà è in costante aumento.
Lo studio ha riportato che quasi la metà dei Paesi Ue hanno registrato un aumento netto dell’indigenza dal 2008, con una perdita del potere d’acquisto degli stipendi che le famiglie hanno visto progressivamente diminuire di ben due terzi. Per questo una famiglia su cinque in Bulgaria, Cipro, Grecia, Ungheria, Lettonia e Romania ha difficoltà a sbarcare il lunario. La mensa di una scuola elementare situata in una zona molto povera di Lisbona, viene riferito nel rapporto, è rimasta aperta durante le vacanze di Natale, poiché i bambini rischiano la malnutrizione. Una tendenza diversa viene invece registrata nei Paesi nordici, in Germania, Polonia e Francia dove i redditi sono aumentati. Tutti Paesi questi dotati di sistemi di welfare più avanzato rispetto agli altri e di un mercato di lavoro più resistente in grado di assorbire rapidamente la manodopera, ha precisato ancora il documento commissionato dall’esecutivo comunitario. “È improbabile che l’Europa veda decisi miglioramenti socio-economici nel 2013”, ha sottolineato Andor.
Le prospettive di ripresa per il 2013 appaiono infatti in netta contraddizione con le disastrose condizioni economiche denunciate nelle recenti dichiarazioni fornite da alcuni leader europei e, in particolare, dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, che a Lisbona ha recentemente dichiarato che il peggio della crisi dell’euro sarebbe superato. Misure di austerità imposte dalla troika dell’usura – Commissione Ue, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea – da vera e propria macelleria sociale, con tagli a stipendi e pensioni, perdita di posti di lavoro hanno esasperato le terribili condizioni sociali degli Stati membri periferici. Tutto confermato dagli economisti del Fmi, che hanno ammesso gli errori commessi nel non saper prevedere l’impatto sulle economie europee delle misure draconiane imposte senza pietà ai Paesi dell’Unione europea e ai loro popoli. Lacrime di coccodrillo, si potrebbe dire, poiché ormai il danno è stato fatto e a pagare saranno intere generazioni di giovani e meno giovani.
L’analisi condotta da Andor nel documento sottolinea la necessità di trovare una soluzione all’annosa questione, da una parte finanziando gli investimenti volti a migliorare l’inclusione sociale e dall’altra ad aiutare le persone a reinserirsi nel mercato del lavoro. “Abbiamo bisogno di investimenti sociali subito, altrimenti vedremo il declino del nostro potenziale economico e dei grandissimi costi sociali in futuro”, ha avvertito il commissario. Parole che sembrano però non essere seguite da fatti e da programmi concreti per un vero cambiamento in grado di mettere fine allo sfruttamento, al taglio di salari e pensioni, garantendo così il lavoro, affinché vengano posti sullo stesso piano diritti e doveri, senza escludere né gli uni né gli altri, per favorire la crescita economica dell’Europa, affinché non arricchisca banchieri e multinazionali, ma sia capace di garantire il rispetto pieno del lavoro e lo sviluppo socio-economico del Vecchio Continente e dei popoli europei.
Fonte: Rinascita 10 Gennaio 2013
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