Leo Camus Geopolintel 16 gennaio 2013
Bollettino Aurora
L’11 gennaio il Presidente della Repubblica, senza aver preventivamente informato il Parlamento, ha assunto la responsabilità d’impegnare la Francia, da sola, in un intervento militare in Mali. Un’operazione descritta come “guerra contro il terrorismo” dalla cassa di risonanza mediatica.
Nelle prime ore dei bombardamenti e combattimenti a terra, intorno alla città di Konna nel centro del paese, vi sono stati alcuni morti tra le forze governative del Mali e 148 tra i ribelli. Sul versante francese, un pilota di un elicottero da combattimento Gazelle, il tenente Damien Boiteux del 4° Reggimento Elicotteri di Pau, è stato ferito a morte “da un colpo di arma leggera“, dice il comando, durante un raid aereo contro una colonna di veicoli 4×4… nello stesso momento, nella notte tra venerdì e sabato, questa volta in Somalia, una unità d’azione dei servizi della Direzione di sicurezza esterna ha cercato di liberare l’agente francese Denis Allex, ostaggio da quattro anni, dopo la sua cattura a Mogadiscio nel luglio 2009. La disastrosa operazione è costata la perdita di due uomini, i cui corpi sono stati abbandonati a terra alle milizie al-Shabaab.
Cinque giorni dopo, quando il Primo Ministro finalmente accettava di comparire davanti all’Assemblea nazionale, gli islamisti già prendevano l’iniziativa e lanciavano un’offensiva contro la città di Djabli, a 400 km a nord ovest di Bamako. Nel frattempo, il presidente Holland, resosi brutalmente consapevole dell’isolamento materiale e militare della Francia, si presentava il 15 gennaio ad Abu Dhabi, al fine di sollecitare fondi e aiuti dagli Emirati Arabi Uniti, mentre il quotidiano 20 Minuti si chiedeva, già la mattina dopo, quale sia “la strategia che la Francia dovrebbe adottare per evitare il caos.”
Una guerra a basso costo e all’altezza della gloria presidenziale
Il Comando Operazioni Speciali di Ouagadougou, Burkina Faso, aveva anticipato questa nuova “guerra asimmetrica” predisponendo le forze speciali in Mali? Con quanti ha iniziato? 200 o 300 fanti del 1° Reggimento Paracadutisti della Fanteria di Marina e il 13° Reggimento Dragoni Paracadutisti? Con la logistica aerea degli elicotteri del COS (Gazelle, Cougar, Puma, Tiger), tre dei sei Mirage 2000D del dispositivo Sparviero di base a N’Djamena e inoltre due Mirage F-1, tre C-135, un C-130 Hercules e un Transall C-160? Oltre a utilizzare un drone Harfang basato a Niamey, in Niger, e perfino delle missioni sono state apparentemente compiute da Rafale partiti dalla Francia! [Meretmarine.com]. In riserva vi è il 2° Reggimento Paracadutisti della Legione Straniera, 1.200 uomini di base a Calvi, ma di cui si è annunciato un loro imminente salto a Timbuktu! Magre forze, che danno la dimensione di un’operazione ideata in settimana, e l’ampliamento della sbando morale, finanziario e politico della Francia… Utile, inoltre, è misurare la cucina sondaggista su una Presidenza poco gradita: un sondaggio di Harris Interactive ha dimostrato che la maggioranza dei francesi, il 63%, sosterebbe l’intervento militare nel nord del Mali. Una miopia o una magistrale disinformazione esagonale, … una delle due, mio capitano!
In confronto, Sarkozy, che non aveva raggiunto così rapidamente l’inferno della disapprovazione collettiva come Hollande, cioè in sei mesi, tuttavia non era riuscito a raddrizzare la barra dei sondaggi indossando gli abiti del signore della guerra, e tanto meno a ridurre la disistima tra i suoi concittadini, nonostante una nascita particolarmente tempestiva e la sua “sporca guerra” libica… la quale sarebbe stata veramente sordida, soprattutto per la lunghezza con cui si trascina dolorosamente. Inoltre l’operazione in Mali, mal progettata e mal calcolata, che doveva rivelarsi da subito una “guerra lampo”. Ma è ormai chiaro, nonostante le notizie trionfalistiche del dipartimento della difesa, il panico comincia a diffondersi tra gli stati maggiori politici, notando l’unanimità della classe politica nel sostenere i passi della presidenza in un percorso tanto tortuoso quanto pericoloso, preparandosi psicologicamente ad un impegno di lungo termine.
A questo proposito, le forze francesi vengono portare a 800 uomini, e Parigi chiede vanamente l’aiuto dei suoi alleati europei, che non scalpitano certo per dare il loro contributo all’avventura. In realtà ci sono oggi circa 1.700 effettivi coinvolti nell’operazione, un livello che dovrà rapidamente raggiungere la cifra di 2500… come ha appena annunciato senza mezzi termini Hollande, il 15 gennaio. Inoltre sono anche arrivati dei carri armati come rinforzo dalla Costa d’Avorio, nella notte tra lunedì e martedì.
La situazione quindi è lungi dall’essere chiara, e la via liberata, come sembrava in un primo momento. Dato che l’offensiva contro gli islamisti a Djabali dimostra, senza aver subito gravi perdite, che i nemici dello Stato francese si sono semplicemente dispersi. Delle malelingue arrivano anche dire che le perdite esagonali sarebbero di fatto in gran parte sottovalutate e che non sarebbe stato solo un elicottero, ma due, ad essere stati abbattuti il primo giorno, e non con armi da fuoco, ma con l’aiuto dei lanciamissili tratti dall’arsenale di Gheddafi. Ciò cambierebbe la situazione, e a quanto pare in modo imprevisto.
Il nodo Libia/Mali
E infine di cosa ci lamentiamo? Le armi nelle mani degli islamisti maliani non sono cadute dal cielo: se Parigi, su iniziativa dell’agitatore BH Levy, non avesse condotto la guerra contro la Jamahiriya libica, la guerra del forte contro il debole con l’aiuto dei suoi accoliti euratlantisti, le armi usate contro le nostre truppe, oggi sarebbero sapientemente rimaste chiuse nei loro bunker.
Indubbiamente non bisogna dimenticare che “il movimento separatista del Mali, noto come MNLA, è stato creato in fretta e furia da Mohamed Ag Najem, che controllava un migliaio di mercenari tuareg al servizio del regime di Gheddafi, e che era stato arruolato dai servizi francesi poche settimane prima della caduta di Tripoli. Ag Najem avrebbe tradito Gheddafi accettando di tornare in Mali, non senza avere l’assicurazione da Parigi di rientrare a casa con armi e bagagli pieni di oro e dollari, per svolgere il nuovo ruolo che gli è stato assegnato?” [Oumma.com, 14 gennaio 2013].
E’ importante capire come tutte le guerre occidentaliste contro l’oriente in questi 23 anni, formino un insieme, una sorta di “ingranaggio” di cui converrebbe fermare la sinistra meccanica. Ogni cosa crea e prepara la seguente. La nascita di al-Qaida, e quindi le conseguenti guerre in Afghanistan e in Iraq, è il prodotto diretto della prima guerra del Golfo, che si configurò dall’agosto 1990 con il concentramento di forze statunitensi in Arabia Arabia sulla “sacra terra dell’Islam!“. La Libia, ieri, il Mali, la Siria, non sono che le varie battaglie della stessa guerra che si estende dall’Atlantico all’Indo, dal Mali al Waziristan, le aree tribali del Pakistan, passando per il Darfur e la Somalia…
Ascoltate l’avvertimento dell’ex primo ministro Villepin, l’uomo che ha avuto l’ardire di opporsi alla guerra al Consiglio di Sicurezza, nella primavera del 2003, che ha scritto un articolo pubblicato sul Journal du Dimanche: “Non cedete all’abitudine della guerra per la guerra. L’unanimità nell’andare in guerra, la chiara fretta e gli stantii argomenti della “guerra contro il terrorismo” mi preoccupano. Questa non è la Francia. Impariamo dal decennio di guerre perse in Afghanistan, Iraq, Libia… queste guerre non hanno mai costruito uno Stato forte e democratico. Al contrario, promuovono il separatismo, il fallimento degli Stati, la legge di ferro delle milizie armate. Queste guerre non hanno aiutato a battere il terrorismo… Dobbiamo porvi fine.” [JDD 13 gennaio].
Incoerenza, contraddizione, arroganza
Per il momento, “il governo francese pretende che questa sia una guerra contro i jihadisti che controllano il nord del Mali, minacciando il paese e l’Europa … In realtà il movimento Ansar al-Din, da non confondere con i veri gruppi terroristici e del jihadismo come AQIM e Mujao, che viene preso di mira dall’intervento, è prima di tutto un movimento di liberazione tuareg. I suoi membri fondatori e i suoi responsabili, a partire dal loro leader Iyad ag Ghali, provengono tutti dal movimento di liberazione tuareg che ha combattuto con le armi in mano, durante gli anni ’80, contro il governo centrale di Bamako. Il movimento aveva deposto le armi nel quadro dell’accordo di Algeri nel 1991.” [Oumma.com 14 gennaio].
Riecheggiando la retorica della “guerra al terrore”, i mass medi esagonali danno uno spettacolo di scarso discernimento e persino di cecità totale: non è la Francia che ha armato, addestrato e controllato il salafismo libico? Chi oggi finanza, addestra e consiglia i fondamentalisti che si battono per la “democrazia” in Siria? Chi pensano di prendere in giro il governo e queste persone della stampa, sostenendo che in Mali combattono quel fanatismo religioso che sostengono e incoraggiano altrove? E’ comunque vero che ora, dopo l’avvio dell’offensiva francese, i briganti islamisti minacciano apertamente di colpire la Francia. Ma possono farlo da soli?
Il DCRI è allertato e deve effettuare retate preventive negli ambienti musulmani radicali: nessuna rete di sostegno, nessun attacco. Si comprenderà che la guerra dell’Eliseo punta a cose molto diverse. Vuole proteggere gli interessi strategici della Francia e, perché no?, i giacimenti di uranio in Niger, ad esempio… o da un punto di vista geopolitico, non è l’Algeria che attraverso il conflitto in Mali viene presa di mira? La protezione di sei mila “cittadini” francesi in Mali costituisce al massimo un fine secondario, e nel peggiore dei casi una comoda scusa, per non parlare dei nostri sette sfortunati ostaggi, già messi tra le perdite e le vittorie!
In definitiva, “i servizi francesi non mantengono regolari contatti con i gruppi terroristici salafiti, come ha recentemente rivelato uno dei leader di AQIM in Mali, Abdelhamid Abou Zeid, certamente al fine di ottenere la liberazione dei loro ostaggi francesi… in cambio di un riscatto sostanziale, utilizzabile per finanziare i gruppi terroristici nelle loro azioni contro il nemico non dichiarato della Francia nella regione: l’Algeria. Nulla impedisce a questo punto di pensare che i servizi francesi non guardino con compiacenza al gioco che altri giocatori regionali giocano attraverso il narcoterrorismo del Mujao, per indebolire l’ingombrante vicina Algeria!” [Oumma.com 14 gennaio].
Domande ovviamente inquietanti. Ma nello sconcertante labirinto degli sporchi trucchi e delle strategie indirette, così come nelle condizioni generali di una zona di guerra, che riguardano l’area islamica “occidentale”, tutto diventa possibile, spiegando un fatto altrimenti incomprensibile: anche il “finanziamento” di elementi in Mali che le nostre truppe devono combattere.
Il triste isolamento della Francia
Washington, Londra e Berlino approvano come si dovrebbe l’intervento francese, ma in realtà nessuno si impegna. Londra “appoggia la decisione francese di fornire assistenza al governo del Mali contro i ribelli“, ha annunciato William Hague, ministro degli esteri di sua disgraziata Maestà, scrive sul suo account Twitter! Restando al “supporto puramente politico” a prescindere dagli aerei cargo prestati pro forma.
Riguardo “la Germania, una settimana prima delle celebrazioni a Berlino dei 50 anni del Trattato dell’Eliseo, non può intervenire perché l’esercito tedesco è senza fondi e senza fiato“… è esaurito dalle “operazioni in Afghanistan, che non sono però neanche una guerra esse stesse. Gli unici paesi europei che hanno ancora la capacità di compiere questo tipo di intervento sono la Gran Bretagna e la Francia… Berlino ha fatto il massimo del possibile fornendo a Parigi un ampio sostegno politico (1)”. [AFP 15 gennaio 2013]. La cancelliera Merkel, “spesso definita la regina d’Europa“, s’è murata dietro un notevole silenzio fin dall’inizio delle operazioni. Credendo che le questioni della “sicurezza europea”, perché è da ciò che proviene la domanda: si contrasta una “minaccia terroristica”?, probabilmente non la riguardino.
Da parte loro, gli Stati Uniti prevedono di fornire supporto logistico… In realtà dei droni dell’AFRICOM, il Comando Africa degli Stati Uniti basato a Stoccarda, che sorvolano le sabbie a sud del Sahara. Tuttavia, nonostante l’arrivo annunciato dei primi soldati nigeriani, ne sono previsti 900, le forze dell’ECOWAS non dovrebbero essere operative prima di settembre! Un totale di 3000 soldati deve provenire da Nigeria, Niger, Burkina Faso, Togo, Senegal, Ghana, Guinea, Benin e forse Ciad e Mauritania, sì … ma quando? A questo punto la Francia è destinata a essere sola e a scontare un conflitto di cui ovviamente non ha ben valutato la dimensione reale, e che non è ovviamente in grado di finanziare da sola… tranne che sovraccaricando un po’ più le tasse e le imposte sulle imposte, così splendidamente illustrate dal “prezzo del carburante alla pompa!”
Un contesto per l’intervento piuttosto torbido, al limite della legalità internazionale
“Il presidente Holland ha giustificato la sua decisione di intervenire in Mali rispondendo all’appello del governo del Mali. E infatti il presidente ad interim del Mali, Dioncounda Traore, ha chiesto alla Francia di fermare i ribelli di Ansar al-Din che avanzando occupavano Konna. Ciò che il governo e i media francesi hanno dimenticato di dire è che questo presidente del Mali non ha alcuna legittimità per richiedere un qualsiasi intervento militare da parte di una potenza straniera sul suolo del Mali. Perché è solo un presidente ad interim, nominato di concerto con l’Unione africana e gli Stati dell’Africa occidentale, e soltanto per restaurare rapidamente l’ordine costituzionale, dopo il colpo di stato del capitano Amadou Sanogo.” [Oumma.com 14 gennaio].
Nella vecchia Africa, la storia non balbetta più, divaga… I leader eletti del Mali (solo la stampa e il Quai d’Orsay ancora parlano di “governo legittimo”) sono stati rovesciati da un colpo di stato militare. Il presidente facente funzione, Dioncounda Traoré, che ha chiamato in soccorso le forze francesi, non ha che una legittimità di facciata… ma comunque sufficiente affinché Parigi s’imbarchi in questa nuova galera.
Un (presidente) interinale messo al potere con l’unica ragione dell’incapacità del colpo di stato militare di bloccare la partizione del paese, “l’accordo firmato dal capo della giunta, il capitano Amadou Sanogo e dal ministro degli esteri burkinabé Djibril Bassolé, rappresentante di ECOWAS, prevede che la Corte costituzionale constati la vacanza della presidenza e il potere di investire ad interim il Presidente dall’Assemblea nazionale.” Soggetto disponibile a “misure legislative che accompagnino la transizione, tra cui un’amnistia generale per i membri del CNRDRE [la giunta] e loro associati, nonché la revoca delle sanzioni dell’ECOWAS.” Il Mali era apparentemente, dopo la caduta di Moussa Traoré nel 1991, considerato un modello di democrazia in Africa. Infatti “la presunta democrazia del Mali era più costosa della dittatura di Moussa Traoré. L’ingiustizia, la corruzione, l’impunità, l’arricchimento illecito erano istituzionalizzati con la democrazia. Lo Stato è uscito completamente screditato. L’epoca della dittatura del partito costituzionale ha lasciato il posto ad una moltitudine di partiti costruiti intorno a singole ambizioni individuali, senza avere funzioni democratiche. In sintesi, una coalizione di interessi più o meno sordidi! L’era democratica… è stata il festival dei briganti (3)”!
Che la democrazia sia il grembo fertile del caos non mette in dubbio ciò che abbiamo tratto dalle nostre esperienze, o peggio, da ciò che è stato imposto con la forza in Afghanistan, Iraq, Libia, e presto, forse molto presto… in Siria (Non ci sperare! NdT). Rimane una domanda, interessante quanto fastidiosa, grazie a Hollande, il destino del Mali sarà diventare una nuova Somalia? La risposta nei prossimi mesi…
Note
(1) Oumma.com 14 gennaio 2013 “Le menzogne della propaganda nella guerra francese in Mali.”
(2) ECOWAS – Comunità economica dell’Africa occidentale. Organizzazione economica stabilita dal trattato di Lagos del 28 maggio 1975, che riunisce quindici Stati dell’Africa occidentale: Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo. Il suo obiettivo principale è promuovere l’integrazione economica e del mercato intra-regionale. Nell’aprile 1990, ECOWAS si è dotata di una forza di interposizione, ECOMOG, per intervenire in Liberia, Guinea-Bissau e Sierra Leone (Encyclopædia universalis).
(3) Issa Ndiaye ex ministro dell’istruzione del presidente Amadou Toumani Toure ed ex ministro della cultura e ricerca scientifica del primo governo del presidente Alpha Konaré – L’intelligent d’Abidjan 16 ottobre 2012
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Fonte: Bollettino Aurora 18 Gennaio 2013
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