La Turchia spara sulla Siria dopo che degli sconosciuti hanno attaccato una città di confine turca
Tony Cartalucci, Land Destroyer, 3 ottobre 2012
Dopo aver ospitato terroristi stranieri e sostenuto le loro operazioni lungo tutto il confine siriano-turco per oltre un anno, la Turchia, membro della NATO, ha sostenuto di aver risposto militarmente contro “obiettivi” in Siria, per un presunto attacco al territorio turco che essa attribuisce al governo siriano. Nonostante le organizzazioni terroristiche pesantemente armate che operano in gran numero su entrambi i lati del confine turco, con l’esplicita approvazione e il supporto logistico della Turchia, il governo di Ankara sembra aver escluso la possibilità che queste forze terroristiche, non l’esercito siriano, siano responsabili dell’attacco con dei colpi di mortaio, che i militanti armati sono noti usare ampiamente.
Immagine: i terroristi che operano in Siria posano accanto a un grande mortaio. I mortai di ogni calibro sono i favoriti dai terroristi, che operano in Siria per attuare, per conto della NATO, un cambiamento violento del regime. I mortai che hanno sparato in territorio turco probabilmente potrebbero provenire dalla Turchia, che finanzia, arma e accoglie i terroristi per conto delle a lungo pianificate macchinazioni della NATO. A differenza del governo siriano, i terroristi, la Turchia, e di conseguenza la NATO, hanno una motivazione reale per lanciare l’attacco iniziale che giustificherebbe la Turchia nel reagire e prevedibilmente nel chiedere alla NATO di intervenire.
Il New York Times, nel suo articolo intitolato “L’artiglieria della Turchia spara su obiettivi siriani in rappresaglia per la morte di civili”, ammette che: “Non si sa se i proiettili di mortaio siano stati sparati dalle forze governative siriane o dai ribelli che combattono per rovesciare il governo del presidente Bashar al-Assad. La risposta turca sembrava dare per scontato che il governo siriano ne sia responsabile”. L’immediato atto ingiustificato di aggressione militare della Turchia, insieme all’istintiva condanna degli Stati Uniti, ha tutte le caratteristiche di un evento orchestrato, o per lo meno, di un tentativo di cogliere opportunisticamente un caso isolato per far avanzare in modo infido l’agenda geopolitica collettiva dell’Occidente. La Siria non ha evidentemente alcun interesse a minacciare la sicurezza della Turchia, né alcun motivo di attaccare il territorio turco, cosa che fornirebbe sicuramente la scusa che si cerca per poter intervenire direttamente a fianco dei fallimentari terroristi fantocci della NATO.
La Turchia desidera ardentemente un pretesto per avviare la seconda guerra con la Siria
E’ stato precedentemente riportato che la Turchia è stata designata dalla NATO e, più specificamente, da Wall Street e Londra, a guidare gli sforzi per ritagliare “zone franche” nel nord della Siria, e di farlo tramite una falsa forza “umanitaria” o un falso pretesto per la “sicurezza”. Ciò è stato confermato dal Brookings Institution, un think-tank sulla politica estera degli Stati Uniti, finanziato da Fortune-500, che ha stilato i progetti per il cambiamento di regime in Libia così come in Siria e Iran. Nella sua relazione “Valutazione delle opzioni di un cambio di regime” si afferma: “Un’alternativa agli sforzi diplomatici su come concentrarsi per porre fine alle violenze e avere accesso umanitario, come si sta facendo sotto la guida di Annan. Ciò potrebbe portare alla creazione di zone franche e corridoi umanitari che dovrebbero essere sostenuti da un limitato potere militare. Ciò, naturalmente, non raggiunge gli obiettivi degli Stati Uniti per la Siria, in cui Assad potrebbe conservare il potere. Da questo punto di partenza, però, è possibile che una vasta coalizione con un mandato internazionale possa aggiungere ulteriori azioni coercitive ai suoi sforzi“. Pagina 4, ‘Valutazione delle opzioni per il cambiamento di regime’, Brookings Institution.
Immagine: Brookings Institution, Memo N°21 sul Medio Oriente, “Valutazione delle opzioni di un cambio di regime“ (.pdf), non è un segreto che l’umanitaria “responsabilità di proteggere” non sia che un pretesto per un cambio di regime a lungo pianificato.
Il Brookings continua descrivendo come la Turchia potrebbe allineare grandi quantità di armi e truppe lungo il confine, in coordinamento con gli sforzi israeliani nel sud della Siria, che potrebbe contribuire a un violento cambiamento del regime vigente in Siria: “Inoltre, i servizi di intelligence d’Israele hanno una forte conoscenza della Siria, così come delle attività nel regime siriano, che potrebbero essere utilizzate per sovvertire la base di potere del regime e avviare la rimozione di Assad. Israele potrebbe inviare truppe su o vicino le alture del Golan e, in tal modo, potrebbe distogliere le forze del regime dal reprimere l’opposizione. Questa posizione può evocare la paura nel regime di Assad di una guerra su vari fronti, in particolare se la Turchia è disposta a fare lo stesso sul suo confine, e se l’opposizione siriana è alimentata continuamente con armi e addestramento. Una tale mobilitazione potrebbe, forse, convincere la leadership militare della Siria a cacciare Assad al fine di preservare se stessa. I sostenitori argomentano che questa pressione supplementare potrebbe far pendere la bilancia contro Assad in Siria, se altre forze vi si allineano correttamente”. Pagina 6, ‘Valutazione delle opzioni per il cambiamento di regime’, Brookings Institution.
I leader turchi hanno chiaramente passato molto tempo a fabbricare scuse varie per soddisfare le richieste di Washington, fabbricando o approfittando delle violenze che la stessa Turchia promuove lungo il confine con la Siria. La relazione menzionerebbe anche il ruolo della Turchia nel contribuire a minare, sovvertire e staccare l’antica città settentrionale di Aleppo: “Poiché la creazione di un’opposizione nazionale unificata è un progetto a lungo termine che non avrà probabilmente mai pieno successo, il gruppo di contatto, pur non abbandonando questo sforzo, può chiedere obiettivi più realistici. Ad esempio, potrebbe concentrare il massimo sforzo per l’attesa frattura tra Assad e, diciamo, l’elite di Aleppo, la capitale commerciale e città in cui la Turchia ha il maggior effetto leva. Se Aleppo dovesse cadere in mao all’opposizione, l’effetto demoralizzante sul regime sarebbe notevole. Se questa opzione fallisce, gli Stati Uniti potrebbero semplicemente accettare una pessima situazione in Siria o intensificare una delle seguenti opzioni militari”. Pagina 6, ‘Valutazione delle opzioni per il cambiamento di regime’, Brookings Institution.
Le opzioni militari comprendono tutto ciò che serve a perpetuare le violenze, secondo la Brookings, “facendolo sanguinare, si mantene un avversario regionale debole, evitando i costi dell’intervento diretto“, dalla “no-fly zone” in stile ad libico a una vera invasione militare. E’ chiaro, leggendo la nota della Brookings, che la cospirazione ha avuto inizio fin dalla sua redazione; con varie opzioni militari in fase di preparazione e vari cospiratori che si posizionano per eseguirle. Per la Brookings Institution le “zone franche” e i “corridoi umanitari” sono destinati ad essere creati dal membro della NATO, la Turchia, che per mesi ha minacciato di invadere parzialmente la Siria, al fine di raggiungere questo obiettivo. E mentre la Turchia sostiene che tutto ciò si basa su “questioni umanitarie”, esaminando la situazione abissale dei diritti umani in Turchia, oltre alle proprie attuali campagne di genocidio contro il popolo curdo, sia all’interno che all’esterno delle sue frontiere, è chiaro che sta semplicemente adempiendo agli ordini dettati dai suoi padroni occidentali di Wall Street e della City di Londra.
Foto: nel 2008, carri armati turchi entrano in Iraq per un’incursione contro città curde e per cacciare sospetti ribelli. Più recentemente, la Turchia ha bombardato “sospette” basi dei ribelli sia in Turchia che in Iraq, così come ha effettuato massicci arresti a livello nazionale. Stranamente, la Turchia verifica ciò di cui la Libia di Gheddafi e la Siria di Assad vengono accusate di fare, in totale ipocrisia, chiedendo l’invasione parziale della Siria sulla base di “preoccupazioni umanitarie.”
Questo ultimo scambio a fuoco tra la Turchia e la Siria non è il primo. La Turchia ha fabbricato storie su pretesi ‘attacchi’ delle truppe siriane oltre il confine turco-siriano. The New York Times ha pubblicato queste accuse in grassetto, prima di ammettere, in fondo pagina, che “non è chiaro che tipo di armi hanno causato danni, domenica, a circa sei miglia all’interno del territorio turco“, e che “ci sono resoconti contrastanti circa l’incidente“. Come lo sono tutte le accuse fatte dalla NATO, dall’ONU e dai singoli Stati membri per giustificare l’ingerenza negli affari della Siria, questi resoconti comprendo le voci sparse dagli stessi ribelli. E’ chiaro che la Turchia, la NATO e le Nazioni Unite tentano continuamente di inventarsi un pretesto per la creazione di “zone franche” e “corridoi umanitari” destinati ad aggirare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha visto i tentativi di via libero all’intervento militare bloccati dal veto multiplo posto da Russia e Cina. Che le Nazioni Unite non siano riuscite del tutto a condannare le provocazioni combinate e l’ingerenza negli affari della Siria, illustra il fallimento assoluto della sovranazionalità, per non parlare della governance globale.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Fonte: Bollettino Aurora 4 Ottobre 2012
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