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La Commissione Ue smentisce le voci su una sorta di Piano Marshall rilanciate dalla stampa spagnola
La Commissione Europea ha seccamente smentito di avere allo studio un nuovo Piano Marshall in funzione della crescita per 200 miliardi di euro, una notizia che è stata pubblicata dal quotidiano spagnolo El Pais. Per l’organismo di Bruxelles si tratta soltanto di pura speculazione su ogni dettaglio. La portavoce dell'esecutivo Ue, Pia Ahrenkilde, che riporta il pensiero del presidente, il portoghese José Barroso, ha sostenuto che la Commissione ha già definito misure in funzione della crescita, la cosiddetta “Strategia Europa 2020”. Tali voci, ha insistito, non hanno quindi niente a che fare con la realtà e hanno l’unico effetto di diffondere dubbi sulla capacitò dei Paesi della Ue di rimettersi in sesto.
La Ahrenkilde si è aggrappata all’ovvio ricordando le parole pronunciate da Barroso venerdì scorso dopo l'incontro con Mario Monti sul fatto che “Europa 2020” è stata approvata da tutti gli Stati membri e sostenuta dal Parlamento europeo. Tale strategia comune non rappresenta una alternativa al Patto di bilancio che implica tagli alla spesa pubblica e il pareggio dei conti entro il 2013 ma ne è un complemento indispensabile. La questione infatti non è se scegliere tra il consolidamento di bilancio e la crescita perché l’Europa ha bisogno di entrambe. La portavoce ha rivendicato polemicamente alla Commissione di avere chiara da tempo la questione della crescita che non è separabile da quella del controllo sulla dinamica dei conti pubblici.
Ma in realtà, l’idea che la Commissione e i singoli governi dell’Unione spargono a piene mani è quella di voler imporre misure di austerità che lungi dal diminuire il debito pubblico, incidendo semmai soltanto sul disavanzo, stanno moltiplicando i fuochi della recessione. Infatti, con l’imposizione di nuove tasse, con il taglio dei servizi pubblici, con la libertà di licenziamento, con il taglio di stipendi e pensioni, si tolgono risorse finanziarie ai cittadini e si colpisce pesantemente la domanda interna. Il rifiuto dogmatico di una qualsivoglia politica economica keynesiana, investimenti pubblici finanziati in disavanzo in funzione della crescita tramite l’effetto moltiplicatore, non può che lasciare via libera al successo di una linea economica integralista liberista. Questa, in nome di una dichiarata libertà di mercato, che in realtà implica il trasferimento di ricchezza reale dalle tasche dei cittadini a quelle dell’Alta Finanza, è la deriva che ha preso piede in Europa e che i governi dei banchieri stanno imponendo. Una linea che si muove in una ottica di puro efficientismo che poco e niente si preoccupa della devastazione sociale che sta innescando con milioni e milioni di nuovi poveri e di disoccupati che non intravedono prospettive di poter modificare la propria situazione.
Le rivolte di piazza che hanno portato in piazza in Grecia centinaia di migliaia di cittadini, che non hanno più nulla da perdere, dovrebbero essere di monito a quanti ancora insistono a proseguire sulla stessa strada che implica lo smantellamento progressivo dello Stato sociale. Un disagio sociale diffuso che dovrebbe registrare la sua prima manifestazione politica in Europa in occasione del ballottaggio delle presidenziali francesi di domenica prossima con il candidato socialista, Francois Hollande, dato per favorito, che ha annunciato che una volta eletto impugnerà il Patto di bilancio, che l’attuale inquilino dell’Eliseo e la cancelliera Angela Merkel hanno imposto all’Europa.
Dove potrà e vorrà spingersi Hollande non è dato sapersi anche perché le dichiarazioni di principio sono una cosa e le decisioni politiche un’altra considerato che debbono misurarsi con la realtà e con rapporti ed equilibri internazionali ormai consolidati. Certo è che le prese di posizioni di Hollande, che riflettono una crisi che pure in Francia si è fatta pesantemente sentire, sono state in grado di dare fiato alla speculazione anglo-americana che vi ha visto una occasione per scavare un’altra crepa nel già traballante edificio dell’euro, ormai percepito come l’origine di molti mali.
I cittadini europei sono infatti esasperati nel vedere che i governi e la Commissione impongono misure di austerità e di impoverimento mentre la Banca centrale europea impresta 1.000 miliardi di euro per tre anni alle banche al misero tasso annuale dell’1%. Le quali banche si guardano poi bene da girare quei soldi alle imprese e ai cittadini in funzione della crescita economica e del sostegno della domanda interna. Una accusa che è stata fatta propria anche da Leonardo Del Vecchio, proprietario della Luxottica, l’imprenditore italiano più di successo negli ultimi 25 anni sul panorama internazionale. Un Del Vecchio che ha messo sotto accusa la tendenza delle principali banche italiane (ma anche di un colosso delle assicurazioni come le Generali) a giocare con la finanza attraverso investimenti troppo spesso azzardati e fonte di perdite invece di dedicarsi a svolgere quella che dovrebbe essere l’attività sociale, ossia quella di fare prestiti.
Fonte: Rinascita.eu 30 Aprile 2012
"aggiuntive" a quali? C'erano misure per la crecita oltre a quelle per la crescita del debito?
RispondiElimina;(