venerdì 18 maggio 2012

La mafia della porta accanto

By ilsimplicissimus

struzzo_in_doppiopettoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Tempo fa nel libro di un magistrato sull’intreccio tra corruzione, reati economici e criminalità, mi è capitato di leggere una dichiarazione folgorante dei carabinieri di Monza: “il mondo ormai è la Calabria e quello che diventerà Calabria”.

Un corollario questo a una temibile profezia che pare si stia avverando contenuta in un rapporto che i servizi americani trasmisero a Clinton nel 2000 e che diceva più o meno che nel 2010 alcune nazioni sarebbero passate sotto il controllo di governi privati, veri e propri anti-stati che avrebbero sottratto la sovranità a popoli e paesi.


Il rapporto contava 50 aree del pianeta ormai passate sotto il dominio di potenze criminali e faceva intendere che il processo stava subendo una accelerazione. Allora era facile pensare al Sudamerica, ai balcani e al Mezzogiorno d’Italia. Allora era facile ma poco preveggente pensare che il fenomeno in Italia fosse localizzabile e circoscritto al Sud. Allora era facile pensare che queste potenze oscure avessero le fattezze di una gerarchia di padrini e di una manovalanza di picciotti, che fossero sanguinarie e cruente, ignoranti e primitive. Allora era facile persuadersi che forse la globalizzazione e la modernità le avrebbero spazzate via.

Oggi invece sappiamo che la grande cupola che toglie la sovranità agli stati e ai popoli, che innerva le società, che si insinua ovunque nei gangli vitali, infiltrandosi nell’economia e nel tessuto sociale, è preparata, determinata, poco appariscente e molto influente. È una alleanza implacabile e planetaria, fatta di grandi patrimoni, di alti dirigenti del sistema finanziario, di politici che intrecciano patti opachi con i proprietari terrieri dei paesi emergenti, di tycoon dell’informazione, insomma quella classe capitalistica transnazionale che domina il mondo e che si è intrecciata con la criminalità, utile per la circolazione di denaro, per la penetrazione nel sistema politico, per l’occupazione del territorio, per il monopolio delle grandi opere, delle infrastrutture e del poco che resta delle produzioni, preparata, aggiornata e vocata a scegliere business “legali”, che tanto il confine è ormai labile e i profitti più elevati.

Le grandi mafie in grisaglia, quelle professionali, tecnologiche sofisticate, anni luce più avanti della polizia, della guardia di finanza, dell’autorità giudiziaria, che hanno dismesso le pistole per dedicarsi a operazioni finanziarie e acrobatiche transazioni, poco ostacolate grazie a leggi ad personam, pene miti, condoni e scudi, si sono installate in altri siti. E lo si capisce quando nelle maglie di arresti spettacolari cascano esponenti un bel po’ obsoleti, nostalgici del paesello. Ché quelli che contano davvero e danno una mano alla totale espropriazione di beni, garanzie, diritti e democrazia sii sono trasferiti là, in posti che vogliono far diventare Sud, esattamente, pare, come lo vuole un rapace supergoverno, un Sud del mondo da depredare e ridurre in servitù.

Gli imprenditori del crimine, la ndrangheta preferiscono la Milano da bere e se la bevono in una campagna di espansione, una vera internazionalizzazione, perché è questa la circolazione che la globalizzazione sembra favorire. Siamo oppressi da infauste profezie che si avverano, come quella del moderatismo risorgimentale che vedeva un’Italia divisa in un’area opulenta con Nord come un grasso Belgio e territori depressi, un Sud abbandonato a se stesso. È andata ancora peggio, tutto il paese è diventato il meridione di un’Europa vessatrice e avida e il mezzogiorno d’Italia è una geografia a sé dove sembra consumarsi una tremenda pedagogia, un esperimento infame, quello dell’abbandono, del rifiuto, della condanna a una separatezza ancora più esasperata dalla crisi.

È stato tirato su un altro muro. Lo si capisce dall’indifferenza con la quale media, partiti al governo e diversamente al governo hanno seguito la vicenda delle elezioni a Catanzaro. Quel tipo di elezioni che sempre dopo e troppo tardi impongono la presenza delle istituzioni, intese come poliziotti e magistrati. E infatti è la magistratura che ha avviato un’inchiesta per voto di scambio che vede tra le persone coinvolte un consigliere comunale di una lista satellite del Pdl, Franco Leone, mentre la Digos, invece, ha effettuato il sequestro di tutte le schede elettorali di tutti i seggi della città, 90, e della documentazione in possesso degli uffici della Commissione elettorale del Comune. Dopo e troppo tardi: quando sono diventate decine le segnalazioni di irregolarità anche gravi, arrivate durante e dopo il voto, e finite in un dossier messo a disposizione dei magistrati. Eh si, smargiassate, infrazioni sfrontate se in un seggio su 939 iscritti i votanti sono 729 (tra cui 3 componenti di seggio e un rappresentante di lista), ma alla fine le schede votate risultano 731. Se in un altro un’elettrice va a votare e scopre che l’ha già fatto qualcun altro al posto suo con un documento che non è il suo. E se in un seggio una scrutinatrice esibiva una tshirt con su scritto: «Voto Brutto e mi ‘nda futtu». Che è proprio uno slogan elettorale visto Brutto è Tommaso, candidato in una lista collegata al candidato sindaco Sergio Abramo, eletto con un inquietante 50%, grazie a 130 voti in più, molto pochi e molto opachi.

Un amico me ne parla e un amico cui chiedo un parere mi risponde, è la normalità qui. Chi aveva paura della secessione non si è accorto che intanto vinceva la decomposizione, modificando la struttura del blocco sociale: la classe politico-burocratica del mezzogiorno ha stretto con le organizzazioni criminali rapporti collusivi, portando l’alleanza al di là di un compromesso tra poteri distinti per configurare un amalgama nuova, una borghesia mafiosa che ha inquinato amministrazioni locali, appalti, lavoro, sabotando i tentativi di resistenza, intossicando tribunali, comprando consensi tanto che ormai si ammazza sempre meno. E non perché si siano ammansiti i riottosi. Ma perché pare essere lo spirito del tempo, l’accidiosa acquiescenza, mica solo nel Sud. E peggio ancora, l’indifferenza, quando la normalità come rinnovamento, si sclerotizza nella normalità come routine, quando la vigilanza della responsabilità e del dovere si quieta nella sonnolenza del “tutti fanno così”, quanto lo stupore e lo sdegno si spengono nella rassegnazione.

C’è stato chi ha detto: se la giustizia scompare, non ha più alcun valore che vivano uomini sulla terra. Io sono sicura che a Catanzaro, a Milano, a Roma in giro per questo Paese c’è, ci deve essere qualcuno che non vuole disprezzarsi per aver perduto quel valore, che vuole mantenere il rispetto che vuole restare persona umana, che vuole ascoltare la voce dell’innocenza tradita e riscattare la sua vita. Deve essere così.

Fonte: ilsimplicissimus 17 Maggio 2012

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