Proponiamo una sintesi dello studio del gruppo di lavoro coordinato dal prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia dell’Università di Napoli Federico II, direttore del Dip.Scienza del Territorio. In questo studio partendo dalla disamina del terremoto in Emilia vengono delineate alcune linee di indirizzo per chiarire alcuni problemi connessi all’estrazione e la reinezione di fluidi in pressione in aree caratterizzate da faglie sismogenetiche in grado di originare eventi di elevata magnitudo come accaduto nel 1857 in Val d’Agri con la loro possibile interferenza con le tubazioni utilizzate per estrarre petrolio o immettere fluidi in profonbdità. Di seguito lo studio del gruppo di lavoro scaricabile con i disegni e le cartine in coda al contributo scientifico.
Effetti locali causati dal sisma del 20 maggio 2012 nella Pianura Padana
Premessa
La notte dl 20 maggio 2012, verso le ore 0,4 del mattino, un evento sismico ha interessato una vasta area compresa tra Ferrara, Bologna, Modena ed il corso del fiume Po causando seri danni e alcune vittime. Notevoli sono stati gli effetti al suolo quali liquefazione di sabbie, con conseguenti abbassamenti e locali sollevamenti della superficie del suolo, amplificazioni locali che hanno seriamente danneggiato edifici pubblici e privati e diverse strutture produttive. Secondo i dati diffusi dall’INGV la magnitudo è stata stimata intono a 5,9 e la profondità ipocentrale intorno a 6 chilometri di profondità. Come avviene dopo la rottura principale il sottosuolo è stato interessato da centinaia di eventi distribuiti tra qualche chilometro e oltre 20 chilometri di profondità in una porzione di crosta larga circa 20-25 chilometri e lunga circa 40 km.
In parte dell’area sono stati realizzati diversi pozzi profondi per ricerca di idrocarburi ed era stata avanzata una istanza per la iniezione in profondità di metano.
Eventi sismici distruttivi precedenti risalgono ad alcuni secoli fa.
Gli scriventi sono stati particolarmente interessati dai diffusi ed eccezionali fenomeni attribuibili alle caratteristiche stratigrafiche, geotecniche ed idrogeologiche dei sedimenti che costituiscono le prime decine di metri di sottosuolo. Si ringrazia il collega Dott. Rino Conforti che ha fornito i dati di sue precedenti esperienze professionali che hanno consentito di ricostruire le caratteristiche geologico-tecniche del substrato indagato con decine di sondaggi geognostici e prove penetrometriche prima dell’evento sismico.
La presente nota preliminare si basa sui dati ricavati da numerose immagini e filmati resi pubblici in Internet, sui dati sismologici pubblicati dall’INGV e sui dati di sottosuolo ricavate da varie pubblicazioni scientifiche. Le esperienze multidisciplinari maturate sul campo nelle aree devastate da vari eventi sismici precedenti hanno consentito una prima elaborazione dei dati finora resi disponibili.
La struttura profonda
I dati circa la struttura profonda dell’area sono tratti dalla pubblicazione di Toscani, Burrato, Di Bucci e Valensise, 2008, BSGI, dal titolo ” Plio-Quaternary evolution of the northern Apennines thrust fronts (Bologna-Ferrara section, Italy): seismotectonics implications.” Viene evidenziata una tettonica crostale attiva che causa un accorciamento di meno di 1 mm/anno in direzione N-S. In pratica il fronte della catena e del suo basamento è ancora interessato da lieve spostamento in direzione perpendicolare al fronte stesso. Grazie ai dati di prospezioni petrolifere è stata ricostruita la stratigrafia del sottosuolo. La copertura sedimentaria ha età compresa tra il Carbonifero inferiore ed il Pleistocene e uno spessore complessivo variabile da circa 7 a circa 5 km. La copertura sedimentaria è intensamente deformata così come il suo basamento. Dal punto di vista sismogenetico gli autori distinguono tre fasce subparallele al fronte della catena con strutture profonde attive.
Figura 1: SSE, SSI, SSIN= zone sismogenetiche, tratte da Toscani et al., qui rinominate rispettivamente strutture sismogenetiche esterne, intermedie ed interne. AE indica l’area epicentrale dell’evento del 20 maggio 2012; Il cerchio rosso evidenzia l’ubicazione dell’ipocentro, le frecce nere perpendicolari indicano le prevalenti direzioni di abbattimento di manufatti significativi; le righe nere punteggiate evidenziano le direzioni prevalenti delle rotture registrate sulla superficie del suolo; FS schematizza la proiezione sulla superficie del suolo della probabile faglia immergente verso sud (che interessa la copertura sedimentaria e il suo substrato precarbonifero) che ha originato l’evento sismico. A-B e C-D sono le tracce di due sezioni profonde schematiche di seguito illustrate.
Figura 2: schema della struttura profonda. Gli spessori e le strutture principali sono indicativi. Il riquadro rosso trasparente indicato con a evidenzia la posizione della faglia sismogenetica intorno a 6 km di profondità; il riquadro giallo tarsparente b indica la parte di sottosuolo prevalentemente interessata dagli aftershocks.
Figura 3: schema della struttura profonda attraverso le strutture sismogenetiche. Gli spessori e le strutture principali sono indicativi. Il riquadro rosso trasparente indicato con a evidenzia la posizione della faglia sismogenetica intorno a 6 km di profondità. La porzione di crosta indicata con b e delimitata dalla linea punteggiata blu è quella più interessata dalle deformazioni e dagli aftershocks. S individua la parte dell’area epicentrale interessata da sollevamento sella superficie del suolo.
Figura 4: schema tridimensionale della struttura profonda attraverso le strutture sismogenetiche. Gli spessori e le strutture principali sono indicativi. Il riquadro rosso trasparente evidenzia la posizione della faglia sismogenetica intorno a 6 km di profondità. Come si vede parte dell’area epicentrale è stata interessata da ricerche di idrocarburi con pozzi profondi (PI). Risulta che sia stata presentata un’istanza per effettuare iniezioni di metano nei serbatoi profondi. In base ai dati finora resi disponibili si evince che la faglia compressiva che originato l’evento del 20 maggio 2012 si trova compresa tra le fasce con strutture sismogenetiche indicate con SSE e SSI. Allo stato attuale non si può definire a quale delle due fasce essa appartenga.
La nostra è una interpretazione che può essere soggetta a modificazioni in base a dati successivamente resi noti. Gli schemi proposto servono a rendere un’idea dell’articolazione della struttura profonda. Come si vede la faglia sismogenetica è una parte di strutture attive tettonicamente come conseguenza dello spostamento verso nord di circa 1mm/anno. Il sisma, pertanto, ha una chiara origine naturale tettonica.
Impatto delle attività di estrazione e “ripompaggio” di idrocarburi nelle zone con tettonica attiva
Come si vede nella figura 5 nelle aree interessate da faglie attive nel sottosuolo esistono numerosi pozzi profondi finora eseguiti per ricerca di idrocarburi.
Come è noto sono in corso alcuni interventi di riimmissione di metano nelle rocce serbatoio di giacimenti ormai esauriti. Tali interventi sono attuati in varie parti del mondo; talvolta sono vietati in quanto l’iniezione di fluidi in pressione nel sottosuolo, come testimonia una ricca bibliografia scientifica internazionale, a luoghi può innescare un’attività sismica di non elevata magnitudo. Non si intende mettere in relazione le iniezioni di fluidi nel sottosuolo o comunque l’estrazione di idrocarburi con l’attività sismica di elevata magnitudo di chiara origine tettonica. Crediamo che debba essere adeguatamente approfondito l’argomento, almeno, laddove sono in corso attività estrattive e di probabile “reiniezione” di fluidi per favorire l’emungimento del petrolio, come nella Val d’Agri in Basilicata, in aree caratterizzate da faglie sismogenetiche in grado di originare eventi di elevata magnitudo come
accaduto nel 1857.
Crediamo che vadano chiariti alcuni problemi, quali ad esempio, se l’estrazione di idrocarburi e la “reiniezione” di fluidi in pressione in aree con faglie sismogenetiche capaci di scatenare eventi di elevata magnitudo con conseguenti spostamenti verticali, orizzontali e rotazione di blocchi lapidei sia da vietare oppure, come accade attualmente, da lasciare completamente libere. Si deve inoltre fare chiarezza sull’incidenza che possono avere le “reiniezioni” di fluidi in pressione nelle rocce serbatoio ad alcuni chilometri di profondità in corrispondenza di faglie attive: equivale al ruolo che può avere una mosca che si appoggi su un edificio pericolante oppure all’impatto che può derivare da un elicottero che atterri sullo stesso edificio pericolante?
Figura 5: Relazioni tra pozzi per ricerca di idrocarburi e tettonica attiva in parte dell’Appennino Emiliano. L’area epicentrale dell’evento del 20 maggio 2012 è delimitata dalla cerchio blu all’interno della linea blu. I riquadri rossi individuano le aree con tettonica attiva e faglie sismogenetiche secondo Toscani et al.
Figura 6: I pozzi per ricerca di idrocarburi nell’area epicentrale dell’evento del 20 maggio 2012. Relazioni tra caratteristiche geologico-tecniche dei sedimenti superficiali ed effetti locali Con la collaborazione del Dott. Geologo Rino Conforti sono state ricostruite le caratteristiche geologico-tecniche generali della porzione superficiale dei sedimenti che costituiscono il substrato dell’area epicentrale.
Figura 7: Caratteristiche stratigrafiche generali dell’area epicentrale.
Figura 8: Schema delle deformazioni che interessano i sedimenti superficiali con scadenti caratteristiche geotecniche durante il transito delle sollecitazioni sismiche che causano la liquefazione delle sabbie sature e la loro conseguente “eruzione” attraverso le fratture.
Figura 9: Schema delle deformazioni che interessano i sedimenti superficiali con scadenti caratteristiche geotecniche durante il transito delle sollecitazioni sismiche e impatto sulle costruzioni non idonee a resistere alle sollecitazioni orizzontali.
Figura 10: esempio di deformazioni persistenti dopo il sisma: fratture e spostamenti verticali della superficie del suolo.
Al di sotto di alcuni metri superficiali costituiti dal suolo e da una copertura limoso-argillosa si rinviene un banco di sabbie sciolte completamente sature di spessore variabile da circa 10 m ad oltre 15 m che sono state deposte in seguito alle esondazioni oloceniche del fiume Po. Complessivamente si possono avere da circa 10 a circa 20 m di sedimenti olocenici poggianti sul substrato del Pleistocene Superiore che generalmente ha caratteristiche geotecniche migliori. In base agli effetti locali rilevabili dopo il sisma si deduce che la porzione di sedimenti olocenici è stata significativamente deformata dal transito delle sollecitazioni sismiche lungo due direzioni di propagazione preferenziale come illustrato nella figura 1. Le deformazioni, come solitamente avviene in sedimenti con simili caratteristiche litologico-tecniche, sono correlabili con vere e proprie ondulazioni con propagazione secondo direzioni
successive e perpendicolari. La lunghezza d’onda può variare da meno di 10 m ad oltre 20 m. Tali deformazioni hanno innescato consistenti fenomeni di liquefazione e conseguenti deformazioni persistenti nei terreni individuabili in profonde fratture, sollevamenti ed abbassamenti decimetrici della superficie del suolo. Le deformazioni del suolo non si sono esaurite con la fine del sisma ma possono continuare ad accentuarsi aggravando i dissesti dei manufatti.
La deformabilità dei sedimenti superficiali ha causato locali effetti di amplificazione delle sollecitazioni orizzontali sui manufatti in elevazione e conseguenti problemi in quelli non antisismici. I problemi causati da un substrato come quello che caratterizza il sottosuolo dell’area interessata dal sisma del 20 maggio 2012 sono agevolmente prevedibili con adeguate indagini geologico-tecniche e geotecniche.
I diffusi danni ai manufatti di tipo industriale evidenziano che si è verificata una significativa amplificazione locale e che le strutture non erano state realizzate per resistere alle sollecitazioni alle quali sono state sottoposte. Gli studi che saranno espletati in seguito consentiranno di approfondire alcuni significativi aspetti che riguardano la sicurezza del territorio antropizzato ed urbanizzato in relazione agli eventi sismici.
Conclusioni
Il sisma di origine tettonica ha determinato significativi effetti locali di amplificazione non prevsiti in precedenza; ciò ha causato ingenti danni ai manufatti. I motivi tettonici crostali che caratterizzano l’area epicentrale del sisma del 20 maggio 2012 si trovano in corrispondenza del margine sepolto dell’Appennino emiliano anche dove non si hanno precedenti storici di eventi sismici.
Considerando la spinta antropizzazione ed urbanizzazione dell’area va seriamente affrontato il problema dell’adeguamento sismico di strutture pubbliche e private. Gli studi in corso nel campo sperimentale costituito dall’area epicentrale forniranno nuove indicazioni tecniche finalizzate ad adeguare e costruire nel modo più sicuro possibile. Una considerazione di notevole interesse va fatta sull’impatto degli eventi sismici sulle tubazioni per estrazione di idrocarburi in zone interessate da faglie attive e sull’impatto che può essere determinato dalla “iniezione” in pressione di fluidi all’interno delle rocce serbatoio in zone con tettonica attiva. Tali considerazioni vanno fatte con apporti scientifici indipendenti e qualificati, considerando l’importanza industriale dei giacimenti di idrocarburi e l’importanza socio-economica delle risorse naturali di importanza strategica come le acque sotterranee e superficiali nonchè la salute dei cittadini. Finora non è mai stato affrontato in maniera trasparente e credibile questo problema.
Gruppo di studio coordinato da Franco Ortolani, Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II, Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio,
Dott. Geologo Valerio Buonomo, c/o Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, UNINA,
Ing. Gabriele Petroccelli, c/o Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, UNINA,
Dott.ssa Silvana Pagliuca, CNR -ISAFOM, Ercolano.
27 maggio 2012
Fonte: OLA Ambientalista 28 Maggio 2012
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