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No di Van Rompuy, Barroso e Monti a investimenti pubblici finanziati in disavanzo. Nuovo monito di Merkel a Hollande
Il rigore dei conti pubblici deve accompagnarsi a misure che possano rilanciare la crescita e l’occupazione. Fedele alla linea adottata e imposta dalla Commissione europea, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha inviato una lettera in merito a tutti i capi di governo dell’Europa dei 27. Il politico e tecnocrate belga che, in virtù della sua carica, non dispone di potere reale ma svolge un ruolo di impulso per l’adozione di misure ultra-liberiste, ha preso molto sul serio il suo compito.
Le misure per il consolidamento fiscale, tra tagli delle spese e aumenti delle tasse erano necessarie, ha cercato di spiegare, ma ora è giunto il momento di concentrarsi su misure a tutto campo da adottare per fare ripartire l’economia. Non ci sono soluzioni rapide, ha ammesso Van Rompuy, ma lui si è detto convinto che gli sforzi comuni ci ripagheranno tutti. Del come, che è la questione cardine che continua a dividere, se ne parlerà al prossimo vertice dell’Unione di Bruxelles alla fine di giugno. Nel frattempo Van Rompuy, tanto per dimostrare di meritarsi lo stipendio, continuerà a fare opera di impulso e a lavorare con le prossime presidenze di turno europee. I capi di governo, soprattutto in questa fase così difficile, dovranno mostrare disponibilità a raggiungere un accordo di compromesso su ognuno dei punti ancora aperti. Come il brevetto unitario, il mercato interno e l'efficienza energetica.
Ma già pesanti nubi si addensano nei cieli europei che potrebbero trasformarsi in diluvio se il socialista “sociale” Francois Hollande dovesse vincere la corsa per l’Eliseo e rimandare a casa il post-gollista Nicolas Sarkozy che unitamente ad Angela Merkel aveva fatto nascere un direttorio franco-tedesco che si era arrogato il diritto non scritto di dettare agli altri Paesi membri le regole di comportamento.
Quel “fiscal compact”, il Patto di Bilancio sottoscritto da 25 Paesi su 27, esclusi Gran Bretagna e Repubblica Ceca, che impegna a ridurre l'indebitamento e a tagliare le spese. Hollande, con il fine di andare a pescare voti a sinistra nelle fasce di popolazione più toccate dalla crisi economica, pensionati, disoccupati, giovani senza prospettive di impiego e nuovi poveri, ha già fatto sapere che, se vincerà le presidenziali, impugnerà il Patto di Bilancio sottoscritto dal suo predecessore. E cambierà politica economica all’insegna di un aumento della spesa pubblica per stimolare la crescita. Interventi in nome della più classica dottrina keynesiana che prevede investimenti pubblici in disavanzo (leverage) per finanziare opere infrastrutturali in grado di fare ripartire l’economia grazie all’effetto moltiplicatore.
Una ipotesi che ha scatenato la speculazione internazionale anglofona che il giorno dopo la sua vittoria al primo turno, è ritornata ad attaccare i titoli di Stato dei più deboli tra i Paesi membri come Italia e Spagna.
Un annuncio già datato quello di Hollande ma che la Cancelliera tedesca ha voluto di nuovo commentare negativamente, facendo anche una precisa scelta di politica estera a favore dell’attuale inquilino dell’Eliseo. Entrambi, ha ricordato, apparteniamo alla stessa famiglia di partiti e abbiamo lavorato insieme per il bene dell'Europa in una fase molto difficile della crisi del debito. Certo, ha precisato, per non chiudere tutti i ponti, l’affidabilità e la buona cooperazione costituiscono la natura della particolare amicizia tra Francia e Germania. E io lavorerò bene e in modo affidabile con chiunque vincerà il 6 maggio prossimo.
Il fiscal compact dell'Eurozona, ha ammonito, tornando subito alla sostanza, non è negoziabile. Esso, ha ricordato, è stato negoziato e sottoscritto da 25 capi di governo ed è già stato ratificato da Portogallo e Grecia, mentre tutti gli altri Parlamenti sono in procinto di adottarlo. Nessun nuovo negoziato quindi. In questa fase conta il rigore dei conti. La crescita è il secondo pilastro delle nostre politiche. E in una fase di recessione come questa, è necessario contenere la spesa, fare le necessarie riforme strutturali per essere pronti a cogliere i primi segnali di una ripresa economica a livello globale.
Le stesse cose, guarda caso, che Mario Monti ha detto due giorni fa e che ha ripetuto ieri durante un incontro con il presidente della Commissione europea, Josè Barroso. Gli investimenti pubblici in funzione della crescita, hanno convenuto i due, vanno benissimo ma devono essere finanziati senza ulteriori indebitamenti. Quindi con il consolidamento fiscale, che significa più tasse grazie alla lotta all’evasione. Ci vogliono poi misure per migliorare la competitività. Questo, anche se non lo hanno detto, significa lavoro più flessibile e precario. E progressi accelerati e più efficaci nell'economia digitale, nell'energia e nei servizi. Solo così si potrà rilanciare la domanda interna nel breve termine senza che essa, in assenza di una maggiore produzione, si trasformi in inflazione. Il tutto, ovviamente, in funzione di uno sviluppo ulteriore del mercato unico europeo sul quale potranno essere spostati a piacimento materie prime, merci, prodotti finiti, capitali e forza lavoro. E nel quale l’Alta Finanza potrà sempre di più fare pesare il suo potere reale, cancellare progressivamente le singole sovranità nazionali ed imporre uomini di propria fiducia a fare le comparse politiche sul palcoscenico nel guidare i governi e la stessa Commissione europea. Più di quanto sia successo e stia succedendo.
Fonte: Rinascita.eu 27 Aprile 2012
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