di: WSI
Wall Street Italia
New York - L'Europa sta letteralmente commettendo un suicidio economico. Parola del premio Nobel per l'economia Paul Krugman, che esprime chiaramente la propria opinione in un articolo pubblicato sul New York Times.
Questi i punti cruciali che Krugman mette in evidenza: le economie dei paesi periferici, soprattutto la Spagna, sono a pezzi, ma nonostante questo si continua a chiedere loro di fare ulteriori sacrifici, dunque di peggiorare la loro situazione con le misure di austerity in corso, così come comandato dalla Germania e dalla Bce.
Non solo, afferma l'economista: l'economia sta peggiorando, e l'Europa in questo contesto non sta andando neanche nella direzione di migliorare i propri conti pubblici. I tassi sono ancora in rialzo e, come la Grecia ha mostrato, le misure di austerity non migliorano le dinamiche dei debiti..
Krugman commenta l'articolo pubblicato sul The Times, lo scorso sabato: "Suicide by economic crisis", ovvero "Suicidi provocati dalla crisi economica": un articolo che mette chiaramente in luce la tragedia di molti cittadini europei che, disperati per le tasse da pagare, consapevoli della povertà che si avvicina, incapaci di pagare il mutuo o di far fronte alle imcombenze più semplici della vita, decidono di porre fine alla loro vita.
"Fino a qualche mese fa, avevo ancora qualche speranza sull'Europa. Vi ricorderete come lo scorso autunno l'Europa appariva sull'orlo di un crollo finanziario - scrive Krugman - ma la Bce, la controparte europea della Fed, è intervenuta per salvare il Continente". Il riferimento è alla maxi iniezione di liquidità operata dall'istituto, sotto forma di cospicui prestiti alle banche.
L'"interrogativo, in quel momento, è se questa azione coraggiosa ed efficacia avrebbe siglato l'inizio di un ripensamento più ampio, se i leader europei avrebbero utilizzato lo spazio concesso dalla Bce per riconsiderare le loro politiche (...) Ma non l'hanno fatto". Krugman alza le mani e ritiene che a questo punto sarà difficile che l'Europa capisca davvero quello che dovrebbe e non dovrebbe fare.
L'esempio più indicativo degli sbagli commessi dall'Europa, e in particolar modo da Francoforte, è la Spagna. "La Spagna versa in una condizione di depressione piena, con un tasso di disoccupazione complessivo del 23,6%, pari a quello che l'America sperimentò durante gli anni della Grande Depressione, e con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 50%. Questa situazione non può andare avanti, e la consapevolezza del fatto che non potrà andare avanti è il fattore che sta portando i tassi sui bond spagnoli a schizzare verso l'alto".
Il punto, continua, è che la storia della Spagna non ha nulla a che vedere "con le favole sulla moralità che sono così popolari tra i funzionari europei, soprattutto in Germania. La Spagna infatti non era un paese che sperperava il proprio denaro pubblico. Alla vigilia della crisi, l'economia era caratterizzata infatti da un basso livello del debito e da un surplus di bilancio. Detto questo, "aveva anche un enorme bolla sul mercato immobiliare, bolla in parte resa possibile grazie agli enormi prestiti che le banche tedesche erogavano alle loro controparti. Quando la bolla esplose, l'economia spagnola si prosciugò. Ma è importante sottolinea che i problemi fiscali sono la conseguenza della depressione, non la sua causa.
"Nonostante ciò, la medicina che arriva da Berlino e Francoforte, pensate un po', quella di una austerity fiscale ancora più rigida". Parlando senza mezzi termini, questa situazione è semplicemente da pazzi.
Sconfortato dalla testardaggine europea e soprattutto tedesca, Krugman arriva ad affermare che un'alternativa, a questo punto, dovrebbe essere l'uscita dall'euro, unita al ripristino delle valute nazionali. "Potreste dire che si tratta di una cosa inconcepibile, e che l'effetto sarebbe enormemente distruttivo sia economicamente che politicamente. Ma continuare su questa strada, imporre misure di austerity su paesi che stanno soffrendo già tassi di disoccupazione da Depressione, è questo che è davvero inconcepibile".
Se davvero si vuole salvare l'Europa e l'euro, allora che i leader accettino che "il continente necessita di politiche monetarie ulteriormente espansive, dunque esprimano la loro volontà con un annuncio su una Bce disposta ad accettare in qualche modo un tasso di inflazione più elevato; l'Europa ha bisogno anche di politiche fiscali più espansive". Certo sarà dura, ma ci sarà qualche speranza di ripresa.
Invece, "piuttosto che ammettere di aver sbagliato, i leader europei sembrano determinati a portare la loro economia - e la loro società- sull'orlo del baratro. E il mondo intero pagherà il prezzo".
Fonte: Wall Street Italia 16 Aprile 2012
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono moderati e quindi non saranno visibili immediatamente